SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Nel brano della prima lettura di oggi viene enunciato il fondamento di tutto il libro del Levitico: «Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo». Il cristiano è chiamato alla santità, cioè alla “separazione” da ciò che è male e peccato, per essere uguale a Gesù, il Giusto, il Santo, il Figlio di Dio. “Santo, sacro” vuol dire infatti “separato” e per questo il cristiano vive nel mondo ma è portatore di una vocazione che lo chiama a non essere del mondo, è straniero in terra straniera.
Il brano prosegue dicendo che bisogna spiegarsi apertamente con il fratello che ti offende, altrimenti, non indicandogli il suo errore, o covando l’odio cercando di vendicarti, ti carichi della sua stessa colpa.
Sulla stessa linea si sviluppa l’antitesi dell’amore al prossimo. Il Libro del Levitico, che è il testo più sacerdotale e sacrale dell’Antico Testamento, è appunto il libro dal quale è stata desunta la famosa frase: «amerai il tuo prossimo come te stesso». Dove però, quel “prossimo” era definito attraverso una serie di cerchi concentrici che abbracciavano la famiglia, il clan, la tribù, il popolo in Israele e nella Diaspora ebraica. Fuori di questi cerchi c’era il male. Dunque l’orizzonte dell’amore era legato all’esclusivismo religioso e razziale. Questo sarà poi dilatato da Gesù, che ci propone una scelta sorprendente che spezza i cerchi rigidi dei legami convenzionali spingendoci a considerare prossimo tutti gli uomini, compresi i nemici, anzi, il nemico diventa fratello.

Dopo aver vivamente denunciato le divisioni della Chiesa di Corinto, Paolo ricorda a questa comunità il fondamento della loro unità. Essi sono una cosa sacra, sono il tempio di Dio, consacrato dalla presenza dello Spirito e minaccia perciò chiunque tenti di profanarlo. Se Paolo ritiene necessario dare questo solenne avvertimento, è perché sa che fra i Corinti ci sono dei cristiani che sono più amanti della sapienza umana che di verità divina e con la loro filosofia sovvertono la fede, intaccando il fondamento su cui poggia. Perciò soggiunge: «Nessuno si illuda», cioè nessuno ponga la sua gloria negli uomini, Paolo è per voi, Apollo è per voi, Cefa è per voi, il mondo è per voi, la vita e la morte sono a vostro vantaggio, il presente e il futuro sono dalla vostra parte, avete in mano tutto, ma attenzione…«tutto è vostro», meno voi, perché voi appartenete a Cristo e Cristo appartiene a Dio. Noi, comunità cristiana siamo totalmente dipendenti da Cristo e le divisioni sono attentati contro l’unità del tempio, cioè della comunità.

La lettura evangelica odierna si collega a quella precedente della VI domenica. Oggi Gesù tratta il tema dell’amore e della giustizia, quest’ultima rappresentata dalla celebre legge del taglione formulata sulla base di un passo del libro dell’Esodo con l’immagine dell’«occhio per occhio, dente per dente», «vita per vita, mano per mano» e così via. Ma il concetto e la prassi del taglione erano già note nella legislazione dell’Antico Oriente, come è attestato dal codice babilonese di Hammurabi (700 a.C.), e imponevano un taglio fisico, cioè una mutilazione proporzionata al danno inferto all’avversario. Questa norma, oggi troppo spesso calunniata nell’opinione popolare cristiana quasi fosse un invito alla vendetta, è invece dotata di un suo valore, perché in una cultura primitiva nella quale la vendetta non aveva limiti, fu un rigoroso strumento di equilibrio giuridico teso alla reintegrazione dei diritti lesi.
Alla legge del taglione che equilibra in negativo le mancanze personali e che in positivo invita a fare agli altri in bene quello che di bene si riceve, Gesù propone al discepolo un salto di qualità, quello di superare la pura legge della giustizia proclamando l’assoluta superiorità dell’amore rispetto alla giustizia vendicativa. Egli ci propone di rispondere con un atto di generosità alla malvagità di chi ci offende e di chi esige implacabili vendette e risarcimenti.
Gesù eleva il principio dell’amore al prossimo a categoria universale, senza fare nessun genere di distinzione, ma purtroppo ciò che trionfa ai nostri giorni è che ad una minima violenza ricevuta si reagisce con una violenza spropositata e gratuita innestando un’infinita spirale di ingiustizia e di violenza.
 

 

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