SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
La liturgia di questa Domenica è dominata dal disegno originario e primordiale di unità pensato da Dio, dalla visione cristiana del matrimonio e che la separazione dell’uomo e della donna ferisce. La prima lettura ci riporta all’inizio della creazione, narra della solitudine di Adamo che Dio ha plasmato dalla terra. Tutto è buono nella creazione, ma manca qualcosa perché l’armonia sia completa: l’uomo è solo ed è ferito da questa solitudine. Adamo cerca una relazione, un aiuto, un soccorso, l’appoggio, ma non lo trova perché tutte le creature sono a lui inferiori. Dinanzi ad Adamo vengono condotti gli animali, perché dia loro un nome e tra i quali non ha trovato alcuno che gli sia simile, Dio lascia cadere un sonno estatico, durante il quale dalla sua carne trae l’”Altro da sé”, sua moglie. Solo quando Dio trae dalla costola dell’uomo la donna, egli troverà in lei un aiuto che gli sia simile. Adamo è ora una persona compiuta e prorompe in un canto di gioia: “Questa si che è carne della mia carne,osso delle mie ossa: la chiamerò donna (ishshah) perchè dall’uomo (ish) è stata tratta. L’evocazione che ci viene dalla lettura, cioè quella della prima coppia è inscritta in un disegno di unità e comunione: metafora viva dell’amore di Dio per il suo popolo. L’uomo e la donna diventano un’unità, un sacramento che neppure il peccato potrà distruggere. Nella donna l’uomo potrà specchiarsi e gli rivelerà il suo stesso “Io”, a lei può rivolgersi con un “Tu”. Tra i due c’è una comunione così profonda da renderli una sola carne.
Il brano evangelico è strettamente legato alla prima lettura: Gesù viene messo alla prova dai farisei che gli pongono una domanda sulla possibilità di rescindere le nozze, come era stato loro permesso da Mosè. Ma Gesù, nella sua risposta, mette in evidenza che in principio Dio aveva creato il maschio e la femmina perché imparassero a crescere insieme, nell’unità, nella fede, nell’amore, nel servizio. Per la durezza di cuore esiste la legge, durezza di cuore che indica la chiusura dell’uomo nei confronti di Dio. Il grande miracolo di Gesù è quello di guarire l’uomo dalla sua durezza di cuore: solo così l’uomo è in grado di accogliere e di vivere l’amore di Dio, solo nella fede, è possibile capire e vivere il significato profondo del matrimonio: dono di sé e della propria vita, realtà nuova di quell’amore che mai tramonterà. L’uomo e la donna sono stati creati per guardarsi l’un l’altra negli occhi, per celebrare il Signore nella loro vita. Questo era il progetto iniziale di Dio, il quale, creando l’uomo come maschio e femmina aveva concepito il matrimonio come espressione di unità e di amore: un’unità di due persone superiore ad ogni vincolo, anche il più stretto. Gesù conclude questa disputa con i farisei affermando: “l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. Il rapporto d’amore fra due sposi è chiamato a non morire mai: è indissolubile. Questo non significa che ci sia un legame imposto dall’esterno, da una legge. Invece Dio ha chiamato gli sposi a vivere un amore che non muore, perché cresce sempre e si rinnova, nonostante le mille difficoltà e le traversie della vita, questo significa che l’amore sponsale è chiamato a superare ogni difficoltà presente e futura. Un amore più forte nelle difficoltà è un amore che ha la forza di Dio. |
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