II DOMENICA DOPO NATALE
La
liturgia natalizia continua a proporci come suo tema centrale
l’incarnazione, che è la grande svolta di Dio, il quale invia la
Sapienza nell’interno del cosmo con una destinazione precisa:
“fissare la sua tenda in mezzo a noi”.
Il brano della prima lettura di oggi è tratto da una celebre pagina
del Siracide. Un sapiente vissuto agli inizi del II secolo a.C. Il
testo ci presenta la Sapienza personificata che racconta la sua
origine facendola risalire a prima dei secoli, e la sua storia. Essa
viene da Dio, del quale è la Parola e lo Spirito. Ha collaborato
alla creazione per poi lasciare il cielo e percorrere la terra per
vivere con gli uomini, essa, infatti, è in tutte le realtà naturali.
Infine, si è stabilita in seno al popolo eletto permettendo così,
attraverso la storia di Israele, che si attuasse l’incontro di Dio
con l’uomo.
Per il Siracide, la Sapienza che abita in Israele è la Scrittura, la
Legge. Nell’ottica del Nuovo Testamento invece, prefigura già il
Verbo, cioè Parola e Rivelazione di Dio. Questa è la grande svolta,
l’incarnazione.
La Sapienza ha percorso il mondo intero, attraversa i cieli e le
nubi come se andasse cercando un luogo di riposo fra i mortali, ed
ecco che riceve l’ordine da Dio di stabilirsi: «fissa la tenda in
Giacobbe» per trasformarsi in proprietà ed eredità di Israele. Alla
radice della creazione, dell’elezione e dello stesso culto, c’è
quindi, un intervento di Dio che spezza così la sua perfetta
solitudine ed entra in contatto con le sue creature. La Sapienza
conclude il suo discorso invitando i giudei a saziarsi dei suoi
frutti.
La lettera agli Efesini ci presenta due brani distinti: nel primo
Paolo rievoca il movimento di Dio verso l’uomo attraverso il Cristo,
nel secondo definisce il nostro cammino verso Dio che descrive come
una “conoscenza” che diventa sempre più profonda e cioè un’adesione
di fede che comprende anche l’amore.
Paolo riassume, con forma solenne, liturgica, tutto ciò che il Padre
ha fatto per noi mediante Cristo e che si realizza nello Spirito.
Nuova è la situazione del cristiano: il Padre ci ha prescelti e
predestinati fin dall’eternità ad essere suoi figli; questo per sua
volontà e grazie al suo amore per noi, manifestato mandandoci il suo
unico Figlio: un atto assolutamente gratuito.
Il Cristiano è scelto e predestinato a questo per merito di Cristo,
nella cui morte il credente ha ricevuto la redenzione, il perdono
dei peccati, la conoscenza del mistero del Cristo e la sua eredità.
Questi privilegi sono di tutti “voi e noi” cioè di pagani e giudei
avendo tutti ricevuto, quale pegno dell’eredità, il dono dello
Spirito.
Nell’ultima parte del brano di oggi Paolo parla ai fedeli dei propri
sentimenti di gratitudine a Dio nei loro riguardi e del contenuto
della sua incessante preghiera per il loro avanzamento nella
conoscenza pratica dei doni concessi da Dio in Cristo, in modo che
possano tendere all’eredità tra i santi.
Il Prologo del Vangelo di Giovanni annuncia il mistero
dell’incarnazione collocando la sua origine nel mistero stesso di
Dio. Dal momento in cui il Verbo si fa carne ed entra nel mondo, il
mondo stesso diventa la sua casa.
Nella presentazione della Parola si distinguono tre fasi: la sua
preesistenza , preesistenza reale e personale, esistenza in piena
comunione con il Padre. Nella seconda fase si fa notare la sua
venuta nel mondo degli uomini. Ne fu testimone il Battista la cui
figura, in questo vangelo, non è essenzialmente quella del
precursore di Cristo, come negli altri vangeli, ma piuttosto quella
del testimone della luce vera che può illuminare il mistero umano.
Tutta la ragione d’essere del Battista è in funzione della sua
testimonianza. La funzione illuminatrice è propria del Logos. Contro
la luce si erge l’opposizione delle tenebre. Subito dopo si parla
dell’accettazione; riceverlo significa accogliere favorevolmente il
rivelatore divino e le sue parole: è sinonimo di fede. La
conseguenza di questa accoglienza favorevole è la filiazione divina,
che è presentata come frutto della iniziativa divina e non come
possibilità o decisione puramente umana.
Terza fase è l’incarnazione: «il Verbo si fece carne e venne ad
abitare in mezzo a noi». Il Logos, eternità di Dio è entrato
pienamente nella storia umana. Come parte attiva di questa storia
era già entrato nella sua prima venuta, nella creazione, quando Dio
creò per mezzo della parola. L’incarnazione ha per fine ultimo la
possibilità di offrire all’uomo di divenire figlio di Dio. È così
che si costituisce la nuova famiglia di Dio a cui possono
partecipare tutti coloro che aprono la loro esistenza alla fede al
Cristo, «a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare
figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome».
Il Verbo si è fatto carne: la “carne” sta ad indicare la debolezza,
la caducità, l’impotenza. La distanza infinita fra il Logos e la
carne, uniti in Cristo, rivela l’infinito amore di Dio. Distanza
infinita superata dall’amore infinito di Dio
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