IV DOMENICA DI QUARESIMA
Il
tema della quarta domenica di quaresima è l’invito alla gioia; la
tradizione della Chiesa l’ha denominata “Laetare” (Rallegrati). Il
concetto fondamentale e dominante delle letture di oggi è: Cristo
luce per le nostre tenebre, simbolo della condizione umana: la luce
è identificata con la vita (nascere, venire alla luce). Le tenebre
invece si identificano con la morte (morire, spegnersi). Avvolto
nella tenebra l’uomo è cieco, preda della paura; il mondo è buio,
non ha colore. Le prime luci dell’alba invece risvegliano la vita,
la gioia. La luce è simbolo di Dio, luce di Verità, di Vita.
La prima lettura di oggi ci viene dal primo Libro di Samuele. Tema
dei libri di Samuele è il passaggio dal governo federale di Israele,
governo di tipo repubblicano, ad un governo monarchico
centralizzato.
Samuele, seguendo le indicazioni divine, trova il nuovo re nella
persona di Davide della tribù di Giuda. Davide non ha alcun merito,
l’unzione è esclusivamente per puro amore e gratuità divina. Anche
la sua consacrazione regale è una scelta di Dio nei confronti del
“più piccolo”. Così lo Spirito scende su Davide, colui che in
apparenza è il meno adatto tra gli otto figli di Iesse a guidare le
guerre di liberazione che lo attendono.
Nella seconda lettura, Paolo descrive l’adesione a Cristo come un
passaggio dalle tenebre alla luce. L’impegno di colui che in Cristo
è diventato luce non è solo di fuggire il male o di compiere il
bene, ma anche di denunciare le opere delle tenebre e di convincerle
della loro colpevolezza, nel cristianesimo tutto deve essere luce.
Il Vangelo di Giovanni vuole farci cogliere il senso segreto di
questo stupendo testo del cieco nato, visibile in tre componenti del
racconto.
Le prime due componenti sono “la luce e l’acqua”, simboli divini per
eccellenza. Gesù entra in scena con la proclamazione «Io sono la
luce del mondo»: dice di essere la luce e lo dimostra dando la vista
al cieco.
Gesù venne per portare la luce (la fede, la salvezza) a coloro che
non vedono, cioè ai peccatori, e a portare la cecità (l’incredulità,
la condanna) a coloro che vedono, ai farisei , ai puri, che credono
e si illudono di vedere e che, proprio per questo, rimarranno
ciechi.
Il terzo elemento è il riconoscimento del Cristo come uomo. Il nome
della piscina, Siloe, significa “Inviato”, se il Cristo non fosse
stato inviato, nessuno si sarebbe salvato dal peccato. Il cieco lavò
dunque gli occhi in quella fonte che si traduce “Inviato”, fu
battezzato cioè nel Cristo. Il primo itinerario di questo
riconoscimento del Cristo come uomo («quell’uomo che si chiama
Gesù»): il cieco andò, si lavò e tornò che ci vedeva; a Siloe egli
si presenta come l’Inviato di Dio. Il cieco ormai veggente lo scopre
anche come Profeta ma il vertice è nella scena finale quando quel
povero è prostrato nell’adorazione di Gesù come Figlio dell’Uomo, il
titolo messianico caro a Gesù, e come Kyrios, Signore, cioè Dio. E’
un cammino serio di catechesi che ogni credente deve percorrere
soprattutto nel tempo quaresimale perché sappia dare ragione della
speranza che è in lui.
A questo progressivo accostarsi verso la luce corrisponde
negativamente il progressivo accecamento dei giudei, simbolo della
incredulità e del rifiuto della fede. La cecità è, infatti, non
essere disponibili a modificare la propria idea di Dio nella vita e,
piuttosto che far saltare i propri schemi religiosi, essere disposti
a negare l’evidenza. È la ostinata sicurezza di sé che porta alla
negazione dell’evidenza, a non accettare che Dio può intervenire
nella nostra vita.
Un uomo colpito da irrimediabile cecità, ai margini della
considerazione sociale e religiosa, è la personificazione simbolica
della condizione di peccato in cui si trova l’uomo non ancora
“illuminato” da Cristo.
Il battesimo cristiano nella Chiesa dei primi secoli era detto
“illuminazione”. Il battesimo è la nostra piscina di Siloe, il
passaggio dalle tenebre alla luce, il momento della illuminazione.
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