Settimana Santa
2007
Le Celebrazioni
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Ripensando la
Pasqua 2007
Alcuni giorni
fa, eravamo nel pieno del triduo pasquale, don Gianni ha chiesto a me come ad
altri di scrivere qualcosa per commentare le foto pasquali in parrocchia. Il
pensiero taciuto a quella domanda: “ma cosa vorrà mai il nostro parroco, una
telecronaca? È diventato matto?”. La medesima richiesta è stata rinnovata
durante il pellegrinaggio ad Assisi. Il pensiero taciuto: “ancora! Ma di quale
città parlare? Amo il silenzio, ma che vuole costui?” . La risposta alle mie
domande non ha tardato, si è presentato alla mente un piccolo quadro la cui
vista non sfugge a nessuno che voglia affacciarsi nella nostra parrocchia: un
sonoro e composto agitarsi di persone intente nell’attendere alle abituali
attività parrocchiali e tra loro il nostro Don Gianni alle prese con la sua
fotocamera, nel tentativo di catturare istantanee di vita oppure assorto davanti
al pc a scrivere o organizzare pagine web. Si potrebbe essere tentati di pensare
che alla base ci sia il tentativo di emulare la frenetica attività epistolare di
S. Paolo, ma non è così. Dietro quelle foto è la ricerca di volti e corpi che
attraverso espressioni e gesti figurino Gesù, occhi menti e voci che raccontino
dell’esperienza di Cristo in una piccola porzione di Chiesa. In questo piccolo
mondo anche gli anziani e i malati costretti fra le mura domestiche trovano la
voce di Gesù attraverso i loro fratelli che animano la vita liturgica della
parrocchia. Infatti, un piccolo ricevitore radio li tiene legati alle
celebrazioni quotidiane, alle voci dei loro vicini e degli amici.
Questa,
dunque, la risposta cercata. Un quadro sonoro di vite, istantanee di un moto mai
uguale a sé stesso, un vero pellegrinaggio senza posa. Ma chi è il
pellegrino? I latini non avevano dubbi: colui che va attraverso i campi, fuori
dalle mura cittadine PER AGER.
La Pasqua di
questo anno è stata vissuta attraverso lo spirito più intenso del peregrinare.
Il sentiero pasquale che la nostra piccola Chiesa ha iniziato a percorrere si è
aperto con una breve, ma luminosa pista di grano verso l’altare della
reposizione. La cena domini ha segnato la partenza del viaggio, il
simbolo si è fatto subito vita, ciascuno è stato invitato a farsi peregrino,
ossia uomo che esce dalla sua città e va attraverso i campi, affinché,
attingendo vita dall’acqua di un piccolo fontanile, guidato dalla pista del
grano, si diriga verso le grandi anfore delle Nozze di Cana dove donare la sua
poca acqua al Signore con la preghiera che questa si faccia vino, gioia e amore
coniugale.
Il nostro
pellegrinaggio pasquale è così iniziato tra le atmosfere di Cana di Galilea. È
proseguito lungo le vie della nostra cittadina, prima alla sequela dei Misteri
della Passione, poi, con la Resurrezione, nella visita e nell’accoglienza
domestica dei propri familiari.
Ad occhi
distratti tutto questo potrebbe passare per abitudine scontata, ma sappiamo che
non è così e che la vita vera è possibile solo nella condivisione autentica. Con
questo spirito insieme e guidati dal nostro parroco in quel di Assisi abbiamo
continuato il viaggio della Pasqua.
ASSISI: posso
e desidero parlarne solo in prima persona con gli occhi di chi per la prima
volta è arrivato nel luogo di cui Dante racconta: “Di questa costa, là dov’
ella frange \ più sua rattezza, nacque al mondo un sole, \ come fa questo
talvolta di Gange. Però chi d’esso loco fa parole \ non dica Ascesi, ché direbbe
corto \ ma Orïente, se proprio dir vuole. “ (Dante, Par., XI)
Spesso mi
sono chiesta il perché lasciare la famiglia nei giorni di Pasqua per andare ad
Assisi, per chi, poi? Scetticismo e rifiuto governavano i pensieri, tuttavia
rimaneva la scelta di partire.
All’arrivo ad
Assisi, lasciando l’autostrada gli occhi possono fotografare solo la desolazione
di una zona industriale di recente impianto, che nulla ha a che fare con le
atmosfere mistiche del medioevo.
La nostra
guida annuncia che presto vedremo una grande Madonna di oro che come un faro
orienta il pellegrino. Nuovamente alla mia mente si affacciano domande “non
mediate”: “ma Francesco era assai povero e, dunque, come è stata incarnata la
povertà di un uomo tanto celebrato?”
La risposta è
arrivata immediata, anche questa volta. La voce entusiasta di un bambino che per
primo ha individuato il luccichio della statua: “Francesco è lì!”. Protetto quel
luogo dallo sguardo della Vergine di oro, la Porziuncola, costruita di piccole
pietre, si rivela come un cuore pulsante forte di energia attraverso cui passano
arterie e vene, i pellegrini, in un lavoro continuo di rigenerazione
della Fede. La piccola Chiesa è un luogo di breve sosta di fronte all’affresco
dell’Annunciazione e di continuo passaggio tra il mondo fuori e il rinnovarsi
del sacrificio eucaristico. Il passaggio e la sosta nel silenzio diventano
preghiera del pensiero e del corpo.
Dalla
Porziuncola si intraprende un piccolo viaggio in “Ascesi” verso San Damiano. Ci
accompagna il sole, ma prossimi al monastero veniamo accolti da una statua
bronzea di Francesco sferzato dal vento e dal gelo dell’inverno. È pace,
silenzio tra gli ulivi che ricordano la Terra Santa, una piccola armonia
che figura l’eterno e pare quasi di scorgere le ombre di Chiara e delle sue
sorelle che accolgono Francesco in quell’orto distante eppure assai vicino ai
battiti del cuore. Il distante-vicino evocato dai luoghi sembra trovare
corrispondenza reale, vitale sostanza, nella fraterna collaborazione che vede
oggi frati e suore uniti nell’accoglienza dei numerosi pellegrini. Occhi di luce
che comunicano la vita e l’amore di piccoli uomini e donne donati al Signore.
Più in alto
la città offre ricchezze storiche e artistiche, eco del piccolo Santo e della
sua Pianticella. Mancano le parole per trasmettere i forti battiti del cuore,
solo una immagine dai contorni poco definiti: S. Chiara, piazzale antistante,
cinque ragazzi appoggiati alla fontana con flauti e liuto allietano i cuori con
suoni antichi: “Francesco, il giullare, e’ tra noi!
Nel silenzio
dell’anima anch’io domando al Gesù di S. Damiano: “Signore, cosa vuoi che io
faccia?”.
Desidero
concludere queste spigolature pasquali ricordando una frase pronunciata da Don
Gianni durante l’omelia del lunedì della II settimana di Pasqua: “La nostra
Pasqua non termina con l’Ottava di Pasqua, al contrario, l’incontro con il
Risorto inizia a partire proprio da codesti giorni”. |