SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Talvolta la visione della morte sembra un fallimento della creazione, ma Dio non ha creato l'uomo perché cadesse nelle sue spire: “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano” (prima lettura). La morte non faceva parte del piano di Dio, essa è entrata per l'invidia del maligno, per il peccato dell'uomo, ed è con esso che l'uomo taglia il proprio cordone ombelicale con colui che è la fonte stessa della vita: il Vivente per eccellenza. Ecco dunque il nascere della nostra istintiva paura della morte, lo scontro inevitabile con questo mistero fitto e pauroso non tanto per quello che c'è al di là dell'ultima soglia, ma per il mistero è il fatto stesso della morte. Dio ci chiama alla vita e non si compiace nella morte di alcuno, Egli si è rivelato, in Cristo, come il “Dio dei vivi e non dei morti”. Cristo, è risurrezione e vita, è il pane di vita e chiunque mangia di lui ha già in sé la vita eterna. Chi crede in Cristo e alla sua risurrezione, anche se sa di dover morire, vede la morte come un momento per passare ad una vita senza fine. La morte diventa cioè un “passaggio”, assume così il carattere pasquale di una vittoria.
Il Vangelo di questa domenica è per noi una lezione di vita. C’è una donna ammalata da dodici anni che tocca il mantello di Gesù nella calca della gente che si stringe attorno a Lui per ascoltarlo e che dice a se stessa: se riuscirò anche solo a toccargli il mantello sarò guarita. E Gesù di rimando: “figlia, la tua fede ti ha salvata”. Poi abbiamo Giairo, il capo della sinagoga che implora la guarigione della figlioletta e al quale giunge la notizia che la sua bimba è morta e a lui Gesù ripete: “Non temere, continua solo ad aver fede”. C’è da parte di Gesù un invito per tutti noi ad avere fede, ad abbandonarci e credere che al di là del nostro piccolo mondo ce n’è un altro, è la convinzione che siamo pellegrini sulle strade della vita, che non costruiamo qui la nostra casa; aver fede significa fare della vita un dono, vivere un rapporto d’amore con Colui dal quale sappiamo di essere amati. Gesù al capo della sinagoga chiede di continuare ad avere fede. Quest’uomo è partito da casa e va da Gesù, quando la sua figlia è ancora in vita, quando arriva da casa la notizia che la sua figlia è morta e tutti gli dicono di non incomodare il Maestro, perché non c’è più nulla da fare. L’unica cosa da fare sarebbe quella di abbandonarsi alla disperazione, ma la Parola di Gesù giunge suasiva e dolce: ”non temere, continua solo ad aver fede”. Ci vuole tanta fede di fronte ad un figlio morto! Ma è proprio su quella fedeltà che Gesù riporta in vita la bambina. Che cosa dice oggi a noi l’uomo di Nazaret a cui una donna furtivamente ha toccato il mantello con la certezza di essere guarita? Agli interrogativi che ci poniamo, che cosa risponderebbe Lui? “Non temere, continua solo ad aver fede”. |
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