SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
I temi che ricorrono nelle letture di questa Domenica sono: la signoria di Dio sul creato e sulle forze della natura, la nostra risposta di fede e l'adesione a Lui. Nella prima lettura, Dio parla rispondendo agli interrogativi e al dolore di Giobbe: il mare, che nella Sacra Scrittura è simbolo del male, del caos e delle forze oscure che si oppongono alla creazione e all’opera di salvezza, è placato: “chiuso fra due porte…. fin qui giungerai, non oltre...”, il suo orgoglio ha un limite, ciò che reca danno all’uomo e ostacola il disegno di Dio viene frenato dalla potenza del Signore che dispone tutto a favore della sua creatura e che sa trarre il bene anche da situazioni difficili. In Es 14,21-30 Dio apre le acque del mare per far passare Israele e metterlo in salvo dal faraone, apre una strada nel mare, comanda alle acque, volge in bene, in salvezza per Israele quella che era una minaccia, una situazione di pericolo, dimostrando così il suo amore per esso. Nel parlare con Giobbe Dio rivela la sua potenza a partire dalla creazione e dal suo dominio su di essa, in questo modo conduce Giobbe ad una esperienza più profonda del Signore.
Nella seconda lettura vi è l’antitesi fondamentale vita e morte, passato e futuro, peccato e salvezza: questo passaggio è possibile solo per mezzo dell’amore di Cristo descritto da San Paolo, amore che ci strappa dalla logica del nostro io e ci proietta in Dio: “quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro”. Attraverso quest’amore cambia il nostro modo di accostarci al Signore non più “alla maniera umana” basandoci sulle nostre attese, ma secondo lo Spirito: diveniamo così, creature nuove trasformate da Cristo nella verità.
Il vangelo ci offre la scena della tempesta sedata. Marco attraverso questo miracolo di Gesù, svela alcuni lineamenti del suo volto, la sua divinità: “chi è dunque costui che anche il vento e il mare gli obbediscono?”, e che invitano alla fede: “perché avete paura? non avete ancora fede?”. Gesù invita i suoi discepoli sulla barca per passare all’altra riva, ma ecco che si scatena una tempesta mentre egli dorme. I discepoli impauriti e in preda all’angoscia scuotono Gesù: “Maestro non ti importa che siamo perduti?” E’ un’invocazione disperata, un grido forte, lo stesso che abbiamo noi quando Dio sembra lontano dalle nostre vicende dolorose, ma il Signore è lì, sulla barca dentro la tempesta e aspetta solo che ci rivolgiamo a Lui: “Maestro”.
Dio non ci lascia soli nel dolore, nella prova, lui stesso è stato provato, è entrato nei dolori con la sua Passione per poi risorgere vittorioso sul male e sulla morte. Gesù rimprovera i discepoli sulla barca per la loro incredulità, pur avendo visto molti miracoli, pur avendo udito le sue parole di amore e speranza, non credono, non riescono ancora a vedere la sua opera di salvezza, ma l’episodio della tempesta sedata diviene per essi un’occasione per incontrare il suo amore e riconoscere la sua potenza. |
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