SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo
Nella prima lettura della liturgia odierna, il profeta Daniele descrive una sua impressionante visione notturna. A quattro bestiali figure si contrappone quella rassicurante del Figlio dell’uomo. Ci troviamo di fronte ad uno scontro tra forze ostili alla libertà degli uomini, contro le forze che nella storia perpetrano ingiustizia e violenza. Ciò che però vale e conta veramente è deciso dal volere di Dio, la cui signoria domina su tutto. Dio, rappresentato come un vegliardo, consegna il potere sulla storia umana al Figlio Gesù, che da questo momento diviene il Signore assoluto di tutto l’universo. È questa la figura del Figlio dell’uomo nella lettura odierna che sta a significare la modalità con cui Dio guida le vicende umane facendone storia di salvezza. È cosi possibile anche l’interpretazione cristologica, che nella vicenda pasquale vede realizzarsi la figura del Figlio dell’uomo nella persona di Gesù.
La seconda lettura ci presenta Gesù quale primogenito della creazione nuova, l’inizio e il termine di tutta la storia della salvezza. Egli è “il testimone fedele” dell’intera rivelazione evangelica. La menzione di Cristo testimone della verità, vincitore della morte, che siede alla destra di Dio, è in Giovanni un inno di riconoscenza e di lode a Colui che si è abbassato fino alla morte per liberarci dallo stato di schiavitù in cui ci aveva ridotti il peccato, e unendoci a se ci ha portati in uno stato glorioso: ci ha fatti membri del regno di Dio.
Per la solennità di Cristo Re il vangelo ci propone un momento della narrazione giovannea della passione, che rivela una forte accentuazione sulla regalità di Cristo. I protagonisti del brano sono Gesù e Pilato, quest’ultimo è il giudice, ma di fatto, colui che davvero dice e fa la verità è l’imputato. Giovanni riferisce della comparizione di Gesù dinanzi a Pilato e dalla domanda del governatore: “Sei tu il re dei Giudei?”. È chiaro che i Giudei dovevano avergli detto tante altre cose contro di lui, perché i sacerdoti sapevano benissimo che Pilato non avrebbe mai condannato Gesù senza averlo esaminato, tacquero l'accusa di bestemmia, che per un magistrato romano non avrebbe avuto grande importanza, e portarono contro Gesù tre accuse di carattere politico: 1) sobillatore del popolo; 2) impediva di pagare i tributi a Cesare; 3) affermava di essere re dei Giudei. Pilato, non diede grande importanza ne alla prima ne alla seconda accusa, ma la terza metteva in questione l'autorità imperiale, e Pilato non poteva passarci sopra senza esporsi ad essere egli stesso accusato dinanzi all’imperatore. Fu la minaccia di una simile accusa che determinò la sentenza di crocifissione. La risposta di Gesù fa appello alla coscienza di Pilato: “Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?”, gli domanda se aveva scoperto in lui qualche indizio che attestava la sua volontà di voler rovesciare l’autorità romana per proclamarsi re o se tale accusa gli era stata messa davanti per ottenere la sua morte. Pilato dichiara che si occupa di lui solo perché i suoi connazionali glielo avevano messo nelle mani ed ora gli domandavano di farlo morire. Il fatto che Pilato domanda a Gesù “Che cosa hai fatto?”, potrebbe significare che la molteplicità delle accuse portate contro di lui, non permettevano forse al governatore romano di farsi un’idea ben chiara della questione, infatti, Pilato vuole sapere da Gesù i fatti che lo hanno condotto lì, che hanno dato origine a questo sollevamento contro di lui. Gesù risponde in modo da ridurre al nulla ogni accusa contro di lui, pur mantenendo intatte le sue prerogative reali: “Il mio regno non e di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perche non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non e di quaggiù”. Non nega di avere un dominio nel mondo, ma nega che quel regno abbia qualsiasi cosa in comune coi regni del mondo attuale. La sua origine è dal cielo, non dalla terra; è un regno spirituale che non fa guerra ai regnanti di quaggiù e che perciò non deve incutere timore alcuno a Pilato e all’imperatore. A sostegno della sua missione, Gesù gli ricorda che se il suo regno fosse simile a quelli del mondo, i suoi discepoli avrebbero combattuto per non lasciarlo cadere nelle mani dei Giudei, mentre invece egli si era consegnato volontariamente, ed aveva rimproverato Pietro per aver tratto la spada a sua difesa. Dunque Gesù si proclama Re, e a questa parola va aggiunta quella pronunziata dinanzi al Sinedrio, quando dichiarò di essere “il Cristo, il Figlio di Dio”. Come Gesù si era proclamato Figlio di Dio dinanzi al più alto tribunale teocratico, così proclama ora la sua dignità reale, dinanzi al rappresentante dell’impero romano. Lo scopo di Cristo è quello di convincere Pilato che egli è veramente un Re, il suo regno è la verità che si instaura non mediante la forza, ma attraverso la proposta di una parola di rivelazione. Quelli che l’accolgono diventano sudditi di questo regno, non solo alla fine dei tempi, ma fin d’ora e il suddito è chi si mette in ascolto della parola di rivelazione “chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”. Seguendo l’invito di Giovanni, attraverso il suo racconto, possiamo veramente riconoscere che Gesù è colui che è venuto per rendere testimonianza alla verità, cioè per attestare quale sia l’intenzione di Dio nei confronti degli uomini. Anche se dinanzi a Pilato sembra che non ci sia nessuno ad ascoltare la sua voce, la regalità di Gesù, la sua qualità, la sua missione che sembrano sconfitte, sopraffatte dal fallimento, dalla menzogna che ha reso gli uomini incapaci di ascoltare e riconoscere la verità, paradossalmente, proprio in questa realtà contraddittoria risplende la regalità di Gesù. Egli è il re perché difende, a costo della sua vita, la vita dei suoi, è il re perché la sua morte segna l’esaltazione dell’uomo che si riconosce figlio e riceve umilmente se stesso dal suo Dio. L’intenzione del Padre, la verità, è quella di amare gli uomini fino alla fine, fino all’estremo. Gesù è re perché compie questa intenzione fino in fondo, accetta di morire pur di non tradirla e agendo così manifesta di essere lui la verità stessa del Padre. |
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