SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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DOMENICA DELLE PALME “La Passione secondo Marco” (14,1-15,47)
Il Vangelo secondo Marco è definito il “Vangelo del Figlio di Dio”, egli vuole dimostrare che Gesù è il Messia. Il vertice del suo vangelo è la passione, presentata appunto come l'evento culminante nella vita di Gesù che viene finalmente riconosciuto come il Messia. la passione secondo Marco, è quella più vicina ai fatti realmente accaduti, infatti, confrontandola con quella di Matteo e Luca, appare chiaramente dalla sua descrizione che è la più primitiva. Marco mette in evidenza l’atteggiamento della folla nei confronti di Gesù: all’inizio Egli è ricevuto con entusiasmo, successivamente però il suo messianismo umile delude le loro attese e il loro entusiasmo si spegne, infatti, quando Gesù torna a Gerusalemme dopo i suoi viaggi, si avverte una certa opposizione che porterà in seguito al dramma della passione. Inizia così il paradosso di Gesù, incompreso e respinto dagli uomini, ma inviato ed esaltato da Dio.
La congiura contro Gesù 14:1 Mancavano due giorni alla Pasqua e alla festa degli Azzimi; i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di prendere Gesù con inganno e ucciderlo; 2 infatti dicevano: “Non durante la festa, perché non vi sia qualche tumulto di popolo”.
1. La festa di Pasqua iniziava il giorno 14 del mese di Nissan ed era la festa più importante per Israele, la cui osservanza era obbligatoria per ogni giudeo maschio che avesse superato il dodicesimo anno di età. 2. A Gerusalemme si radunavano immense folle di pellegrini per celebrare la festa, qui implicitamente viene affermata la popolarità di Gesù presso questi pellegrini.
Maria di Betania unge il capo a Gesù 3 Gesù era a Betania, in casa di Simone il lebbroso; mentre egli era a tavola entrò una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d’olio profumato, di nardo puro, di gran valore[1]; rotto l’alabastro, gli versò l’olio sul capo. 4 Alcuni, indignatisi, dicevano tra di loro: “Perché si è fatto questo spreco d'olio? 5 Si poteva vendere quest’olio per più di trecento denari, e darli ai poveri”. Ed erano irritati contro di lei. 6 Ma Gesù disse: “Lasciatela stare! Perché le date noia? Ha fatto un’azione buona verso di me. 7 Poiché i poveri li avete sempre con voi; quando volete, potete far loro del bene; ma me non mi avete per sempre. 8 Lei ha fatto ciò che poteva; ha anticipato l’unzione del mio corpo per la sepoltura. 9 In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il vangelo, anche quello che costei ha fatto sarà raccontato, in memoria di lei”.
3-9. Gesù si trovava a Betania e notiamo che la donna accoglie Gesù con una generosità smisurata, come l’amata del cantico, è lei che prende l’iniziativa, entra in casa senza chiedere permesso a nessuno: Gesù è l’oggetto della sua ricerca, non viene compresa perché alcuni si sdegnano per lo spreco di tutto quell’olio. Ma lei è convinta della sua azione e se ne assume le conseguenze in quanto quell’olio poteva essere venduto e ricavarne parecchi soldi. La donna compie un atto esagerato, la sua è una risposta totale, il profumo versato sul capo di Gesù, esprime il donare con abbondanza, come farà Gesù sulla croce donandosi totalmente. Un amore che dona, non bada a spese, vince ogni meschinità. La donna versò l’olio sul capo di Gesù contrariamente a quanto previsto dalle onoranze dovute all’ospite che imponevano l’unzione dei piedi di Gesù, ma ungere il capo diventa così il massimo dell’onore e del riconoscimento che era dovuto solo al re. Con questa unzione Gesù è veramente divenuto il “Cristo” (dal greco = “Unto” – dall’ebraico = “Messia”).
Giuda decide di tradire Gesù 10 Giuda Iscariota, uno dei dodici, andò dai capi dei sacerdoti con lo scopo di consegnar loro Gesù. 11 Essi, dopo averlo ascoltato, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Perciò egli cercava il modo opportuno per consegnarlo.
L'ultima Pasqua 12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si sacrificava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: “Dove vuoi che andiamo a prepararti la cena pasquale?” 13 Egli mandò due dei suoi discepoli e disse loro: “Andate in città, e vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua; seguitelo; 14 dove entrerà, dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la stanza in cui mangerò la Pasqua con i miei discepoli? 15 Egli vi mostrerà di sopra una grande sala ammobiliata e pronta; lì apparecchiate per noi”. 16 I discepoli andarono, giunsero nella città e trovarono come egli aveva detto loro; e prepararono per la Pasqua. 17 Quando fu sera, giunse Gesù con i dodici. 18 Mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: “In verità io vi dico che uno di voi, che mangia con me, mi tradirà”. 19 Essi cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: “Sono forse io?” 20 Egli disse loro: “È uno dei dodici, che intinge con me nel piatto. 21 Certo il Figlio dell'uomo se ne va, com’è scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Meglio sarebbe per quell'uomo se non fosse mai nato!”[2]
12-20. C'è una Parola che attraversa tutta la scrittura: la Pasqua. Lo scopo dell'episodio è quello di non riferire che Gesù ha adempiuto il rito pasquale giudaico, ma mostrare che egli stava per celebrare la sua Pasqua. Per capire quello che fa Gesù Cristo in quella cena, dobbiamo sederci alla tavola dell’ultima cena insieme a lui. gesù non celebra la stessa Pasqua che Mòsé celebrò il giorno dell'uscita dell'Egitto, ma è la celebrazione della prima Eucaristia cristiana.
La santa cena 22 Mentre mangiavano, Gesù prese del pane; detta la benedizione, lo spezzò, lo diede loro e disse: “Prendete, questo è il mio corpo”. 23 Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. 24 Poi Gesù disse: “Questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per molti. 25 In verità vi dico che non berrò più del frutto della vigna fino al giorno che lo berrò nuovo nel regno di Dio”.
22. Anzitutto, per capire dobbiamo chiarire la parola “Memoriale” che noi proclamiamo nella nostra Eucaristia: fate questo in “memoria” di me. Memoriale è la Pasqua, cioè memoriale dell'Esodo. Questa parola, riassume quello che per noi è “Sacramento”, un sacramento racchiude una realtà che si realizza e si attualizza. La parola memoriale nelle nostre traduzioni suona come memoria, come ricordo del passato, ma non è così. Memoriale è un sacramento, una attualizzazione, un avvenimento che si realizza. La Pasqua è un sacramento, un fatto, un avvenimento che si realizza in ciascuno dei commensali presenti. Gesù nelle vesti di capofamiglia disse una preghiera di ringraziamento sopra i “pani non lievitati”, poi spiegò il significato del “pane del dolore” che stava per distribuire. Questo pane, non sarà più il pane dell’uscita dall’Egitto, ma il “Memoriale” del Signore, il suo corpo che si consegna alla morte per noi. Ossia, comunicare con questo pane non sarà più comunicare con la schiavitù d’Egitto, comunicare con questo pane sarà comunicare col il corpo di Gesù Cristo che si consegna alla morte, è la sua carne. Questa liturgia, questa Pasqua, sarà il memoriale dell'uscita dalla morte verso la resurrezione, il farsi presente della vittoria sulla morte. Questa liturgia è il sacramento del passaggio di Gesù Cristo dalla morte alla resurrezione. 23-24. Gesù interpreta il calice del vino come “sangue dell'Alleanza”: “Questo non sarà più per voi memoriale e sacramento dell'antica alleanza del Sinai: questo è memoriale della nuova alleanza nel mio sangue, che sarà sparso per voi”. Ora questo è memoriale e sacramento dell'alleanza di Gesù Cristo nel suo sangue, dell'opera che il Padre ha fatto in Gesù Cristo risuscitandolo dai morti. Ora possiamo capire meglio quello che Gesù Cristo ha fatto nell'ultima cena, in questa Pasqua in cui si celebra il passaggio dalla schiavitù alla libertà c'è un cambiamento di contenuto: questa Pasqua è memoriale del passaggio di Gesù Cristo dalla morte alla sua resurrezione.
Gesù avverte Pietro del suo rinnegamento 26 Dopo che ebbero cantato gli inni, uscirono per andare al monte degli Ulivi. 27 Gesù disse loro: “Voi tutti sarete scandalizzati perché è scritto: Io percoterò il pastore e le pecore saranno disperse. 28 Ma dopo che sarò risuscitato, vi precederò in Galilea”. 29 Allora Pietro gli disse: “Quand'anche tutti fossero scandalizzati, io però non lo sarò!” 30 Gesù gli disse: “In verità ti dico che tu, oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo abbia cantato due volte, mi rinnegherai tre volte”. 31 Ma egli diceva più fermamente ancora: “Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò”. Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.
27. Gesù predice la crisi che colpirà i Dodici, egli asserisce implicitamente la loro defezione e la loro mancanza di fede in lui.
Agonia di Gesù nel giardino del Getsemani Nell'agonia del Getsemani, Marco mette in risalto la “debolezza” di Gesù, la sua paura di fronte alla morte. L'angoscia del Cristo non è solo la reazione della “carne debole” di fronte alla morte: è il disorientamento di chi si sente abbandonato da Dio (nel quale tuttavia continua a confidare), di chi urta contro un piano di salvezza che sembra smentire la forza dell'amore. E' in questa situazione che nasce la preghiera che esprime fiducia, abbandono, figliolanza. “Abba” (Babbo): è il riconoscimento dell'amore del Padre e della sua potenza.
32 Poi giunsero in un podere detto Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: “Sedete qui finché io abbia pregato”. 33 Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e cominciò a essere spaventato e angosciato. 34 E disse loro: “L'anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate”. 35 Andato un po' più avanti, si gettò a terra; e pregava che, se fosse possibile, quell'ora passasse oltre da lui. 36 Diceva: “Abbà, Padre! Ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! Però, non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi”. 37 Poi venne, li trovò che dormivano e disse a Pietro: “Simone! Dormi? Non sei stato capace di vegliare un'ora sola? 38 Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. 39 Di nuovo andò e pregò, dicendo le medesime parole. 40 E, tornato di nuovo, li trovò che dormivano perché gli occhi loro erano appesantiti; e non sapevano che rispondergli. 41 Venne la terza volta e disse loro: «Dormite pure, ormai, e riposatevi! Basta! L'ora è venuta: ecco, il Figlio dell'uomo è consegnato nelle mani dei peccatori. 42 Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce è vicino».
33-36. È l'ora predestinata per Gesù di ritornare al Padre attraverso la morte, la quale porta con sé quella naturale ripugnanza della natura umana. L'angoscia di Gesù è così grande che arriva al punto di desiderare la morte, ma anche nell’orrore del Getsemani, Gesù riconosce Dio come suo Padre ed esprime la sua massima fiducia in lui e la sua ferma volontà di affrontare il suo destino perchè quella è la volontà del Padre. 37-40. Il senso è quello della “prova” a cui tutti gli uomini saranno sottoposti nella lotta tra Dio e satana, di cui l’agonia e la passione sono il punto culminante. Giuda, l'inviato di satana, verrà tra poco e avrà inizio la battaglia; essa impegnerà anche i discepoli che sono ora stimolati a ritemprarsi per affrontarla.
Arresto di Gesù [3] 43 In quell’istante, mentre Gesù parlava ancora, arrivò Giuda, uno dei dodici, e insieme a lui una folla con spade e bastoni, inviata da parte dei capi dei sacerdoti, degli scribi e degli anziani. 44 Colui che lo tradiva aveva dato loro un segnale, dicendo: “Quello che bacerò, è lui; pigliatelo e portatelo via sicuramente”. 45 Appena giunse, subito si accostò a lui e disse: “Maestro!” e lo baciò. 46 Allora quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. 47 Ma uno di quelli che erano lì presenti, tratta la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio. 48 Gesù, rivolto a loro, disse: “Siete usciti con spade e bastoni come per prendere un brigante. 49 Ogni giorno ero in mezzo a voi insegnando nel tempio e voi non mi avete preso; ma questo è avvenuto affinché le Scritture fossero adempiute”. 50 Allora tutti, lasciatolo, se ne fuggirono. 51 Un giovane lo seguiva, coperto soltanto con un lenzuolo; e lo afferrarono; 52 ma egli, lasciando andare il lenzuolo, se ne fuggì nudo.
50-52. se ne fuggirono, cioè gli undici. in questi tre versetti, marco racconta che la sera dell'arresto di Gesù, un fanciullo fosse là ad osservare il tutto. Quando i discepoli fuggirono, per non farsi arrestare anch'essi, solo questo bambino ebbe il coraggio, o il candore, di seguire i soldati che trascinavano Gesù. Egli era “coperto soltanto con un lenzuolo; e lo afferrarono; ma egli, lasciando andare il lenzuolo, se ne fuggì nudo”. Gli studiosi e la tradizione hanno ipotizzato che il fanciullo fosse Marco, il quale avrebbe riportato nel suo scritto questo momento, vivo nella sua memoria e colmo di emozioni. Quindi Marco è testimone oculare.
Gesù compare davanti a Caifa e al sinedrio 53 Condussero Gesù davanti al sommo sacerdote; e si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. 54 Pietro, che lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote, stava lì seduto con le guardie e si scaldava al fuoco. 55 I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche testimonianza contro Gesù per farlo morire; ma non ne trovavano. 56 Molti deponevano il falso contro di lui; ma le testimonianze non erano concordi. 57 E alcuni si alzarono e testimoniarono falsamente contro di lui dicendo: 58 Noi l'abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo, e in tre giorni ne ricostruirò un altro, non fatto da mani d'uomo”. 59 Ma neppure così la loro testimonianza era concorde. 60 Allora il sommo sacerdote, alzatosi in piedi nel mezzo, domandò a Gesù: “Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?” 61 Ma egli tacque e non rispose nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò e gli disse: “Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?” 62 Gesù disse: “Io sono; e vedrete il Figlio dell'uomo, seduto alla destra della Potenza, venire sulle nuvole del cielo”. 63 Il sommo sacerdote si stracciò le vesti e disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64 Voi avete udito la bestemmia. Che ve ne pare?» Tutti lo condannarono come reo di morte. 65 Alcuni cominciarono a sputargli addosso; poi gli coprirono la faccia e gli davano dei pugni dicendo: «Indovina, profeta!» E le guardie si misero a schiaffeggiarlo.
53-65. Lo scopo di tale processo privato era quello di cristallizzare la “decisione” del Sinedrio, cioè una sentenza di “condanna” che essi non potevano eseguire, per questo condussero Gesù dal governatore romano. 61. La domanda del sommo sacerdote voleva far intendere che soltanto l’unto re d'Israele poteva essere chiamato figlio di Dio. Ma dal punto di vista cristiano, l'evangelista, scrive i fatti con una nuova visuale emersa dalla fede pasquale, quella domanda ha un significato ben più profondo. La risposta di Gesù allude chiaramente al fatto che presto verrà riconosciuto come il glorioso “Figlio dell'uomo” che giudicherà in una visuale di gloria escatologica, egli appartiene a una sfera trascendente.
Gesù rinnegato tre volte da Pietro 66 Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle serve del sommo sacerdote; 67 e, veduto Pietro che si scaldava, lo guardò bene in viso e disse: «Anche tu eri con Gesù Nazareno». 68 Ma egli negò dicendo: «Non so, né capisco quello che tu dici». Poi andò fuori nell'atrio [e il gallo cantò]. 69 La serva, vedutolo, cominciò di nuovo a dire ai presenti: «Costui è uno di quelli». Ma lui lo negò di nuovo. 70 E ancora, poco dopo, coloro che erano lì dicevano a Pietro: «Certamente tu sei uno di quelli, anche perché sei Galileo». 71 Ma egli prese a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo di cui parlate». 72 E subito, per la seconda volta, il gallo cantò. Allora Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detta: «Prima che il gallo abbia cantato due volte, tu mi rinnegherai tre volte». E si abbandonò al pianto.
Gesù consegnato nelle mani di Pilato 15:1 La mattina presto, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, tenuto consiglio, legarono Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2 Pilato gli domandò: «Sei tu il re dei Giudei?» Gesù gli rispose: «Tu lo dici». 3 I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose; 4 e Pilato di nuovo lo interrogò dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!» 5 Ma Gesù non rispose più nulla; e Pilato se ne meravigliava. 6 Ogni festa di Pasqua Pilato liberava loro un carcerato, quello che la folla domandava. 7 Vi era allora in prigione un tale, chiamato Barabba, insieme ad alcuni ribelli, i quali avevano commesso un omicidio durante una rivolta. 8 La folla, dopo essere salita da Pilato, cominciò a chiedergli che facesse come sempre aveva loro fatto. 9 E Pilato rispose loro: «Volete che io vi liberi il re dei Giudei?» 10 Perché sapeva che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11 Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla a chiedere che piuttosto liberasse loro Barabba. 12 Pilato si rivolse di nuovo a loro, dicendo: «Che farò dunque di colui che voi chiamate il re dei Giudei?» 13 Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!» 14 Pilato disse loro: «Ma che male ha fatto?» Ma essi gridarono più forte che mai: «Crocifiggilo!» 15 Pilato, volendo soddisfare la folla, liberò loro Barabba; e consegnò Gesù, dopo averlo flagellato, perché fosse crocifisso. 16 Allora i soldati lo condussero nel cortile interno, cioè dentro il pretorio, e radunarono tutta la corte. 17 Lo vestirono di porpora e, dopo aver intrecciata una corona di spine, gliela misero sul capo, 18 e cominciarono a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!» 19 E gli percotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, mettendosi in ginocchio, si prostravano davanti a lui. 20 Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora, lo rivestirono delle sue vesti e lo condussero fuori per crocifiggerlo.
1. Il consegnarlo, indica la complicità delle autorità di Gerusalemme con Pilato nella morte di Gesù. 2-4. L'accusa di bestemmia non c’è più, ma l'accusa verte essenzialmente sulla sedizione politica, un fatto che interessa il governatore romano. 15. La complicità propria di Pilato viene in questo modo chiaramente asserita.
La crocifissione di Gesù 21 Costrinsero a portar la croce di lui un certo Simone di Cirene, padre di Alessandro e di Rufo, che passava di là, tornando dai campi. 22 E condussero Gesù al luogo detto Golgota che, tradotto, vuol dire «luogo del teschio». 23 Gli diedero da bere del vino mescolato con mirra[4]; ma non ne prese. 24 Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirandole a sorte per sapere quello che ciascuno dovesse prendere. 25 Era l'ora terza quando lo crocifissero. 26 L'iscrizione indicante il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. 27 Con lui crocifissero due ladroni, uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra. 28 [E si adempì la Scrittura che dice: “Egli è stato contato fra i malfattori”.] 29 Quelli che passavano lì vicino lo insultavano, scotendo il capo e dicendo: “Eh, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30 salva te stesso e scendi giù dalla croce!” 31 Allo stesso modo anche i capi dei sacerdoti con gli scribi, beffandosi, dicevano l'uno all'altro: “Ha salvato altri e non può salvare sé stesso. 32 Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, affinché vediamo e crediamo!” Anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. 33 Venuta l'ora sesta, si fecero tenebre su tutto il paese, fino all'ora nona[5]. 34 All'ora nona, Gesù gridò a gran voce: “Eloì, Eloì lamà sabactàni?” che, tradotto, vuol dire: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” 35 Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: “Chiama Elia!” 36 Uno di loro corse e, dopo aver inzuppato d'aceto una spugna, la pose in cima a una canna e gli diede da bere, dicendo: “Aspettate, vediamo se Elia viene a farlo scendere”. 37 Gesù, emesso un gran grido, rese lo spirito. 38 E la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39 E il centurione che era lì presente di fronte a Gesù, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Veramente, quest'uomo era Figlio di Dio!” 40 Vi erano pure delle donne che guardavano da lontano. Tra di loro vi erano anche Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo il minore e di Iose, e Salome, 41 che lo seguivano e lo servivano da quando egli era in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
31-32. Non soltanto i passanti e i crocifissi con lui ma anche i capi dei sacerdoti scherniscono Gesù. 33. In questo versetto si parla del buio che avvolge tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio. Nel momento in cui Gesù muore, è come se vi fosse una sorta di degradazione causata dai peccati degli uomini che Gesù prende sopra di sé: la luce non c’è più, ritorna nelle tenebre, si ritorna allo stato iniziale, quello prima della creazione della luce da parte di Dio. Da questo buio, Dio trarrà di nuovo la luce, cioè la Risurrezione del suo Figlio che ritorna nella luce. 34. Il grido riflette quello del Sal. 21, in questa citazione del salmo, questo grido non può essere interpretato letteralmente come un espressione di disperazione, anzi Gesù applica a se stesso questo passo dell’A.T. che sintetizza la sofferenza del giusto il quale si rivolge al suo Dio nella sofferenza e nello scoraggiamento causati dalla persecuzione. Usando il Salmo, Gesù non esprime la convinzione che la sua vita sia stata un fallimento e che pertanto Dio lo ha abbandonato; egli si identifica con un precedente biblico: il giusto perseguitato che ha confidato in Jahwè e ha trovato in lui la fonte del suo conforto e del suo definitivo trionfo. 37. Il grande grido indica che la morte avvenne con violenza. Fu un grido di dolore? in Marco e Matteo questo è il senso, mentre Luca omettendo il grido dice: “Padre nelle tue mani raccomando il mio spirito”. Anche Giovanni riporta diversamente da Marco: “Tutto è compiuto”, solenne riflessione teologica che contrasta con la cruda realtà di Marco. 38. Due tendine erano appese nel tempio di Gerusalemme: una davanti al “Santo”, e un'altra davanti al “Santo dei santi” per separarlo dal resto del tempio. La cortina che si squarcia vuole significare la fine della sua inaccessibilità, l'accesso a Dio si attua ora attraverso la morte di Cristo. 39. Questo versetto è il punto culminante del vangelo di Marco: la piena rivelazione dell'identità di Gesù diventa pubblica. In totale contrasto con quella incredulità, un pagano - un centurione dell'odiato esercito romano - fa l’ammissione che era stata lungamente attesa in tutto il vangelo di Marco, il quale, come abbiamo detto, è il Vangelo che ci presenta Gesù come il Figlio di Dio. La conferma di tale titolo avviene proprio ai piedi della Croce: con la sua morte in croce, Gesù diventa il maledetto, il rifiutato, diventa solidale con tutti coloro che soffrono e si sentono soli ed emarginati, è come se nel momento della croce Gesù fosse diventato il peccato personificato, staccato, separato dal Padre per amore nostro: il suo grido Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato, esprime tutto questo dolore e soprattutto il dolore del rifiutato, dell’abbandonato (dal Padre appunto), ma è proprio questo dolore a rivelare che Gesù è il Figlio di Dio, Marco lo fa attraverso le parole del centurione, un pagano, il quale vede la morte di Gesù come un atto di profondo amore per noi, atto in cui vi è tutta la grandezza di Dio e di Gesù che è appunto il Figlio di Dio come egli afferma. Il centurione rappresenta ognuno di noi che può riconoscere nell’umiliato Colui che è stato esaltato ed è Figlio di Dio.
Il seppellimento di Gesù 42 Essendo già sera (poiché era la Preparazione, cioè la vigilia del sabato), 43 venne Giuseppe d'Arimatea, illustre membro del Consiglio, il quale aspettava anch'egli il regno di Dio; e, fattosi coraggio, si presentò a Pilato e domandò il corpo di Gesù. 44 Pilato si meravigliò che fosse già morto; e dopo aver chiamato il centurione, gli domandò se Gesù era morto da molto tempo; 45 avutane conferma dal centurione, diede il corpo a Giuseppe. 46 Questi comprò un lenzuolo e, tratto Gesù giù dalla croce, lo avvolse nel panno, lo pose in una tomba scavata nella roccia; poi rotolò una pietra contro l'apertura del sepolcro. 47 E Maria Maddalena e Maria, madre di Iose, stavano a guardare il luogo dov'era stato messo.
Il racconto di Marco termina la sua rivelazione di Cristo con la croce: egli è il Messia morto in croce, questa è la strada che lui ha scelto per salvare gli uomini. Il cristiano deve entrare in questa logica se vuole essere il vero discepolo di Cristo, egli è chiamato ad accettare questo itinerario: “Chi vuol venire dietro di me prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”. Come Gesù ha manifestato la potenza della sua divinità al momento della sua morte in Croce (Risurrezione), così il cristiano nel suo vivere quotidiano, deve portare nel proprio corpo il morire di Gesù, affinché sia manifesta la sua risurrezione.
[1]Il nardo è una pianta alta circa 1 metro, di colore rosa, con fiori a forma di campana, il suo nome significa “diffondere fragranza”. Da questa pianta si estrae olio dal profumo intenso e soave. Secondo la tradizione ebraica, il nardo era una delle 11 spezie da cui si preparava la miscela dell’incenso per le liturgie al tempio; dopo la distruzione del tempio 70 d.C., in segno di lutto, fu vietato l’uso di questo profumo. Nel cantico dei cantici, l’olio di nardo versato sul capo, è segno dell’amore donato.
[2]Certo questo tradimento rientra nella storia di Dio (e quindi non deve scandalizzare), ma è anche dovuto alla responsabilità dell'uomo, perché dice: “Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato”.
[3]L’episodio descrive il gesto traditore di un seguace di Gesù la cui complicità nella sua morte non può essere minimizzata.
[4]Il vino mescolato alla mirra aveva un effetto sedativo, era un calmante.
[5]L'ora sesta: mezzogiorno; All'ora nona: le tre pomeridiane.
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