SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XXVIII  DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Il tema che ci propone la liturgia di oggi è la sapienza. La prima lettura ci parla di Salomone, il sapiente per eccellenza, che nel suo elogio alla sapienza, non chiede a Dio una sovranità potente, salute, ricchezza, ma chiede il dono della sapienza, stimata più di ogni altra cosa e da lui ritenuta come la sorgente di ogni bene e ricchezza incalcolabile. La Sapienza che viene dall’Alto e dalla quale l’uomo retto si fa illuminare, diventa una forza travolgente che può spingerti a  scelte forti e radicali, ma sicure. E tutto ciò è possibile se, sempre alla luce di detta sapienza, l’essere prevale sull’avere.

 

Questo volgersi a Dio e chiedergli la sapienza, è recepito anche nella seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei. Qui si designa la funzione della Parola di Dio, paragonata a una spada a due tagli, capace di penetrare nel profondo dell’essere umano per scrutarne i sentimenti e i pensieri. La parola di Dio raggiunge e penetra il cuore dell’uomo, infatti, il cuore esprime, biblicamente, la profondità misteriosa dei sentimenti, la capacità di corrispondere all’altro e a Dio. Questa possibilità cordiale di vita, è affidata alla mediazione del Figlio, il quale è capace di compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa.

 

Il Vangelo riporta l’episodio del giovane ricco, il quale, chiede a Gesù cosa deve fare per salvarsi. Gesù fissa lo sguardo su di lui e lo ama. Ma al giovane, che pur avendo sempre osservato la legge, manca una cosa per essere perfetto, infatti, quando viene posto di fronte all’invito di vendere ogni cosa, donarla ai poveri e seguire Gesù, si allontana rattristato. La tristezza è frutto della paura, di perdere le proprie sicurezze, in questo caso, la ricchezza e divenuta un ostacolo alla salvezza. Il Vangelo ci insegna come la ricchezza da sicurezza, ti fa sentire importante, ma c’è anche il rischio che ti toglie la libertà. Il giovane del Vangelo ha sempre osservato la legge, ma è legato, quando Gesù gli chiede di guardare oltre le sue tasche, e di immergersi nella sequela, egli si arrende. I discepoli però, hanno compreso le parole di Gesù e dicono: E chi può essere salvato?”. Il problema infatti tocca i ricchi e non ricchi, la ricchezza è metafora di una sapienza non accolta, perché si è voluto dare priorità agli apparenti beni della vita, che non fanno parte del progetto di salvezza di Dio, il quale richiede la disponibilità e il distacco più completi. Per seguire Gesù, bisogna vendere tutto, non si può infatti servire a due padroni, il denaro soffoca nell’avaro la parola del Vangelo, fa dimenticare la sovranità di Dio. Certamente il denaro non va demonizzato, esso non è cattivo: lo diviene quando l’uomo fonda in esso la sua ricchezza ultima e ne fa il suo dio, pronunciando a suo riguardo l’«amen», che è dovuto solo a Dio; in sé è una realtà buona che serve a tutti, è simbolo del lavoro umano che viene da esso retribuito e delle speranze umane che può realizzare. A questo titolo, partecipa veramente al divenire della libertà umana. Del resto, il denaro è anche il mezzo per fare del bene. In esso c’è il pane che bisogna dare agli affamati, l’acqua che bisogna dare agli assetati: può essere il simbolo della carità, quando questa si esercita concretamente in favore degli uomini.

La proposta che Gesù fa al giovane ricco, non è quella di non avere nulla, ma di compromettersi con i poveri, specialmente con quelli che mancano della capacità di procurarsi un salario. Seguire Cristo significa incontrare i poveri sulla propria strada e dare da mangiare all’affamato, visitare il malato o il carcerato. Gesù vuole farci capire che solo chi sente i bisogni degli altri e fa di tutto perché ne siano liberati, è l’uomo del Regno. Questo è il suo programma per noi, vivere nello spirito delle beatitudini.

 

www.parrocchiasantifilippoegiacomo.it