II DOMENICA DI AVVENTO
Per
salvare il suo popolo dai pericoli esterni, il re Acaz segue una
politica di alleanze fondata esclusivamente sulla ragione di stato,
senza troppi scrupoli. Isaia denuncia il suo comportamento e volge
lo sguardo profetico verso l’avvenire: preannuncia e promette al
popolo un re discendente dalla stirpe di Davide, figlio di Iesse (il
padre di Davide) e ci presenta quindi la figura del Messia e la sua
opera restauratrice.
Al centro della scena del brano di oggi c’è un tronco tagliato ed
inaridito, simbolo della conseguenza dei peccati e delle infedeltà
della dinastia davidica. Ma ecco spuntare da questo tronco morto un
germoglio, un inizio assolutamente inatteso, impossibile per le sole
forze della natura, e quindi un dono gratuito di vita. Il virgulto è
grazia, è dono di Dio, l’umanità sarebbe stata assolutamente
incapace di farlo sbocciare dal suo seno. Il re-germoglio, diviene
così la raffigurazione più adatta del Messia. L’immagine del
ramoscello attira l’idea del vento, che, in ebraico, è espresso con
lo stesso termine usato per lo spirito (“ruach”). Il vento è dunque
simbolo dello Spirito che è effuso sul Messia in pienezza e
totalità.
I doni dello spirito sono legati anzitutto alla funzione del re:
“Sapienza e Intelligenza” (vedi Salomone) sono essenziali per il
governo, così come “Consiglio e Fortezza” (di Davide), cioè la
capacità di decidere e progettare per il benessere del popolo;
“Conoscenza e Timore del Signore” (vedi i Patriarchi e i Profeti) si
riferiscono invece all’atteggiamento di fede in Dio.
Queste tre coppie di doni per il governo del popolo: sapienza,
intelletto, consiglio, fortezza, conoscenza e timore del Signore,
con l’aggiunta della pietà, diverranno i sette doni dello Spirito
Santo della tradizione successiva.
La seconda parte dell’inno è dedicata alla descrizione dell’idillio
di un nuovo paradiso in cui coppie antitetiche ed ostili si
congiungono in una armonia indistruttibile e festosa. È il segno
eloquente che il Paradiso, l’Eden di Genesi, non è tanto il racconto
di qualcosa che è perduto, quanto il racconto di ciò per cui siamo
stati creati.
Nella seconda lettura, Paolo fa allusione ai conflitti verificatisi
tra i cristiani provenienti dal giudaismo, che avevano la pretesa di
ritenersi superiori e privilegiati, e i cristiani provenienti dal
paganesimo che, fedeli all’insegnamento di Paolo, non volevano
sottomettersi alle pratiche giudaiche non essendo assolutamente,
queste, una garanzia di salvezza.
Paolo esorta i cristiani a mantenere l’unità nelle comunità e per
raggiungere questa unità egli accenna a testi della Bibbia nei quali
si parla della “perseveranza” e della “consolazione”. La
“consolazione” è un termine tecnico già dei profeti con il quale
sono designate la liberazione di Israele e la sua costituzione come
popolo. Un popolo umiliato non può trovare consolazione se non nella
speranza della liberazione; questa speranza sarà un potente stimolo
per lottare in vista della liberazione.
Cristo annuncia la donazione e il servizio nei confronti di tutti.
Dobbiamo, perciò, “accoglierci gli uni gli altri” senza esclusione
alcuna, senza disprezzo, ma arricchiti dagli “stessi sentimenti ad
esempio di Gesù Cristo”.
Nella lettura evangelica, Matteo mette in rilievo l’aspetto di
predicatore del Battista, che compie la sua missione secondo lo
stile profetico. Egli esige la conversione. Convertirsi significa,
nell’originale greco, cambiare mente e vita, cambiare strada;
significa anche tensione, ricerca, decisione. La conversione
predicata dal Battista richiede dunque un cambiamento radicale,
totale, nella relazione con Dio che si deve tradurre nel « fare
frutti degni di conversione». La verità è illustrata con l’esempio
dell’albero: se è buono produce frutti buoni, degni dell’albero
stesso; se l’albero non produce frutti buoni, è segno che non è
buono e in questo caso sarà tagliato e buttato nel fuoco.
Il battesimo amministrato da Giovanni era come una purificazione e
mirava già a una nuova vita con autentiche esigenze di vera
conversione. Ora, se il Battista annuncia un nuovo battesimo,
ugualmente necessario per i giudei come per i pagani, vuol dire che,
davanti a Dio, tutti, giudei o pagani, si trovano nella identica
condizione di indigenza. È a questa situazione porrà rimedio“colui
che viene”, cioè il Messia, il cui potere è “nel battesimo dello
Spirito”, fatto con l’effusione dello Spirito Santo, con la presenza
immediata di Dio.
Come quando, terminato il raccolto, si vaglia il grano per riporlo
nel granaio liberandolo dalla pula e come quando si tagliano e si
bruciano gli alberi che non producono frutto, così il Messia
smaschererà definitivamente il male celato sotto le molteplici
ipocrisie umane e opererà una radicale purificazione delle
coscienze, ripulendo e bruciando scorie e scarti di male e di
peccato.
Cristo annuncia il giudizio e la giustizia senza contraffazioni:
dobbiamo perciò “raddrizzare i nostri sentieri” orientando,
attraverso la conversione, la nostra rotta, forse dispersa in
itinerari secondari o errati.
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