SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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TRIDUO PASQUALE
“Giovedì Santo - Cena del Signore”
Con il Triduo Pasquale si conclude l’itinerario quaresimale, iniziato con il Mercoledì delle Ceneri, il Giovedì Santo infatti, ci introduce nel clima drammatico della passione e della morte di Cristo. Il Triduo Santo viene ad essere il culmine della liturgia cristiana dopo l’invito a conversione del tempo di Quaresima. La comunità cristiana è chiamata a prepararsi a questo evento centrale del Cristianesimo, affinché il Cristo morto e risorto possa, nella Pasqua, trainarci dietro a lui e donarci il suo Spirito, capace di farci camminare sugli avvenimenti di morte, sui nostri peccati e di metterci in comunione. Il senso profondo della liturgia del Giovedì Santo è quello della riconciliazione fraterna, dell’amore donato totalmente, pertanto essa ha un carattere marcatamente penitenziale che si esprimerà attraverso il segno della “Lavanda dei piedi”, ricordando che, nella tradizione della Chiesa, il Giovedì santo era il giorno in cui il Vescovo accoglieva in nome della Chiesa i penitenti o peccatori pubblici che erano stati allontanati dalla comunità il Mercoledì delle Ceneri.
Entrando nel Triduo pasquale, la Comunità cristiana rivive nella Messa “in Cena Domini” quanto avvenne durante l’Ultima Cena. Il vangelo di Giovanni, si sofferma sulla lavanda dei piedi descrivendocela come la rappresentazione simbolica dell’amore di Gesù che ama “fino alla fine”, un gesto simbolico dell’amore totale che si spinge fino alla morte.
13,1: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”.
Giovanni racconta che Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine, e mentre il diavolo già aveva messo nel cuore di Giuda Iscariota, il seme del tradimento, Gesù si alzò da tavola, depose le vesti e preso un asciugatoio se lo cinse attorno alla vita, versò dell’acqua nel catino e con un gesto inaudito, perché riservato agli schiavi ed ai servi, si mise a lavare i piedi degli Apostoli, asciugandoli poi con l’asciugatoio di cui era cinto. L’atto di lavare i piedi, era un atto di estrema umiliazione che Gesù compie liberamente nei confronti dei suoi discepoli.
15, 6-8: “Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: Signore, tu lavi i piedi a me?Rispose Gesù: Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo. Gli disse Simon Pietro: Non mi laverai mai i piedi!”.
La reazione di Pietro dimostra che egli non ha ancora capito nulla di quando sta succedendo, ma vuole anche sottolineare l’assurdità di quell’atto che Gesù sta compiendo: il capovolgimento dei ruoli del padrone e dello schiavo, per lui Gesù non deve umiliarsi fino a quel punto. Questo mistero sarà veramente comprensibile ai discepoli soltanto più tardi, dopo la risurrezione e il dono dello Spirito Santo.
E Gesù: “ Se non ti laverò, non avrai parte con me”.
Il gesto è un simbolo di tutto il ministero di Gesù che Pietro deve accettare come espressione della volontà di Dio, così come Cristo stesso ha fatto. Se Gesù insiste nel volergli lavare i piedi è perché quella è la condizione per essere perennemente unito a lui. La replica di Pietro:
“Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!”.
La risposta di Pietro è lodevole, perché vuole che la comunione col Maestro sia completa. La lavanda dei piedi è una lezione di Gesù molto chiara: seguirlo sulla via della generosità assoluta nel donarsi, simbolicamente espressa nella lavanda dei piedi:
“Vi ho dato, infatti, l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”.
Questo è il segno dell’umiltà e della verità, dato che tra noi ogni alterigia e privilegio rompono l’amore e la comunione e solamente il riconoscimento della nostra condizione di servi inutili può aprire la via in mezzo a noi allo Spirito dell’Amore, unica ragione d’essere della comunità cristiana.
“Venerdì Santo – Passione del Signore”
Il Venerdì Santo, si commemorano gli eventi che vanno dalla condanna a morte alla crocifissione di Cristo, è una giornata di penitenza, di digiuno e di preghiera, di partecipazione alla Passione del Signore. L’ultimo respiro di Gesù è il primo respiro della Chiesa che comincia ad esistere da quel momento, simboleggiata nell’acqua e nel sangue che sgorgano dal costato di Cristo. In questo giorno, la liturgia ci presenta l’evento della Croce che Dio ha resa gloriosa con la Resurrezione di Gesù, non come strumento di morte, ma come evento di nascita ad una nuova vita perché il Signore ha manifestato lì la sua potenza. L’adorazione della Croce (baciandola davanti ad essa) è l’invito ad adorare la nostra croce, a vedere come Dio ci sta usando misericordia facendosi incontrare sulla strada della croce, è l’invito ad entrare ognuno nella propria storia, proprio li dove il demonio ci dice di alienarci, di uscire dalla storia. È l’invito, infine, a seguire Gesù con tutto il peso della nostra realtà, perché Dio non ci sta giudicando nella debolezza, nei peccati, ma sta provvedendo mandando alla nostra vita suo Figlio a caricarsi dei nostri peccati e ad entrare nella morte al nostro posto perché possiamo avere la vita eterna in dono.
In tutta la vicenda umana e storica di Gesù, la “Passione” culminata nel Venerdì Santo, designa da sempre l’insieme degli avvenimenti dolorosi che lo colpirono fino alla morte in croce: supremo simbolo della sofferenza e della morte di Gesù, vero Dio e vero uomo, che con il Suo sacrificio ci ha riscattato dalla morte del peccato, indicandoci la vera Vita che passa attraverso la sofferenza, male necessario perché iscritto nella storia di ogni singolo uomo, come lo è la morte del corpo, come conseguenza del peccato, ma essa può essere trasformata in una luce di speranza. La Croce è il simbolo del cristianesimo, presente nella nostra vita dalla nascita alla morte. Commentando il Venerdì Santo, san Giovanni Crisostomo osserva:
“Prima la croce significava disprezzo, ma oggi essa è cosa venerabile, prima era simbolo di condanna, oggi è speranza di salvezza. E’ diventata davvero sorgente d’infiniti beni; ci ha liberati dall’errore, ha diradato le nostre tenebre, ci ha riconciliati con Dio, da nemici di Dio ci ha fatti suoi familiari, da stranieri ci ha fatto suoi vicini: questa croce è la distruzione dell’inimicizia, la sorgente della pace, lo scrigno del nostro tesoro”.
“Sabato Santo – Veglia Pasquale ”
La Veglia pasquale è la solenne celebrazione della Risurrezione del Signore, essa è chiamata da S.Agostino “la madre di tutte le veglie”. Questa notte, nella quale il Signore passa dalla morte alla vita, segna il punto culminante della storia dell'umanità e fin dai primi secoli i cristiani l'hanno celebrata con la massima solennità. Il Sabato Santo è giorno di silenzio, digiuno e preghiera per la morte del Signore, ma è anche un giorno pieno di desiderio e d’attesa per l’esplosione di gioia della Risurrezione che verrà celebrata nella notte. Dopo il giorno del silenzio, nel corso della grande Veglia prorompe la gioia, il Signore è risorto e ha vinto le tenebre del peccato e della morte. In questa santa Notte, la Chiesa si illumina dello splendore di Cristo! È la Notte che non conosce tenebra, è il giorno del Signore, la domenica che dà origine a tutte le altre domeniche della Chiesa.
La celebrazione della Veglia si svolge in quattro momenti e con un ritmo progressivo e ascensionale che sfocia nella Liturgia Eucaristica:
• La Liturgia della Luce, in cui al fuoco nuovo accenderemo il cero simbolo di Cristo risorto. Alla sua luce accenderemo i nostri ceri a ricordo del battesimo in cui noi pure siamo risorti con Cristo.
• La Liturgia della Parola, in cui ascolteremo sette letture più due che, come un meraviglioso narrare, ci raccontano della creazione, dell’uscita dall’Egitto e della liberazione, dell’alleanza che Dio ha fatto con l’uomo e di come Egli ci ha cercati e mandato il Figlio suo che è morto e vivo, risorto.
• La Liturgia Battesimale, dove sarà benedetta l’acqua del Battesimo (e saranno battezzati i bambini); ne saremo aspersi rinnovando le nostre promesse.
• Culmine della Veglia è l’Offerta dell’Eucaristia, il Pane e il Vino offerti e restituiti nella comunione: Cristo Gesù ci assimila a sé e noi siamo deificati, luce nel Signore, vivi tornati dai morti, come ci dice l’apostolo Paolo.
Quattro segni dunque molto efficaci, molto significativi che dobbiamo saper cogliere in questa notte per poter vivere il “Mistero Pasquale”.
La vita dell’uomo si svolge nel tempo: la sua percezione della realtà è misurata dal tempo anche se l’uomo non è in grado di comprenderne il significato, poiché per lui il tempo rimane indefinibile e incomprensibile. Dio, che è al di fuori e al di sopra del tempo, per incontrarsi con noi, ha agito nel tempo e attraverso di esso. Da questa azione di Dio nel tempo, il tempo stesso è rimasto santificato, diventando mezzo del nostro progressivo cammino. Ogni parte della nostra vita è quindi una tappa, un momento di questo cammino verso l’unione definitiva con Dio. Poiché la nostra vita si compie nel tempo, lo stesso si verifica anche per la nostra vita nuova, dono di Dio. L’inizio di questa vita nuova e il suo progressivo sviluppo sono definiti “Mistero Pasquale”. Il Mistero Pasquale consiste infatti nel passaggio da questo mondo ad un mondo nuovo, nella gloria della Risurrezione. Questo passaggio si è già compiuto in Cristo, continua a realizzarsi, ma raggiungerà la sua completezza alla fine dei tempi, quando Cristo tornerà nella sua gloria per giudicare i vivi e i morti. Ecco perché ciò che noi cristiani celebriamo nell’azione liturgica e in particolare nella Veglia del Signore, non è un semplice ricordo di un avvenimento passato, ma l’attualizzazione di un atto salvifico che si perpetua. Nella celebrazione liturgia non si ha quindi solamente un ricordo, ma anche una presenza, come pure un’anticipazione del ritorno di Cristo. Noi, partecipando alla Pasqua del Signore, contribuiamo alla sua venuta.
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