SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
La concezione del Messia come Servo sofferente è quanto di più lontano e scandaloso si poteva proporre alla mentalità e alle aspettative degli Ebrei, la reazione di Pietro è indicativa. Il messianismo di Gesù è assai lontano dal messianismo potente che è nell’aspettativa dei suoi contemporanei e che gli stessi discepoli mostrano di condividere. Egli non è venuto per essere fatto re; né tra i suoi compiti sta la liberazione del suo popolo dall’oppressione romana. La lettura cristiana dell’Antico Testamento e dei profeti individua il messianismo di Gesù in quello del “Servo del Signore” cantato dal secondo Isaia.
La liturgia ci propone nella prima lettura il terzo canto del Servo del Signore, dove il protagonista è uno che ascolta: ogni mattina il Signore risveglia il suo orecchio, affinché entri in una sapienza nuova, che supera le prospettive e le attese umane. Per lui aprire l'orecchio significa farsi pronto a presentare il dorso a chi lo colpisce, la guancia a coloro che gli strappano la barba. Per lui ascoltare significa rendersi disponibile e dare la vita. Ma egli sa di non essere solo, sa bene che il Signore è con lui, ed è con questa incrollabile sicurezza che affronta ogni rifiuto. La sua vicenda viene presentata come un processo, nel quale l'avversario cerca di mostrare che lui, sta dalla parte sbagliata, che è nel torto. Perciò egli deve essere rifiutato e condannato in nome della giustizia, della verità. La sua vicenda deve attestare chi è giusto o empio davanti a Dio; il perdente si trova confuso, disorientato, deve ammettere di aver sbagliato tutto. Ma nella prova egli sperimenta l'aiuto di Dio, che consiste nel fatto che Dio da al profeta la certezza di essere dalla parte giusta di fronte al Signore, c’è un’intima consapevolezza, che sgorga dalla comunione profonda con Dio. Questa è la sorgente della sua fortezza, che si esprime nella sopportazione del disprezzo. Indurendo la sua faccia come pietra, egli tira diritto. È solo in questo modo che egli potrà portare al popolo sfiduciato, stanco, abbattuto, una parola carica di senso e portatrice di vita, perché parola di chi, nella prova, ha perseverato sino alla fine.
Nel Vangelo, Gesù incomincia a parlare apertamente ai suoi discepoli della sua passione, Egli dialoga con loro per sapere quello che la gente dice di lui. La risposta è che la gente considera Gesù un profeta. Pietro invece, dà una risposta diversa da quella della gente, infatti, non dice che è un profeta, ma il Cristo, il Messia promesso che doveva compiere la definitiva salvezza del popolo. Pietro intuisce che Gesù è più che un profeta. Ma Gesù sarà un Messia diverso da quello che si attendono, in quanto dovrà soffrire, morire e poi risorgere il terzo giorno. Non sarà dunque un Messia trionfante che prenderà il potere politico e libererà Israele dall’occupazione romana, al contrario, sarà ucciso dal potere politico su indicazione di quello religioso. Pietro, ragionando in maniera ancora troppo umana in quanto non aveva ancora ricevuto lo Spirito Santo, rimprovera il Maestro. Pietro, facendo così, è come satana, vuole dividere Gesù dal Padre, insinuando un desiderio di potenza invece che un desiderio di amore. Infine, Gesù chiede a ciascuno di prendere su di sé la propria croce, sulla quale ogni giorno si deve morire un poco a se stessi. Ecco dunque il rimprovero a Pietro, seguito da un invito ad andare dietro a Gesù come veri discepoli. Il vero discepolo deve, prendere la sua croce, bisogna infatti perdere la propria vita per ritrovarla. Il credente è colui che segue Gesù sulla via della croce.
Nella seconda lettura, Giacomo tocca l’aspetto di alcune conseguenze pratiche dell’avere fede in Gesù. Egli sottolinea che la fede, che nasce dalla giustificazione dell’amore di Dio, è morta se non diventa operosa nell’amore verso il fratello: se qualcuno è nel bisogno e gli si rivolge una buon parola, ma non lo si aiuta con qualcosa di concreto, come dargli da mangiare quando ha fame, la sua fede è come morta. Dunque una fede morta, non può dare la salvezza, se ci sono le opere c’è anche una fede viva, se non ci sono le opere, la fede è morta. |
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