NATALE DEL SIGNORE
Il
mistero grande della natività di Gesù in mezzo a noi, della sua
“venuta”, è celebrato dalla chiesa con tre messe distinte. La prima,
quella della notte, ha come tema la generazione eterna del verbo; la
seconda, quella dell’aurora, il suo farsi luce per noi; infine,
nella messa del giorno, quella su cui riflettiamo, il suo venire ad
abitare in mezzo a noi, Gesù che nasce è la parola di Dio che si fa
carne.
Nella prima lettura, leggiamo le parole di consolazione che
declinano il lieto annuncio. Isaia diventa la voce della speranza,
in un paese dove regna sconforto e servitù. Egli vede l’imminente
ritorno in Gerusalemme degli esiliati ebrei che giungono da
Babilonia come la consolazione che Dio opera per il suo popolo: il
riscatto da una condizione di miseria. Ha inizio un’era nuova nella
quale i rapporti con Dio saranno contrassegnati dal suo amore e
dalla sua pace. La pace che Cristo ci porta è un evento di salvezza
che investe tutta l’umanità. Israele è come una luce elevata e
proiettata verso ogni angolo della terra, una luce che svela la
gloria del Signore, gloria soprattutto in quanto rivelazione della
grandi azioni salvifiche che egli ha compiuto per noi. Questa
rivelazione del Dio vivente si perfeziona e totalizza in Gesù
Cristo, pienezza della rivelazione di Dio all’uomo. Il Signore ha
snudato il suo braccio, ha compiuto un gesto espressivo, un’opera di
salvezza visibile da tutti i popoli. Ha liberato il suo popolo: lui
solo é Dio, padrone e Signore della storia.
L’autore della lettera agli Ebrei riconosce esplicitamente il
privilegio concesso da Dio ad Israele, col costituirlo depositario
delle sue rivelazioni. Ma il fatto stesso che quelle annunziavano
una rivelazione definitiva, dimostrava il loro carattere
preparatorio ed imperfetto. La parola divina venne comunicata,
«molte volte e in diversi modi », cioè un poco per volta e per mezzo
di molti uomini, nel corso di molti secoli, in attesa di Colui che
la doveva compierla in modo perfetto.
Inoltre, la lettura di questo testo, ci offre due immagini molto
efficaci per esprimere l’identità della natura tra il Padre e il
Figlio e nello stesso tempo la distinzione delle persone: il Figlio
è Irradiazione, cioè riflesso della gloria luminosa del Padre ed è
Impronta della sua sostanza.
In passato Dio ha parlato servendosi dei diversi profeti e dei
patriarchi dell’Antico Testamento. Nella economia definitiva Dio ha
parlato definitivamente in Gesù Cristo che è la sua parola vivente,
il Rivelatore della Verità e infinitamente superiore ai profeti,
agli angeli e a Mosè, poiché egli è il Figlio stesso di Dio.
Infatti, trattandosi di Rivelazione, l’autore polemizza contro l’angeologia
giudaica per affermare la superiorità ed eccellenza di Cristo
rispetto a ogni creatura celeste: «Lo adorino tutti gli angeli di
Dio». Cristo è il Profeta per eccellenza, il Rivelatore ultimo e
definitivo della verità divina e lo è in virtù della sua stessa
natura, anche prima di venire nel mondo con l’incarnazione.
Il testo evangelico ci propone il prologo di Giovanni perché questo
brano ci aiuta a comprendere che il Natale è l’incarnazione del
Verbo. Gesù Cristo è il Verbo di Dio fatto carne, in lui Dio ha
assunto un volto d’uomo e si è espresso con parole umane.
Tra la parola di Dio e la carne dell’uomo c’è una distanza infinita,
la distanza che esiste tra il Creatore e la Creatura. Eppure «il
Verbo si fece carne», la Parola eterna è entrata nella provvisorietà
del tempo, si è sottomessa alla fragilità della condizione umana
fino alla morte. In questo evento si compiono due movimenti. Il
primo è il movimento discendente di Dio che si fa uomo; un movimento
che può essere motivato solo dall’amore di Dio che si abbassa fino
alla statura della sua creatura per comunicargli la vita eterna,
cioè la sua stessa vita.
Il secondo movimento che si attua nell’incarnazione è quello di
un’esistenza umana innalzata fino a diventare l’esistenza del Figlio
stesso di Dio. La carne umana, nella sua fragilità, diventa
portatrice del mistero stesso di Dio.
Giovanni dice che il Verbo era preesistente in Dio e partecipe
dell’opera creativa; è venuto sulla terra per compiere la missione
affidatagli dal Padre e cioè rivelarlo agli uomini. La novità nel
Nuovo Testamento sta nel fatto che la Parola è Dio ed è persona
distinta dal Padre. Gesù, il Verbo, la cui persona e la cui
esistenza sorpassano infinitamente il mondo e la storia, è esistente
fin dal principio e la creazione è azione del Verbo cioè della
parola creatrice di Dio, Sapienza divina e fonte di vita che fa
esistere il mondo.
C’era stato Giovanni, inviato con l’incarico di annunciare ad
Israele la venuta della Luce, ma non era lui la luce. La figura del
Battista in questo vangelo non è essenzialmente quella del
precursore di Cristo, come negli altri vangeli, ma piuttosto quella
del testimone della luce vera che può illuminare il mistero umano.
Tutto il vangelo di Giovanni è orientato verso la dichiarazione
della presenza di Dio in Cristo: Gesù è visto come la manifestazione
piena di Dio che dà senso alla storia e al mondo
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