Domenica dopo Pentecoste
Santissima Trinità
La
festa che celebriamo oggi rappresenta il culmine della nostra fede:
la Santissima Trinità, l’unico Dio in tre Persone: Padre, Figlio e
Spirito Santo. Mistero difficile da comprendere razionalmente, ma
che è fondamento del nostro credo, ad essa sono rivolte le nostre
preghiere e la nostra vita, inserita in quella divina in virtù del
Battesimo. La Santissima Trinità è il nostro modello perché
rappresenta la comunione d’amore nel suo vertice più alto, è
dinamismo vitale, movimento dell’Uno verso l’Altro, dono totale.
Attraverso il sacramento del Battesimo anche la nostra vita
partecipa di questo amore: diveniamo figli nel Figlio, testimoni di
Dio nel mondo con la forza dello Spirito Santo.
Le letture di questo giorno mettono in evidenza alcuni di questi
aspetti. Nella prima lettura il popolo di Israele riflette
sull’esperienza di Dio che ha fatto nel concreto di vicende
storiche. Il Signore stesso si è coinvolto con Israele, gli ha
parlato, lo ha scelto come suo popolo, sua eredità in mezzo ad altri
popoli; per questo ha compiuto segni e prodigi grandi, lo ha
liberato con mano potente e braccio teso dalla schiavitù di Egitto e
lo ha condotto attraverso il deserto alla terra promessa.
Dalla lettura di questi fatti, dal prendere coscienza dei doni di
Dio e di essere popolo eletto, Israele giunge alla sua professione
di fede nell’unico Dio: “il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù
sulla terra: non ve né altro”. Questo richiede una risposta che
mette in gioco tutta l’esistenza, il popolo si rivede alla luce di
Dio ed è chiamato ad ascoltare e mettere in pratica il sua Parola
“osserva le sue leggi e i suoi comandi”. Dall’obbedienza al volere
divino scaturisce la vita e la felicità per Israele e la sua
discendenza “perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te...”.
Possiamo leggere le parole del Salmo responsoriale come risposta di
gratitudine e affidamento a Dio dal quale attendiamo ogni nostro
vero bene, il nostro Signore non è lontano da noi il suo occhio
veglia sulla nostra vita, Egli si fa vicino donandoci non solo la
sua Parola ma anche il suo Spirito che ci guida e ci rende figli,
eredi di Dio. Tale Spirito ci rende talmente uniti alla vita di
Cristo che come lui possiamo rivolgerci a Dio in modo familiare:
Abbà, papà. L’apostolo Paolo nella seconda lettura ci rivela la
nostra identità: non siamo più schiavi, non dobbiamo vivere nella
paura perché abbiamo un Padre, un Fratello che è Gesù il quale ha
preso su di sé il nostro peccato per riconciliarci col Padre, le
nostre debolezze, le nostre sofferenze perché non fossimo soli nelle
asperità della vita e per dare senso ad ogni nostra lacrima. Egli ha
preso su di sé le nostre vicende quotidiane per viverle con noi e
fare della nostra vita una storia di salvezza immettendola nella sua
vita divina.
Il Vangelo ci mostra il cammino della Chiesa, di ogni credente:
Cristo adempie la promessa fatta ai suoi “vi precederò in Galilea” e
si mostra Risorto sul monte che aveva loro indicato. Gli undici nel
vederlo si prostrano, hanno un atteggiamento di devozione, ma nel
loro cuore vi è ancora il dubbio; come ci mostrano tutti i Vangeli
della Risurrezione non è stato immediato per i discepoli credere in
essa, ma è Gesù stesso che si avvicina a loro per rivelarsi e
condurli da una fede vacillante ad essere suoi testimoni in tutto il
mondo pronti ad affrontare ogni genere di pericolo fino al martirio.
“Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” è la sua
presenza non più fisica ma nel cuore dei suoi che infonde loro forza
e amore, il suo Spirito insegnerà ad essi la missione stessa di Gesù
per condurre tutti i popoli al Padre, inserire ogni uomo nella vita
divina battezzandolo nel nome del Padre e del figlio e dello Spirito
Santo e far sì che tutti abbiano la vita
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