SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

IX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

La prima lettura di oggi è tratta dal Deuteronomio, il quinto dei libri della Torah (Legge), base della fede ebraica. In Greco l’espressione Deuteronomio viene tradotta nella Bibbia dei LXX con “Seconda Legge” (Deutero = Secondo – Nomos = Legge), titolo piuttosto infelice perché fa immediatamente pensare a un altro codice legislativo dopo quello del libro dell’Esodo. Risponde meglio invece il titolo ebraico, “Le Parole”, cioè una collezione di omelie con la finalità di rendere viva l’alleanza di Israele con il suo Dio.
Il brano di oggi è un pressante invito a Israele perché rivolga nuovamente il suo amore al Signore e alla sua Legge. Nelle mani dell’uomo, secondo il Deuteronomio, è affidato il destino della benedizione divina nell’obbedienza o quello della maledizione nel rifiuto. Dalla duplice dimensione della “benedizione” e “maledizione” deriva l’idea delle due vie: la felice e l’infelice. La prima è chiamata vita, la seconda morte. La libertà è il grande dono ma anche il grande rischio sul quale l’uomo è chiamato a realizzarsi.

Nella seconda lettura Paolo dice che la legge data da Mosè è oramai insufficiente. Il vero atteggiamento corretto, quello che Paolo chiama “giustizia” intesa come attività salvifica di Dio, consiste nell’aprirsi all’amore gratuito di Dio, manifestato in Gesù. Da sempre Dio ha predisposto per noi peccatori uno strumento di giustificazione: Gesù che, espiando per noi gratuitamente, dando la sua vita, attraverso la sua redenzione ci libera dal peccato e ci porta il perdono di Dio. La Croce di Cristo è lo strumento della riconciliazione fra Dio e l’uomo. Per avere tutto ciò è sufficiente che abbiamo fede in lui.
L’ultima frase del brano di oggi è il fondamento di tutta la lettera ai Romani e della stessa dottrina di Paolo: «l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della legge». E’ il trionfo dell’atteggiamento della fede di fronte all’atteggiamento delle opere, di fronte al tentativo umano di chiudersi in se stesso credendo che la realizzazione della propria salvezza sia dipendente dalla natura stessa dell’uomo.
L’annuncio di Paolo, la buona notizia è proprio questa: poiché tu non sei capace di fare il bene, Dio ti viene incontro e crea in te la capacità di fare il bene. Dio rende l’uomo da nemico, amico, all’ira di Dio si contrappone la giustizia; il peccato merita l’ira, è vero, ma Dio dimostra la sua giustizia entrando nella vita del peccatore cambiandogli la testa e il cuore. Tutto ciò non può crearlo il rito, l’applicazione rigorosa della legge, la crea la grazia di Dio, l’intervento personale di Dio che si realizza nell’uomo per mezzo della fede in Gesù Cristo.

Nel brano evangelico, come nel Deuteronomio, l’accento è messo sull’impegno interiore. L’autenticità della fede è misurata dall’impegno vitale di fronte alla sua Parola, dallo sforzo dell’approfondimento della fede. Cristo ci richiama alla solidità, a cercare con l’aiuto dello Spirito, quell’unica sicurezza che può rendere incrollabile una fede saldamente ancorata alla roccia, anche nelle più gravi avversità e tentazioni.
«Chiunque ascolta queste mie parole». Nel linguaggio biblico “ascoltare” è più del semplice sentire, e anche più del comprendere, è anche agire. Implica un coinvolgimento totale della persona: dall’udire al comprendere e dalla comprensione alla vita. Ascoltare è insieme sentire e obbedire.
La roccia, la sabbia, la casa: la vera fede, l’idolatria, la morale. È attorno a questi temi radicali che il discorso di Gesù ci coinvolge. È attorno a questi temi che si verifica l’autenticità del nostro essere cristiani.
 

 

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