SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XXVI  DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

La prima lettura tratta dal libro dei Numeri, ci riconduce al tema della profezia, dell’agire, assolutamente libero dello Spirito. L’episodio riguarda l’istituzione dei 70 anziani, i quali avrebbero aiutato Mosè nel governo del popolo. Su di essi Dio fa scendere parte dello Spirito che aveva abbondantemente concesso a Mosè ed essi profetizzano. Ma la cosa stupefacente, è che profetizzano anche altri due uomini che non erano presenti nella tenda, erano rimasti nell’accampamento. Questo profetare suscita una reazione violenta, perché succede in un luogo indebito. Giosuè, fedele servitore di Mosè e poi suo successore, gli chiede di impedirlo. Qui si nota l’analogia con il comportamento di Giovanni, il discepolo prediletto.

La risposta di Mosè è sorprendente: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo Spirito!”. Mosè da uomo saggio non mostra nessuna preoccupazione del prestigio personale davanti agli uomini, dimostra piuttosto di aver cura del bene spirituale di tutto il popolo.

Lo Spirito di Dio spira dove vuole, la sua voce può essere ascoltata dalle persone più impensate. È questo il senso teologico di questa lettura: Dio è libero nel concedere i suoi doni, Egli agisce al di fuori dei nostri schemi mentali concedendo di profetizzare anche a chi è fuori dalla tenda.

 

Nella seconda lettura, Giacomo denuncia lo scandalo delle ricchezze ingiustamente accumulate. Contro queste ricchezze, si leveranno fiamme che divoreranno le carni dei loro ricchi proprietari. L’apostolo è diretto, in particolar modo verso quelle ricchezze accumulate sull’ingiustizia sociale: il salario non pagato, il lavoro sfruttato.  Giacomo annuncia l’imminente giudizio di Dio su coloro che hanno vissuto in mezzo a piaceri e delizie, paghi solo di godere, gli stessi che hanno condannato e ucciso il giusto senza che questi opponesse resistenza.

 

Il vangelo ci offre ancora le istruzioni date da Gesù agli apostoli. Giovanni è preoccupato nei confronti di una persona che pur non appartenendo alla cerchia dei discepoli, scaccia diavoli nel nome di Gesù. Giovanni lo vede come un usurpatore e vuole impedirgli di fare opere che a suo giudizio, solo i seguaci autorizzati possono compiere. Ma Gesù dice che non bisogna impedirlo perché chi compie miracoli nel suo nome non può essere contro di lui: chi non è contro di noi è per noi”. La risposta di Gesù riprende ed amplifica l’apertura mostrata da Mosè verso chi già agiva mosso dallo Spirito di Dio. Gesù è venuto a liberare l’uomo dal male e dai condizionamenti del demonio, chi coopera a questa azione di Dio non può essere contro Gesù.

Incominciano dunque le istruzioni, apprendiamo che chiunque darà da bere un bicchiere d’acqua ai discepoli nel suo nome, non perderà la sua ricompensa. Ma in particolar modo, Gesù tocca il tema dello scandalo. Piuttosto che scandalizzare qualcuno è preferibile recidere chi ne è occasione. Niente di più grave che incrinare la fede dei piccoli che credono in Gesù, beffarsi della loro purezza d’animo, sarebbe meglio che al malcapitato fosse messa una macina da mulino al collo e lo si buttasse a mare.

I piccoli devono essere oggetto di un’attenzione privilegiata da parte dei discepoli di Gesù, essi sono tutti quelli che per qualche ragione hanno più bisogno di aiuto e di attenzione, ma i piccoli sono anche gli stessi discepoli, nella loro qualità di persone che non cercano il potere, ma seguono il loro maestro che si è fatto servo di tutti.

 

Gesù ci esorta ad accogliere la libertà dello Spirito di Dio, il quale agisce sempre nella Chiesa (ad intra) e fuori dai suoi confini (ad extra), “sacramento universale della salvezza” per il bene di tutti gli uomini cristiani e non cristiani.

 

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