SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

IV DOMENICA DI QUARESIMA

 

Il tema della quarta domenica di quaresima è l’invito alla gioia; la tradizione della Chiesa l’ha denominata “Laetare” (Rallegrati). Il concetto fondamentale e dominante delle letture di oggi è: Cristo luce per le nostre tenebre, simbolo della condizione umana: la luce è identificata con la vita (nascere, venire alla luce). Le tenebre invece si identificano con la morte (morire, spegnersi). Avvolto nella tenebra l’uomo è cieco, preda della paura; il mondo è buio, non ha colore. Le prime luci dell’alba invece risvegliano la vita, la gioia. La luce è simbolo di Dio, luce di Verità, di Vita.

La prima lettura di oggi ci viene dal primo Libro di Samuele. Tema dei libri di Samuele è il passaggio dal governo federale di Israele, governo di tipo repubblicano, ad un governo monarchico centralizzato.
Samuele, seguendo le indicazioni divine, trova il nuovo re nella persona di Davide della tribù di Giuda. Davide non ha alcun merito, l’unzione è esclusivamente per puro amore e gratuità divina. Anche la sua consacrazione regale è una scelta di Dio nei confronti del “più piccolo”. Così lo Spirito scende su Davide, colui che in apparenza è il meno adatto tra gli otto figli di Iesse a guidare le guerre di liberazione che lo attendono.

Nella seconda lettura, Paolo descrive l’adesione a Cristo come un passaggio dalle tenebre alla luce. L’impegno di colui che in Cristo è diventato luce non è solo di fuggire il male o di compiere il bene, ma anche di denunciare le opere delle tenebre e di convincerle della loro colpevolezza, nel cristianesimo tutto deve essere luce.

Il Vangelo di Giovanni vuole farci cogliere il senso segreto di questo stupendo testo del cieco nato, visibile in tre componenti del racconto.
Le prime due componenti sono “la luce e l’acqua”, simboli divini per eccellenza. Gesù entra in scena con la proclamazione «Io sono la luce del mondo»: dice di essere la luce e lo dimostra dando la vista al cieco.
Gesù venne per portare la luce (la fede, la salvezza) a coloro che non vedono, cioè ai peccatori, e a portare la cecità (l’incredulità, la condanna) a coloro che vedono, ai farisei , ai puri, che credono e si illudono di vedere e che, proprio per questo, rimarranno ciechi.
Il terzo elemento è il riconoscimento del Cristo come uomo. Il nome della piscina, Siloe, significa “Inviato”, se il Cristo non fosse stato inviato, nessuno si sarebbe salvato dal peccato. Il cieco lavò dunque gli occhi in quella fonte che si traduce “Inviato”, fu battezzato cioè nel Cristo. Il primo itinerario di questo riconoscimento del Cristo come uomo («quell’uomo che si chiama Gesù»): il cieco andò, si lavò e tornò che ci vedeva; a Siloe egli si presenta come l’Inviato di Dio. Il cieco ormai veggente lo scopre anche come Profeta ma il vertice è nella scena finale quando quel povero è prostrato nell’adorazione di Gesù come Figlio dell’Uomo, il titolo messianico caro a Gesù, e come Kyrios, Signore, cioè Dio. E’ un cammino serio di catechesi che ogni credente deve percorrere soprattutto nel tempo quaresimale perché sappia dare ragione della speranza che è in lui.
A questo progressivo accostarsi verso la luce corrisponde negativamente il progressivo accecamento dei giudei, simbolo della incredulità e del rifiuto della fede. La cecità è, infatti, non essere disponibili a modificare la propria idea di Dio nella vita e, piuttosto che far saltare i propri schemi religiosi, essere disposti a negare l’evidenza. È la ostinata sicurezza di sé che porta alla negazione dell’evidenza, a non accettare che Dio può intervenire nella nostra vita.
Un uomo colpito da irrimediabile cecità, ai margini della considerazione sociale e religiosa, è la personificazione simbolica della condizione di peccato in cui si trova l’uomo non ancora “illuminato” da Cristo.
Il battesimo cristiano nella Chiesa dei primi secoli era detto “illuminazione”. Il battesimo è la nostra piscina di Siloe, il passaggio dalle tenebre alla luce, il momento della illuminazione.


 

 

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