SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XXXIII  DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

La Parola che leggiamo in questa domenica, fa parte di un discorso che appartiene al genere apocalittico (prima e terza lettura), un genere che si esprime attraverso un linguaggio fatto di immagini: “Il sole e la luna si oscureranno e le stelle cadranno”. Questi discorsi non raccontano la fine del mondo, ma il senso della storia. Con la risurrezione di Gesù, infatti, il mondo e la storia sono entrati nella loro fase finale, nella pienezza dei tempi. Questo significa che il cristiano è l’uomo del futuro, è il pellegrino di questa terra che costruisce oggi il suo futuro, un esule in marcia verso la vera Patria.

 

La prima lettura si fa portatrice di un messaggio di salvezza, una salvezza che viene dall’alto e non dal basso: In quel tempo, sorgerà Michele … che vigila sui figli del tuo popolo … e in quel tempo d’angoscia…il tuo popolo sarà salvato”. Il profeta Daniele annuncia anche la risurrezione dei corpi, unico caso nell’Antico Testamento: Molti di quelli che dormono nella polvere si risveglieranno”.

Questa lettura vuole dirci che all’affermarsi della giustizia divina, ci saranno due diversi destini: quelli di coloro che sono stati perseguitati e quelli di coloro che hanno perseguitato, “gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna”. Questo messaggio di speranza ci conforta perché sappiamo che il Regno di Dio verrà: egoismo, male, separazioni e divisioni non vi saranno più. La nostra fede vive di questa speranza, ciò per cui lottiamo si avvererà.

 

La seconda lettura mira a dimostrare quanto fosse effimera l’efficacia dei sacrifici rituali. Sono sacrifici offerti senza posa, ogni giorno da ogni sacerdote, sono sempre gli stessi e si devono offrire un numero di volte incalcolabile; eppure, nonostante tutta questa perpetua ripetizione, non raggiunge mai il suo fine, infatti, questi innumerevoli sacrifici legali non possono togliere i peccati espiandoli. Al perpetuo e inefficace affannarsi dei sacerdoti levitici, l’autore contrappone l’opera compiuta una volta per sempre da Cristo, Egli ha offerto un unico sacrificio, quello della propria vita ed ora “è assiso per sempre alla destra di Dio” aspettando che i suoi nemici siano vinti ed a lui sottoposti. Dunque Cristo non ha da rinnovare il suo sacrificio, quell’unico da lui offerto sulla croce ha un’efficacia completa ed eterna in favore di coloro che sono purificati col suo sangue. Il cristiano, forte di questo dono, e cioè il perdono, concesso sulla base del sacrificio che ha inaugurato il Nuovo Patto, non ha più bisogno di un altro sacrificio, poiché ha ottenuto il suo fine: “dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato”.

 

Il brano evangelico ci parla del ritorno del Figlio dell’uomo in potenza e gloria. Ci troviamo in un periodo in cui l’impero è sconvolto da guerre, pestilenze, e carestie. Le comunità cristiane sono colpite dalla persecuzione e non riescono più a cogliere il senso di ciò che sta accadendo. Questa situazione,  accende la fantasia di alcuni fanatici che, richiamandosi all’annuncio della distruzione del tempio di Gerusalemme fatta da Gesù, diffondono previsioni su un’imminente catastrofe, sulla fine di tutto il creato e sul ritorno di Cristo sulle nubi del cielo. L’evangelista sente di dover intervenire per aiutare i cristiani a inquadrare gli eventi nella giusta prospettiva, inserisce nel suo libro un capitolo, il tredicesimo, in cui riferisce le parole illuminanti del Maestro su questo tema apocalittico.

Il brano si apre con le immagini tipiche della letteratura apocalittica: “il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”.

I popoli dell’antico Oriente, credevano che gli astri del firmamento fossero delle divinità e che da loro dipendessero gli eventi del mondo, per questo offrivano loro preghiere e sacrifici. I profeti però avevano severamente condannato l’adorazione degli astri. Ne avevano annunciato lo spegnimento e la caduta. Isaia, in particolare, non intendeva affermare che le forze cosmiche sarebbero state sconvolte, ma che il mondo pagano, rappresentato da questi astri, sarebbe stato annientato e gli uomini non sarebbero più stati asserviti agli idoli. Gesù riprende queste immagini non per spaventare i discepoli, ma per consolarli. La carestia, le violenze e le persecuzioni con cui si devono confrontare sono segni di un mondo ancora dominato dal maligno, tuttavia la fine di questa realtà è già stata decretata. Immediatamente dopo l’eclissi di questi idoli, ecco apparire con le nubi del cielo e con grande potenza e gloria, il Figlio dell’Uomo per instaurare il regno. A questo punto Gesù introduce una nuova immagine apocalittica: “manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo”. Sembrerebbe il preludio alla scena del giudizio universale, ma il senso è completamente diverso. Non è l’annuncio di un giudizio, non c’è accenno ad alcun castigo; il messaggio è la risposta consolante data da Marco alle sue comunità che stanno attraversando un momento drammatico. Sono perseguitate, molti cristiani sono messi a morte e purtroppo fra di loro ci sono anche discordie e divisioni; c’è perfino chi tradisce i fratelli di fede, li denuncia e li accusa di fronte ai tribunali pagani. A questi cristiani, Marco ricorda la promessa fatta da Gesù: il Figlio dell’uomo non permetterà che vengano dispersi; attraverso i suoi angeli li riunirà dai quattro venti (simbolo dei quattro punti cardinali) quindi li riunirà da tutta la terra. Il messaggio è dunque di gioia e di speranza: neppure uno degli eletti verrà dimenticato, nessuno andrà perduto.

Ma quando accadrà questo? La domanda sorge spontanea dopo aver udito il consolante annuncio che il regno del male è giunto alla fine e che il Figlio dell’Uomo radunerà gli eletti nel suo regno. La risposta viene data con l’immagine del fico, l’ultimo fra gli alberi a mettere le foglie. Quando queste cominciano a spuntare, il contadino sente che si sta avvicinando l’estate e gioisce pensando agli abbondanti raccolti. Solo il Padre e nessun altro conosce il giorno e l’ora in cui il regno di Dio avrà il suo pieno compimento. Non sta a noi indagare, il Padre sa e noi ci fideremo di lui.

 

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