MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO
La
liturgia che apre l’anno civile e che chiude l’ottava di Natale
celebra Maria nella sua fisionomia più alta, quella di Madre di Dio,
solennemente proclamata dal concilio di Efeso del 431 ma già
disegnata all’interno del Nuovo Testamento.
La prima lettura é tratta dal libro dei Numeri, così chiamato perché
richiama l’attenzione ai diversi censimenti che contiene. In ebraico
ha un titolo più esatto: “nel deserto”. Esso racconta, infatti, una
tappa importante della storia del popolo di Dio: la sua permanenza
di 40 anni nel deserto che si conclude con l’inizio della conquista
della Terra Promessa. La marcia nel deserto serve come quadro ed
occasione per descrivere l’itinerario spirituale del popolo di Dio
che rimpiange l’Egitto, protesta, si ribella e con il suo peccato fa
ritardare l’avanzata e si attira i castighi divini. Solo al
raggiungimento della conversione e purificazione Israele potrà
entrare nella Terra Promessa. Nel pensiero del tempo benedizione e
maledizione producevano rispettivamente salvezza e disgrazia. Far
scendere la benedizione del Signore sul suo popolo significava
invocare su di esso il suo nome perché lui stesso venisse a loro in
segno di salvezza. Tale salvezza si concretizzava nella sua
protezione, nell’essere propizio, nel donare la pace e la felicità.
Porre il nome del Signore sugli Israeliti vuol dire rendere Dio
presente e benevolo in mezzo al suo popolo.
Nella seconda lettura paolo dice che il tempo della venuta del
Messia si è realizzato con l’invio del Figlio che assume la natura
umana nel grembo di una donna. Gesù si inserisce in una precisa
realtà storica e si pone sotto la legge degli uomini. Il suo fine
non è però terreno, infatti viene a riscattarci dalla legge mosaica
per renderci figli di Dio. L’uomo che d’ora innanzi nascerà non sarà
più soltanto figlio dell’uomo, componente della famiglia umana e
membro di un popolo, ma diverrà, per la presenza liberatrice del
Cristo- fratello, figlio adottivo di Dio, componente della famiglia
dei santi e del popolo di Dio. Questa vicinanza nuova e inaudita di
Dio costituisce un nuovo popolo formato da figli (e non più da
servi) che possono rivolgersi a lui con lo scandaloso appellativo di
Abbà che è il termine con cui i bambini palestinesi chiamavano
affettuosamente il loro papà. Il nome di Dio è ora a noi svelato da
Cristo ed è “Padre” un nome non imperiale, né regale, ma familiare.
Nel vangelo Luca ci dà la descrizione dei pastori che vanno a
Betlemme. I pastori, gli umili, credono all’annuncio del cielo,
accolgono la parola dell’evento salvifico e si incontrano con
Cristo. Da questo incontro viene emanato da una forza irresistibile,
l’annuncio, la testimonianza e la lode a Dio.
Un altro profilo che si rileva in questo vangelo è racchiuso in
un’altra riga: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose,
meditandole nel suo cuore”. Maria, attraverso la luce della fede,
scopre il senso ultimo che si nasconde sotto le vicende spesso
misere e contraddittorie che lei e la sua famiglia stanno vivendo. È
la “sapiente” per eccellenza, cioè colei che sa penetrare nel
segreto profondo delle cose e sa intuire in esse un valore
simbolico, sa che esse parlano di un mistero più alto. Certo il
piccolo che ella stringe tra le braccia assomiglia a tutti i bimbi
che si affacciano alla vita piangendo ed agitandosi. Eppure,
attraverso la “meditazione”, Maria sa che dietro i lineamenti
terreni traspare un profilo non iscritto nella storia degli uomini,
nei loro codici genetici, nella loro limitazione di creature. Ed è
solo “meditando” che anche noi ritroviamo in noi stessi e nei nostri
fratelli il profilo simbolico di figli adottivi di Dio.
Secondo la legge Gesù viene circonciso. La circoncisione era il rito
mediante il quale si entrava a far parte del popolo eletto,
ricevendo un nome che esprimeva il compito che il nuovo membro
avrebbe assolto nell’Alleanza.
Nel popolo di Israele il nome è interamente unito alla persona:
indica la sua funzione e significa il suo destino. Per questo,
quando sceglie in modo speciale una persona, Dio le impone
direttamente il nome come nel caso di Abramo o di Isacco, Giovanni
Battista. Gesù significa “Dio salva” e quindi l’imposizione di
questo nome indica in Gesù un salvatore dai peccati del suo popolo.
Maria ha giustamente un grande rilievo nella Chiesa: è lei che ha
portato nel suo grembo Gesù, lo ha cresciuto, seguito fino alla
croce ed è divenuta la prima credente del nuovo Israele. Essa è
associata alla categoria dei “poveri di Yahweh”. Come costoro Maria
attende nell’umiltà e nella fede la venuta del messia salvatore:
essi sono l’Israele che cerca la salvezza non nel rispetto formale
della legge, ma nell’attesa della fede e della preghiera. Dio ama
questi poveri che hanno in lui la loro unica ricchezza e speranza e
Maria, per merito della sua povertà e della sua estrema umiltà, sarà
l’oggetto della più straordinaria delle grazie: la maternità del
Messia. In lei appare definitivamente chiaro che Dio sceglie le
realtà deboli di questo mondo per far risplendere la sua potenza.
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