SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Ogni anno, Israele celebra un banchetto sacro dal significato particolare: è la celebrazione di un evento storico, rinnova l’alleanza divenendo memoriale delle meraviglie compiute da Dio per il suo popolo. Nel banchetto si esprime l’accoglienza, la comunicazione, l’ospitalità, non si tratta semplicemente dell’azione materiale di mangiare, ma di un incontro di persone, di un rito.

Il banchetto pasquale richiama l’Esodo, l’evento liberatore per eccellenza che attualizza la speranza della salvezza. Celebrare la Pasqua però, non significa solamente partecipare materialmente al banchetto, ma è necessaria la conversione del cuore per rinnovare l’alleanza con Dio.

 

La prima lettura ci presenta la Sapienza come una gran dama che, costruito il suo bel palazzo, appronta un banchetto e manda le ancelle in tutta la città a chiamare gli invitati. È invitato chi è “inesperto” e “privo di senno”.

L’inesperto è colui che non ha ancora considerato attentamente la realtà, dunque immaturo e sprovveduto.

“Privo di senno”: l’ebraico dice, molto meglio, è colui che è “privo di cuore”. Nel cuore, infatti, si conosce, si riflette, si vuole, si progetta, si conserva il proprio tesoro. Si può mancare di cuore, cioè essere interiormente vuoti, inconsistenti, privi di profondità.

La sapienza si rivolge proprio a questi sciocchi, se dietro alla loro inconsistenza sta soltanto una insufficiente consapevolezza, essi devono sapere che adesso è possibile superarla, infatti, la sapienza dà vita, è cibo buono e nutriente per il cuore.

 

La seconda lettura ci indica un modo nuovo di vivere, più vigoroso, più serio, più deciso, che veramente sradichi le nostre vite e ci liberi da tutti i nostri ragionamenti umani, perché noi vediamo che la salvezza di Dio ci viene attraverso Cristo Signore. Paolo ci invita a scegliere veramente Cristo per quello che è, non un Cristo accomodato ai nostri modi di vivere, ma il Cristo del Vangelo, senza tanti commenti, vissuto in profondità e in radicalità.

 

Gesù, venuto ad instaurare una nuova ed eterna alleanza, prepara un nuovo banchetto e annuncia che lui è “il pane vivo disceso dal cielo” (vangelo). I suoi ascoltatori si stupiscono, sono increduli, ma lui afferma la necessità di mangiare il suo corpo e bere il suo sangue per avere la vita, in questa prospettiva la morte è vinta: “Io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.

Carne e sangue stanno a significare Gesù vittima d’amore per noi, e l’amore è tanto grande in Dio che non può fare a meno di stabilire che quell’atto d’amore che ha compiuto sulla croce si rinnovi. Gesù è vittima d’amore che si offre ed ha voluto che quell’atto si perpetuasse per sempre. L’Eucaristia, attualizzata nella Messa, diventa in questo modo un nuovo modo di vivere nell’amore fraterno, nella collaborazione e nel servizio, infatti, il suo primo frutto consiste in una comunità radunata nei vincoli della fraternità, non basta essere ben disposti alla recezione del sacramento, bisogna essere in comunione di carità, di fraternità e di servizio con i fratelli.

Gesù è la sapienza di Dio ed è data a noi durante il banchetto, essa arriva a noi attraverso la partecipazione e comunione al Cristo che si sacrifica per noi.

Nulla meglio dell'Eucaristia può rivelarci l’amore del nostro Dio, che fa di noi suoi figli in Gesù e ci chiama tutti a vivere da fratelli. Naturalmente ciò che è già compiuto nel rito esige ed aspetta di essere compiuto nella vita.

 

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