VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Nel
brano della prima lettura di oggi viene enunciato il fondamento di
tutto il libro del Levitico: «Siate santi, perché io, il Signore,
Dio vostro, sono santo». Il cristiano è chiamato alla santità, cioè
alla “separazione” da ciò che è male e peccato, per essere uguale a
Gesù, il Giusto, il Santo, il Figlio di Dio. “Santo, sacro” vuol
dire infatti “separato” e per questo il cristiano vive nel mondo ma
è portatore di una vocazione che lo chiama a non essere del mondo, è
straniero in terra straniera.
Il brano prosegue dicendo che bisogna spiegarsi apertamente con il
fratello che ti offende, altrimenti, non indicandogli il suo errore,
o covando l’odio cercando di vendicarti, ti carichi della sua stessa
colpa.
Sulla stessa linea si sviluppa l’antitesi dell’amore al prossimo. Il
Libro del Levitico, che è il testo più sacerdotale e sacrale
dell’Antico Testamento, è appunto il libro dal quale è stata desunta
la famosa frase: «amerai il tuo prossimo come te stesso». Dove però,
quel “prossimo” era definito attraverso una serie di cerchi
concentrici che abbracciavano la famiglia, il clan, la tribù, il
popolo in Israele e nella Diaspora ebraica. Fuori di questi cerchi
c’era il male. Dunque l’orizzonte dell’amore era legato
all’esclusivismo religioso e razziale. Questo sarà poi dilatato da
Gesù, che ci propone una scelta sorprendente che spezza i cerchi
rigidi dei legami convenzionali spingendoci a considerare prossimo
tutti gli uomini, compresi i nemici, anzi, il nemico diventa
fratello.
Dopo aver vivamente denunciato le divisioni della Chiesa di Corinto,
Paolo ricorda a questa comunità il fondamento della loro unità. Essi
sono una cosa sacra, sono il tempio di Dio, consacrato dalla
presenza dello Spirito e minaccia perciò chiunque tenti di
profanarlo. Se Paolo ritiene necessario dare questo solenne
avvertimento, è perché sa che fra i Corinti ci sono dei cristiani
che sono più amanti della sapienza umana che di verità divina e con
la loro filosofia sovvertono la fede, intaccando il fondamento su
cui poggia. Perciò soggiunge: «Nessuno si illuda», cioè nessuno
ponga la sua gloria negli uomini, Paolo è per voi, Apollo è per voi,
Cefa è per voi, il mondo è per voi, la vita e la morte sono a vostro
vantaggio, il presente e il futuro sono dalla vostra parte, avete in
mano tutto, ma attenzione…«tutto è vostro», meno voi, perché voi
appartenete a Cristo e Cristo appartiene a Dio. Noi, comunità
cristiana siamo totalmente dipendenti da Cristo e le divisioni sono
attentati contro l’unità del tempio, cioè della comunità.
La lettura evangelica odierna si collega a quella precedente della
VI domenica. Oggi Gesù tratta il tema dell’amore e della giustizia,
quest’ultima rappresentata dalla celebre legge del taglione
formulata sulla base di un passo del libro dell’Esodo con l’immagine
dell’«occhio per occhio, dente per dente», «vita per vita, mano per
mano» e così via. Ma il concetto e la prassi del taglione erano già
note nella legislazione dell’Antico Oriente, come è attestato dal
codice babilonese di Hammurabi (700 a.C.), e imponevano un taglio
fisico, cioè una mutilazione proporzionata al danno inferto
all’avversario. Questa norma, oggi troppo spesso calunniata
nell’opinione popolare cristiana quasi fosse un invito alla
vendetta, è invece dotata di un suo valore, perché in una cultura
primitiva nella quale la vendetta non aveva limiti, fu un rigoroso
strumento di equilibrio giuridico teso alla reintegrazione dei
diritti lesi.
Alla legge del taglione che equilibra in negativo le mancanze
personali e che in positivo invita a fare agli altri in bene quello
che di bene si riceve, Gesù propone al discepolo un salto di
qualità, quello di superare la pura legge della giustizia
proclamando l’assoluta superiorità dell’amore rispetto alla
giustizia vendicativa. Egli ci propone di rispondere con un atto di
generosità alla malvagità di chi ci offende e di chi esige
implacabili vendette e risarcimenti.
Gesù eleva il principio dell’amore al prossimo a categoria
universale, senza fare nessun genere di distinzione, ma purtroppo
ciò che trionfa ai nostri giorni è che ad una minima violenza
ricevuta si reagisce con una violenza spropositata e gratuita
innestando un’infinita spirale di ingiustizia e di violenza.
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