VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Al
tempo del Siracide, per giustificare la trasgressione della legge,
si era giunti a negare la libertà dell’uomo. Ma alla luce della
rivelazione biblica, il peccato e il male non rientrano nel disegno
di Dio creatore. Per contestare l’affermazione dei peccatori, che
vorrebbero attribuire a Dio la responsabilità delle proprie colpe,
Ben Sira, autore del libro, dichiara che l’uomo, libero sin dal
momento della sua creazione, è responsabile delle proprie scelte di
fede e di morale, come pure è pienamente libero di orientare la
propria condotta verso il bene o verso il male. Questo brano
costituisce dunque una solenne affermazione della libertà umana,
oltre ad essere una meditazione molto chiara sul peccato, il quale
non può essere ricondotto a Dio, che ci ha creati come esseri liberi
e capaci di scelte autonome, sia sull’ordine pratico, sia
nell’ambito morale.
In merito all’ordine pratico dice: «Egli ti ha posto davanti fuoco e
acqua: là dove vuoi tendi la tua mano», cioè, puoi stendere la tua
mano liberamente verso il fuoco o verso l’acqua. Per quanto riguarda
l’ordine morale aggiunge: «Davanti agli uomini stanno la vita e la
morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà»,
cioè, l’uomo è libero di scegliere il bene o il male, la vita o la
morte.
Esistono due realtà, una materiale e una spirituale, nei cui
confronti l’uomo può esercitare in piena autonomia il suo libero
arbitrio. Tuttavia, nessuna fra le due scelte sfugge alla conoscenza
di Dio che tutto vede, e, nonostante ciò, l’uomo conserva tutta la
sua libertà che lo rende responsabile dei suoi atti buoni o cattivi.
Dio però ha il potere di castigare coloro che scelgono il male e
premiare quelli che scelgono il bene.
Nella seconda lettura Paolo chiama i cristiani “i perfetti”, cioè
quei cristiani “maturi” spiritualmente, che hanno approfondito la
loro fede e possono parlare di Sapienza, che sta nel comprendere che
Dio salva il mondo per mezzo di Gesù Cristo. Non si tratta quindi
della sapienza umana, ma di quella divina avvolta nel mistero, cioè
segreta, ignota nel passato e ora rivelata agli apostoli e
conoscibile solo mediante la fede in Gesù.
Questa sapienza misteriosa, egli l’ha predestinata sin dalla
eternità “prima dei secoli” per la nostra gloria, cioè per la nostra
felicità e la nostra salvezza. Il contenuto di tale Sapienza è il
mistero di Cristo, cioè il piano della redenzione del mondo: la
morte del figlio di Dio in croce ed il trionfo della sua
risurrezione, con la conseguente salvezza offerta a tutti. E’
accettando e collaborando a questo disegno salvifico che si entra
nelle “profondità di Dio”. Rifiutando questa sapienza diventiamo
anche noi come coloro che: “hanno crocifisso il re della gloria”.
Nel brano evangelico, Gesù definisce attraverso uno schema di
contrapposizioni il rapporto tra il Vangelo e il modo in cui era
interpretata e vissuta la legge dell’Antico Testamento: «Avete
inteso che fu detto agli antichi…ma io vi dico».
Aprendo la serie delle contrapposizioni, Gesù ci offre una
dichiarazione paradossale: «Non pensate che io sia venuto ad abolire
la Legge… ma a portarla a compimento». Gesù è venuto ad abolire il
legalismo, il perbenismo, il formalismo, cioè, va ancora più in là
di quel che chiede la legge, le dà compimento, vuole di più della
legge; non basta più infatti “non ho ammazzato nessuno, non ho
rubato, non ho commesso adulterio, non ho ingannato nessuno”; non
basta non fare il male, bisogna fare il bene. la giustizia del
cristiano non dipende dall’osservanza esterna della legge, ma dalla
libera volontà di osservarla per una scelta personale dettata non
dall’obbligo ma dal desiderio intimo di osservarla. In questo sta la
libertà del cristiano: nella libertà di scegliere il bene, una
scelta libera, dettata dal cuore.
Certamente Gesù non mette in discussione la Legge, al contrario,
l’Antico Testamento resta parola di Dio anche per Lui; il suo valore
è intatto, anche nel dettaglio più microscopico come può essere un
jod («iota»), la lettera più minuscola dell’alfabeto ebraico. Ma
Gesù va più lontano e più a fondo, fino nel cuore dell’uomo, fino a
provocare la sua libertà. La nuova legge non è un codice di
proibizioni, ma un richiamo rivolto al cuore dell’uomo, un richiamo
alla coscienza che scopre in Dio un Padre. Solo l’amore dà
significato e consistenza a tutta la legge. A questo proposito, la
terza antitesi di Gesù che Matteo ci propone, è quella sul divorzio.
All’epoca di Matteo la legislazione sul divorzio era tollerante per
i mariti, intransigente per le mogli. Gesù rifiuta questa
disuguaglianza e mette gli uomini di fronte alle loro responsabilità
pronunciandosi in modo radicale contro il divorzio. Egli propone una
nuova e impegnativa legge matrimoniale fondata sulla totale
donazione e quindi sull’indissolubilità, contrapponendosi così alla
prassi antica
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