SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Al tempo del Siracide, per giustificare la trasgressione della legge, si era giunti a negare la libertà dell’uomo. Ma alla luce della rivelazione biblica, il peccato e il male non rientrano nel disegno di Dio creatore. Per contestare l’affermazione dei peccatori, che vorrebbero attribuire a Dio la responsabilità delle proprie colpe, Ben Sira, autore del libro, dichiara che l’uomo, libero sin dal momento della sua creazione, è responsabile delle proprie scelte di fede e di morale, come pure è pienamente libero di orientare la propria condotta verso il bene o verso il male. Questo brano costituisce dunque una solenne affermazione della libertà umana, oltre ad essere una meditazione molto chiara sul peccato, il quale non può essere ricondotto a Dio, che ci ha creati come esseri liberi e capaci di scelte autonome, sia sull’ordine pratico, sia nell’ambito morale.
In merito all’ordine pratico dice: «Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano», cioè, puoi stendere la tua mano liberamente verso il fuoco o verso l’acqua. Per quanto riguarda l’ordine morale aggiunge: «Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà», cioè, l’uomo è libero di scegliere il bene o il male, la vita o la morte.
Esistono due realtà, una materiale e una spirituale, nei cui confronti l’uomo può esercitare in piena autonomia il suo libero arbitrio. Tuttavia, nessuna fra le due scelte sfugge alla conoscenza di Dio che tutto vede, e, nonostante ciò, l’uomo conserva tutta la sua libertà che lo rende responsabile dei suoi atti buoni o cattivi. Dio però ha il potere di castigare coloro che scelgono il male e premiare quelli che scelgono il bene.

Nella seconda lettura Paolo chiama i cristiani “i perfetti”, cioè quei cristiani “maturi” spiritualmente, che hanno approfondito la loro fede e possono parlare di Sapienza, che sta nel comprendere che Dio salva il mondo per mezzo di Gesù Cristo. Non si tratta quindi della sapienza umana, ma di quella divina avvolta nel mistero, cioè segreta, ignota nel passato e ora rivelata agli apostoli e conoscibile solo mediante la fede in Gesù.
Questa sapienza misteriosa, egli l’ha predestinata sin dalla eternità “prima dei secoli” per la nostra gloria, cioè per la nostra felicità e la nostra salvezza. Il contenuto di tale Sapienza è il mistero di Cristo, cioè il piano della redenzione del mondo: la morte del figlio di Dio in croce ed il trionfo della sua risurrezione, con la conseguente salvezza offerta a tutti. E’ accettando e collaborando a questo disegno salvifico che si entra nelle “profondità di Dio”. Rifiutando questa sapienza diventiamo anche noi come coloro che: “hanno crocifisso il re della gloria”.

Nel brano evangelico, Gesù definisce attraverso uno schema di contrapposizioni il rapporto tra il Vangelo e il modo in cui era interpretata e vissuta la legge dell’Antico Testamento: «Avete inteso che fu detto agli antichi…ma io vi dico».
Aprendo la serie delle contrapposizioni, Gesù ci offre una dichiarazione paradossale: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge… ma a portarla a compimento». Gesù è venuto ad abolire il legalismo, il perbenismo, il formalismo, cioè, va ancora più in là di quel che chiede la legge, le dà compimento, vuole di più della legge; non basta più infatti “non ho ammazzato nessuno, non ho rubato, non ho commesso adulterio, non ho ingannato nessuno”; non basta non fare il male, bisogna fare il bene. la giustizia del cristiano non dipende dall’osservanza esterna della legge, ma dalla libera volontà di osservarla per una scelta personale dettata non dall’obbligo ma dal desiderio intimo di osservarla. In questo sta la libertà del cristiano: nella libertà di scegliere il bene, una scelta libera, dettata dal cuore.
Certamente Gesù non mette in discussione la Legge, al contrario, l’Antico Testamento resta parola di Dio anche per Lui; il suo valore è intatto, anche nel dettaglio più microscopico come può essere un jod («iota»), la lettera più minuscola dell’alfabeto ebraico. Ma Gesù va più lontano e più a fondo, fino nel cuore dell’uomo, fino a provocare la sua libertà. La nuova legge non è un codice di proibizioni, ma un richiamo rivolto al cuore dell’uomo, un richiamo alla coscienza che scopre in Dio un Padre. Solo l’amore dà significato e consistenza a tutta la legge. A questo proposito, la terza antitesi di Gesù che Matteo ci propone, è quella sul divorzio.
All’epoca di Matteo la legislazione sul divorzio era tollerante per i mariti, intransigente per le mogli. Gesù rifiuta questa disuguaglianza e mette gli uomini di fronte alle loro responsabilità pronunciandosi in modo radicale contro il divorzio. Egli propone una nuova e impegnativa legge matrimoniale fondata sulla totale donazione e quindi sull’indissolubilità, contrapponendosi così alla prassi antica
 

 

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