SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

II DOMENICA DOPO NATALE

 

 

La liturgia natalizia continua a proporci come suo tema centrale l’incarnazione, che è la grande svolta di Dio, il quale invia la Sapienza nell’interno del cosmo con una destinazione precisa: “fissare la sua tenda in mezzo a noi”.

Il brano della prima lettura di oggi è tratto da una celebre pagina del Siracide. Un sapiente vissuto agli inizi del II secolo a.C. Il testo ci presenta la Sapienza personificata che racconta la sua origine facendola risalire a prima dei secoli, e la sua storia. Essa viene da Dio, del quale è la Parola e lo Spirito. Ha collaborato alla creazione per poi lasciare il cielo e percorrere la terra per vivere con gli uomini, essa, infatti, è in tutte le realtà naturali. Infine, si è stabilita in seno al popolo eletto permettendo così, attraverso la storia di Israele, che si attuasse l’incontro di Dio con l’uomo.
Per il Siracide, la Sapienza che abita in Israele è la Scrittura, la Legge. Nell’ottica del Nuovo Testamento invece, prefigura già il Verbo, cioè Parola e Rivelazione di Dio. Questa è la grande svolta, l’incarnazione.
La Sapienza ha percorso il mondo intero, attraversa i cieli e le nubi come se andasse cercando un luogo di riposo fra i mortali, ed ecco che riceve l’ordine da Dio di stabilirsi: «fissa la tenda in Giacobbe» per trasformarsi in proprietà ed eredità di Israele. Alla radice della creazione, dell’elezione e dello stesso culto, c’è quindi, un intervento di Dio che spezza così la sua perfetta solitudine ed entra in contatto con le sue creature. La Sapienza conclude il suo discorso invitando i giudei a saziarsi dei suoi frutti.


La lettera agli Efesini ci presenta due brani distinti: nel primo Paolo rievoca il movimento di Dio verso l’uomo attraverso il Cristo, nel secondo definisce il nostro cammino verso Dio che descrive come una “conoscenza” che diventa sempre più profonda e cioè un’adesione di fede che comprende anche l’amore.
Paolo riassume, con forma solenne, liturgica, tutto ciò che il Padre ha fatto per noi mediante Cristo e che si realizza nello Spirito.
Nuova è la situazione del cristiano: il Padre ci ha prescelti e predestinati fin dall’eternità ad essere suoi figli; questo per sua volontà e grazie al suo amore per noi, manifestato mandandoci il suo unico Figlio: un atto assolutamente gratuito.
Il Cristiano è scelto e predestinato a questo per merito di Cristo, nella cui morte il credente ha ricevuto la redenzione, il perdono dei peccati, la conoscenza del mistero del Cristo e la sua eredità. Questi privilegi sono di tutti “voi e noi” cioè di pagani e giudei avendo tutti ricevuto, quale pegno dell’eredità, il dono dello Spirito.
Nell’ultima parte del brano di oggi Paolo parla ai fedeli dei propri sentimenti di gratitudine a Dio nei loro riguardi e del contenuto della sua incessante preghiera per il loro avanzamento nella conoscenza pratica dei doni concessi da Dio in Cristo, in modo che possano tendere all’eredità tra i santi.

Il Prologo del Vangelo di Giovanni annuncia il mistero dell’incarnazione collocando la sua origine nel mistero stesso di Dio. Dal momento in cui il Verbo si fa carne ed entra nel mondo, il mondo stesso diventa la sua casa.
Nella presentazione della Parola si distinguono tre fasi: la sua preesistenza , preesistenza reale e personale, esistenza in piena comunione con il Padre. Nella seconda fase si fa notare la sua venuta nel mondo degli uomini. Ne fu testimone il Battista la cui figura, in questo vangelo, non è essenzialmente quella del precursore di Cristo, come negli altri vangeli, ma piuttosto quella del testimone della luce vera che può illuminare il mistero umano. Tutta la ragione d’essere del Battista è in funzione della sua testimonianza. La funzione illuminatrice è propria del Logos. Contro la luce si erge l’opposizione delle tenebre. Subito dopo si parla dell’accettazione; riceverlo significa accogliere favorevolmente il rivelatore divino e le sue parole: è sinonimo di fede. La conseguenza di questa accoglienza favorevole è la filiazione divina, che è presentata come frutto della iniziativa divina e non come possibilità o decisione puramente umana.
Terza fase è l’incarnazione: «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». Il Logos, eternità di Dio è entrato pienamente nella storia umana. Come parte attiva di questa storia era già entrato nella sua prima venuta, nella creazione, quando Dio creò per mezzo della parola. L’incarnazione ha per fine ultimo la possibilità di offrire all’uomo di divenire figlio di Dio. È così che si costituisce la nuova famiglia di Dio a cui possono partecipare tutti coloro che aprono la loro esistenza alla fede al Cristo, «a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome».
Il Verbo si è fatto carne: la “carne” sta ad indicare la debolezza, la caducità, l’impotenza. La distanza infinita fra il Logos e la carne, uniti in Cristo, rivela l’infinito amore di Dio. Distanza infinita superata dall’amore infinito di Dio



 

 

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