SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Nelle letture di oggi si parla della luce, la luce dell’uomo: il giusto inondato dalla luce divina, diventa a sua volta fiaccola che risplende e riscalda. La liturgia odierna si trasforma, allora, in una celebrazione della luce che l’uomo può irradiare nel mondo con la sua testimonianza.
Nietzsche, il famoso filosofo ateo tedesco, rimproverava così i cristiani: «Se la buona novella della vostra Bibbia fosse anche scritta sul vostro volto, voi non avreste bisogno di insistere perché si ceda all’autorità della Bibbia: le vostre opere dovrebbero rendere quasi superflua la Bibbia, perché voi stessi dovreste costituire la Bibbia viva».

Nella prima lettura di oggi, Isaia ricorda al popolo che più dello splendore del culto, a Dio è gradito l’ospitare i senza tetto ed il dividere il pane con gli affamati. L’astinenza dal cibo infatti poco conta se non è per nutrire l’affamato. Si arrivi dunque alla pratica, alla vita, a spartire il pane, realtà e simbolo allo stesso tempo di tutto quello che alcuni possiedono e che ad altri manca; così che il ricco provi quello che vuol dire essere povero e riceva dal povero bisognoso lo spirito della fiducia in Dio. Il profeta quindi invita tutto il popolo a ricercare un atteggiamento di servizio. In questo modo Israele risponderà realmente alla missione che Dio gli ha affidata nel mondo e partendo da questo atteggiamento diventerà luce per le nazioni.

Nel brano della seconda lettura Paolo ricorda l’inizio della sua predicazione a Corinto, egli non ha cercato di convincere i Corinzi con delle prove né di imporsi con l’eloquenza o con il prestigio della sua persona, ma porta semplicemente la sua testimonianza di apostolo, una testimonianza fatta in povertà ed in umiltà. Egli si è affidato completamente allo Spirito di Dio e alla sua potenza lasciando a questo il compito di dimostrare “vera” la sua predicazione, sia comunicando alle sue parole una misteriosa forza di persuasione, sia illuminando le menti degli ascoltatori. Dimostrazione quindi ben diversa da quella che deriva dalla vuota abilità oratoria o da virtuosismi dialettici. Ecco perché la fede dei Corinzi non si basa sul prestigio del predicatore, ma sopra la forza dello Spirito che agisce sui cuori.


Nel brano evangelico, Matteo riprende il discorso della luce: il cristiano è la luce del mondo perché segue Cristo che è la luce del mondo e perché, come Cristo, agisce e perciò illumina.
Come il sale che serve solo se è usato e come la luce che serve solo se si pone in alto, così il cristiano deve dare testimonianza al mondo, illuminare chi è nelle tenebre.
Noi siamo come una città collocata sul monte o una luce accesa che non può restare nascosta. La luce che viene dalla fede, ricevuta in dono, non deve servire solo per la nostra illuminazione spirituale, ma deve donarsi e diventare “luce del mondo” che risplende davanti agli uomini. Far brillare la luce della fede significa condividere ciò che abbiamo con chi è privo del necessario, accogliere chi è nel bisogno, eliminare ogni atteggiamento di violenza e di ingiustizia, così come diceva Isaia nella prima lettura
 

 

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