SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

V DOMENICA DI QUARESIMA

 

Il cammino di avvicinamento alla Pasqua delle ultime tre domeniche di quaresima è segnato dai simboli dell’acqua (la samaritana), della luce (la guarigione del cieco dalla nascita) e, oggi, dal filo doppio della vita e della morte che percorre le tre letture di questa “domenica di Lazzaro”. Infatti, la morte può apparire con due volti, può essere pace o incubo, inizio o fine. Nella Bibbia, l’uomo è posto di fronte alla morte, ma questo incontro è segnato dall’apparire della massima antagonista, la vita.

Nella prima lettura Dio rassicura il suo popolo attraverso le parole di Ezechiele. Israele è in esilio in Babilonia, Gerusalemme ed il tempio sono crollati, gli animi sono molto abbattuti ed allora Ezechiele comincia a prospettare la restaurazione spirituale e materiale che li attende, egli promette l’intervento di Dio che li risusciterà dalle tombe e cioè gli aprirà le porte e li ricondurrà di nuovo nella loro terra. La promessa è ribadita categoricamente con l’ultima frase: «L’ho detto e lo farò»; una forma espressiva comune nella Bibbia che serve ad accentuarne la veridicità e l’importanza. Nel Nuovo Testamento questa espressione la troviamo nelle parole di Gesù “in verità, in verità vi dico”.
Questo brano è dunque un messaggio di speranza e di fiducia nella futura restaurazione nazionale, vista come opera e dono divino.

Il concetto della prima lettura è ripreso pienamente nella seconda, tratta dalla lettera di san Paolo ai Romani. Il brano di oggi indica la realizzazione perfetta delle profezie di Ezechiele: «Farò entrare in Voi il mio Spirito e rivivrete». Paolo ci presenta un’altra morte e un’altra vita, quella del peccato e della grazia. È la grande “risurrezione battesimale” che spezza la nostra prigione: alla nostra fragilità di peccato subentra la grazia liberatrice, all’uomo vecchio subentra la nuova creazione.

La pagina evangelica è quella della straordinaria scena giovannea di Betania, sobborgo di Gerusalemme, il “villaggio di Lazzaro”. È qui che Gesù opera uno dei miracoli più noti e di grande carica emotiva.
La morte fisica è il segno del limite creaturale e unisce in sé tante morti dell’uomo, quelle del peccato, della solitudine, della miseria, della violenza. Della morte sono striate quasi tutte le pagine della Bibbia: esse convergono verso la morte suprema, quella di Cristo sul Calvario.
«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». Le sorelle di Lazzaro, Maria e Marta, credono in questo e il Signore dimostra con i fatti che hanno ragione a credere in lui. Il miracolo della risurrezione di Lazzaro è il segno di una vita che non conosce più la morte e che nasce nell’uomo per mezzo della fede.
La reazione di Gesù per la morte di Lazzaro è stata: «si commosse profondamente e si turbò [ ] e scoppiò in pianto». È il dolore e il turbamento umano di Gesù per il distacco dall’amico e per la morte di tutti gli uomini, è il segno della vicinanza di Dio per ogni uomo che muore, ma è anche il segno che Gesù è il Dio dei vivi che riesce a vincere la morte.
“Mio fratello non sarebbe morto”, suona quasi come un rimprovero a Gesù suggerito dal profondo dolore della sorella, ma è anche il segno della estrema fiducia in Gesù.
Le vie di Dio non sono le nostre e il disegno di Dio spesso non ci è affatto comprensibile; la logica umana spesso ci porta a rifiutarlo, ma la fede lo accetta e la preghiera lo invoca. La morte è certamente dolore per chi resta ma, per chi ha fede, è anche gioia e vita perché chi ha creduto in Gesù, il Figlio, di sicuro torna alla casa del Padre. La morte è un passo obbligato, ma non verso il buio, il nulla, la disperazione, bensì verso la vera vita, quella di Dio. Ecco perché Gesù dice «Scioglietelo»: le bende che bloccano il corpo di Lazzaro sono i legacci, le catene che legano il corpo in una situazione di morte definitiva, eterna. Sono i legacci della mancanza di fede in Gesù. Lazzaro non è capace di sciogliersi da solo e Gesù gli dà la prova che, attraverso la fede, la morte definitiva, totale, eterna, è superata e, con il cadere delle bende, c’è la luce della risurrezione.


 

 

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