Approfondimento Liturgico
Di me sarete
testimoni
(At 1,8)
Presentazione del tema della quaresima
Sempre
più spesso, negli ultimi anni, la chiesa italiana ha posto al centro della sua
riflessione il mandato del Risorto ad essere suoi testimoni. Il quarto Convegno
ecclesiale, celebrato a Verona nell’autunno 2006, ci ha confermati in questa
direzione, ricordando che la testimonianza è la via privilegiata della missione
oggi. Una testimonianza che intende essere “umile e appassionata, radicata in
una spiritualità profonda e culturalmente attrezzata, specchio
dell’unità
inscindibile tra una fede amica dell’intelligenza e un amore che si fa servizio
generoso e gratuito”. All’inizio del libro degli atti degli apostoli, Gesù
risorto appare ai discepoli e li invia, con la forza dello Spirito che essi
riceveranno, come suoi testimoni sino ai confini del mondo. E il compimento di
tutto il mistero pasquale e l’inizio del tempo della chiesa, chiamata ad essere
segno della presenza del Signore. Alla luce di questo sbocco, l’itinerario
quaresimale appare come un momento di purificazione e rinnovamento della fede
attraverso la sequela di quel Cristo che percorre il suo itinerario sino alla
morte di croce. Come gli apostoli attestano la morte e risurrezione di Gesù,
svelandone il significato salvifico per ogni uomo, allo stesso modo i cristiani
sono costituiti testimoni qualificati del Signore risorto. A questo scopo
durante la
quaresima saremo guidati dalla seconda lettera di San Paolo apostolo a
Timoteo. In essa emerge limpida la forza di un uomo che ha fatto dell’annuncio e
della trasmissione della fede un punto fondamentale della propria identità di
apostolo. Questa missione non è esente da incomprensioni e autentiche
sofferenze. Timoteo – e Timoteo sono io, cristiano – è invitato a continuare
questa opera di trasmissione della fede, seguendo anzitutto la via del Maestro e
di conseguenza la via dell’apostolo. Un cammino intriso di passione, certo, ma
anche dell’energia rinnovatrice della risurrezione!
Lo slogan:
Di
me sarete testimoni
Sarete:
Non è
un singolare, è un plurale! La missione, l’annuncio, la comunicazione
della fede è opera di singoli ma anche, eminentemente, operazione ecclesiale.
Riflettiamo con i gruppi e con la nostra gente su questa dimensione. Anche il
solo fatto di vederci uscire di casa e andare in chiesa alla domenica diventa
una testimonianza del Risorto. Le nostre eucarestie sono testimonianza
efficacissima per i saltuari e gli incerti che ogni tanto vi capitano, sono modo
efficace di trasmettere la fede. A condizione di celebrarle intensamente. La
nostra domenica, vissuta “come Dio comanda”, nel senso pieno del termine, come
luogo dell’incontro della comunità, della fraternità condivisa, dei semplici
gesti della carità e dell’attenzione ai “piccoli”, parla da sola, è eloquente,
comunica. È un “sarete” che riguarda la famiglia che, come tale, diventa
testimone tra altre famiglie. Infine è un invito a ciascuno, affinché non si
vergogni della testimonianza da rendere al Signore, lì dove la sua vocazione lo
chiama. E perché un futuro - “sarete” - e non un più semplice presente,
“siete testimoni”? La prima risposta, evidente, si riconnette al momento in cui
Gesù fa l’affermazione: a conclusione della sua permanenza tra i suoi, prospetta
loro la frontiera della missione. Oltre a ciò quel futuro sta a ricordarci che
l’impresa non è mai conclusa. Non si è mai finito di essere testimoni, non è mai
terminato il compito di trasmettere la fede, fossimo già in pensione o avessimo
anche novanta anni. Perché cristiano = testimone. E non lo si è mai abbastanza.
C’è sempre possibilità di futuro, di migliorare la nostra trasparenza.
Testimoni:
Qualche volta cadiamo nel tranello di pensare che trasmettere e comunicare
la fede consista nel sedersi attorno a un tavolo e parlare di Gesù. Sarà anche
questo. Paolo VI ebbe a dire che, oggi, il mondo dà retta ai testimoni non ai
maestri. E se ascolta i maestri è perché sono anche testimoni. Il percorso
triennale del progetto pastorale nazionale ci ricorda di “annunciare oggi
quel Gesù”, dare cioè alla vita quotidiana nostra e della Chiesa una chiara
connotazione missionaria, fondata su una più adeguata comunicazione del mistero
di Dio, fonte di gioia e di speranza per l’umanità intera. La testimonianza,
personale e comunitaria, diventa forma dell’esistenza cristiana capace di far
adeguatamente risaltare e rendere visibile Gesù, il grande “sì” di Dio
all’uomo. Attraverso la testimonianza, trasmettere la fede nel Cristo
Crocifisso. «È il "sì" estremo di Dio all'uomo, l'espressione suprema del
suo amore e la scaturigine della vita piena e perfetta: contiene dunque
l'invito più convincente a seguire Cristo sulla via del dono di sé».
Attraverso la testimonianza, trasmettere la fede nel Cristo Risorto. È il
«"sì" che in Gesù Cristo Dio ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano,
alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio
dal volto umano porti la gioia nel mondo. Il cristianesimo è infatti aperto a
tutto ciò che di giusto, vero e puro vi è nelle culture e nelle civiltà, a ciò
che allieta, consola e fortifica la nostra esistenza».
Di me:
«Quel
"di" va capito bene! Vuol dire che il testimone è "di" Gesù risorto, cioè
appartiene a Lui, e proprio in quanto tale può rendergli valida testimonianza,
può parlare di Lui, farLo conoscere, condurre a Lui, trasmettere la sua
presenza». Quale interpretazione più autorevole e incisiva di questa?! Essere
testimoni del Signore significa, anzitutto, appartenergli in tutto e per tutto.
Solo a questa condizione potremo testimoniarlo e trasmettere la fede in Lui.
Egli non è primariamente l’oggetto della testimonianza, è il soggetto
dell’appartenenza!Abbiamo davanti una quaresima per tuffarci in questo bagno di
appartenenza/condivisione del suo destino e diventare così un tutt’uno con Lui.
Abbiamo davanti cinquanta giorni di pasqua per apprendere la grammatica di base
per una testimonianza che duri tutto l’anno.
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