SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

II DOMENICA DI AVVENTO

 

 

Per salvare il suo popolo dai pericoli esterni, il re Acaz segue una politica di alleanze fondata esclusivamente sulla ragione di stato, senza troppi scrupoli. Isaia denuncia il suo comportamento e volge lo sguardo profetico verso l’avvenire: preannuncia e promette al popolo un re discendente dalla stirpe di Davide, figlio di Iesse (il padre di Davide) e ci presenta quindi la figura del Messia e la sua opera restauratrice.
Al centro della scena del brano di oggi c’è un tronco tagliato ed inaridito, simbolo della conseguenza dei peccati e delle infedeltà della dinastia davidica. Ma ecco spuntare da questo tronco morto un germoglio, un inizio assolutamente inatteso, impossibile per le sole forze della natura, e quindi un dono gratuito di vita. Il virgulto è grazia, è dono di Dio, l’umanità sarebbe stata assolutamente incapace di farlo sbocciare dal suo seno. Il re-germoglio, diviene così la raffigurazione più adatta del Messia. L’immagine del ramoscello attira l’idea del vento, che, in ebraico, è espresso con lo stesso termine usato per lo spirito (“ruach”). Il vento è dunque simbolo dello Spirito che è effuso sul Messia in pienezza e totalità.
I doni dello spirito sono legati anzitutto alla funzione del re: “Sapienza e Intelligenza” (vedi Salomone) sono essenziali per il governo, così come “Consiglio e Fortezza” (di Davide), cioè la capacità di decidere e progettare per il benessere del popolo; “Conoscenza e Timore del Signore” (vedi i Patriarchi e i Profeti) si riferiscono invece all’atteggiamento di fede in Dio.
Queste tre coppie di doni per il governo del popolo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, conoscenza e timore del Signore, con l’aggiunta della pietà, diverranno i sette doni dello Spirito Santo della tradizione successiva.
La seconda parte dell’inno è dedicata alla descrizione dell’idillio di un nuovo paradiso in cui coppie antitetiche ed ostili si congiungono in una armonia indistruttibile e festosa. È il segno eloquente che il Paradiso, l’Eden di Genesi, non è tanto il racconto di qualcosa che è perduto, quanto il racconto di ciò per cui siamo stati creati.
Nella seconda lettura, Paolo fa allusione ai conflitti verificatisi tra i cristiani provenienti dal giudaismo, che avevano la pretesa di ritenersi superiori e privilegiati, e i cristiani provenienti dal paganesimo che, fedeli all’insegnamento di Paolo, non volevano sottomettersi alle pratiche giudaiche non essendo assolutamente, queste, una garanzia di salvezza.
Paolo esorta i cristiani a mantenere l’unità nelle comunità e per raggiungere questa unità egli accenna a testi della Bibbia nei quali si parla della “perseveranza” e della “consolazione”. La “consolazione” è un termine tecnico già dei profeti con il quale sono designate la liberazione di Israele e la sua costituzione come popolo. Un popolo umiliato non può trovare consolazione se non nella speranza della liberazione; questa speranza sarà un potente stimolo per lottare in vista della liberazione.
Cristo annuncia la donazione e il servizio nei confronti di tutti. Dobbiamo, perciò, “accoglierci gli uni gli altri” senza esclusione alcuna, senza disprezzo, ma arricchiti dagli “stessi sentimenti ad esempio di Gesù Cristo”.
Nella lettura evangelica, Matteo mette in rilievo l’aspetto di predicatore del Battista, che compie la sua missione secondo lo stile profetico. Egli esige la conversione. Convertirsi significa, nell’originale greco, cambiare mente e vita, cambiare strada; significa anche tensione, ricerca, decisione. La conversione predicata dal Battista richiede dunque un cambiamento radicale, totale, nella relazione con Dio che si deve tradurre nel « fare frutti degni di conversione». La verità è illustrata con l’esempio dell’albero: se è buono produce frutti buoni, degni dell’albero stesso; se l’albero non produce frutti buoni, è segno che non è buono e in questo caso sarà tagliato e buttato nel fuoco.
Il battesimo amministrato da Giovanni era come una purificazione e mirava già a una nuova vita con autentiche esigenze di vera conversione. Ora, se il Battista annuncia un nuovo battesimo, ugualmente necessario per i giudei come per i pagani, vuol dire che, davanti a Dio, tutti, giudei o pagani, si trovano nella identica condizione di indigenza. È a questa situazione porrà rimedio“colui che viene”, cioè il Messia, il cui potere è “nel battesimo dello Spirito”, fatto con l’effusione dello Spirito Santo, con la presenza immediata di Dio.
Come quando, terminato il raccolto, si vaglia il grano per riporlo nel granaio liberandolo dalla pula e come quando si tagliano e si bruciano gli alberi che non producono frutto, così il Messia smaschererà definitivamente il male celato sotto le molteplici ipocrisie umane e opererà una radicale purificazione delle coscienze, ripulendo e bruciando scorie e scarti di male e di peccato.
Cristo annuncia il giudizio e la giustizia senza contraffazioni: dobbiamo perciò “raddrizzare i nostri sentieri” orientando, attraverso la conversione, la nostra rotta, forse dispersa in itinerari secondari o errati.

 

 

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