SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

 

La prima lettura di oggi tratta dal libro della Sapienza descrive l’amore di Dio per tutte le creature. La prima immagine che ci offre è quella del mondo intero paragonato, di fronte a Dio, ad una goccia di rugiada pronta ad evaporare, ed alla polvere finissima che si posa sui piatti della bilancia senza farla oscillare perché di peso nullo e che si elimina con un soffio.
Ecco quindi rivelata la grandezza di Dio: l’onnipotente che si dimostra tanto paziente verso i peccatori, che ha compassione di tutti e ama tutti perché tutto è stato creato da lui, tutto è frutto del suo amore. Egli non dà importanza al peccato affinché l’uomo abbia tempo di pentirsi e si trattiene dal castigo appena nota un piccolo segno di pentimento. Dio è presente in tutti gli esseri e li corregge quando sbagliano perché possano ricredersi e camminare sulla retta via.

Il motivo di questa lettera di Paolo ai Tessalonicesi sta nel fatto che l’apostolo vuole correggere l’errore di coloro che sono persuasi dell’imminenza della venuta del Signore: la parusia. I tessalonicesi, infatti, presi dalla febbre dell’attesa, si disimpegnano dalle realtà terrene e si dispensano dai loro compiti, il risultato è il disordine nella Chiesa.
Questa lettera è una lezione di realismo per i cristiani in una giovane Chiesa in crisi; i cristiani, pur essendo tesi verso l’avvenire, devono vivere e impegnarsi nel presente. Il brano di oggi indica come il cristiano deve concepire la venuta del Signore: una riunione con lui. Ciò che più interessa però è preparare quel giorno, per questo Paolo prega Dio affinché non venga mai meno nei fedeli la volontà del bene e l’efficienza della fede, non vengano sviati dalla giusta interpretazione delle sue parole e possano partecipare alla glorificazione del Signore.
Nella comunità di Tessalonica destava grande preoccupazione il problema dell’imminenza della “parusia” di Cristo. Lo stesso Paolo ha riconosciuto che essa non ha una data sicura; egli stesso è come qualsiasi altro cristiano, uno che attende sempre quel momento culminante dell’itinerario che conduce al regno di Dio, ma egli vuole avvertire che la fissazione delle date non è una questione importante e cruciale nel messaggio evangelico che egli ha trasmesso, quello che è importante è vivere l’attesa in maniera sempre costante e vigile.

Il Vangelo di Luca narra l’episodio di Zaccheo, pubblicano e peccatore, traditore del popolo, visto che lavorava per il potere occupante. Il danaro di un pubblicano era ritenuto contaminato dall’ingiustizia tanto da non poter entrare nella cassa dei poveri o nelle elemosine del tempio; questi gabellieri non avevano accesso ai pubblici uffici e non potevano fungere da testimoni in un processo. Da ciò si può capire quanto radicale fosse la condanna del comportamento di Gesù che fece entrare nella cerchia dei primi discepoli il pubblicano Matteo, che annunciò la sua dottrina a pubblicani e peccatori e condivise con essi la mensa, simbolo di condivisione, di compartecipazione, anzi di comunione. Condividendo la mensa Gesù mostrava, quindi, di non ritenersi contaminato, addirittura di sentirsi in comunione con quei peccatori.
Nell’episodio di Zaccheo il comportamento di Gesù fa crollare due barriere: quella per la quale i “giusti” escludevano per i peccatori la possibilità di ricevere la misericordia di Dio ritenendoli immeritevoli del perdono e quindi esclusi dalla possibilità di salvezza e quella per la quale la ricchezza non è ostacolo assoluto ad entrare nel regno di Dio.
Per quanto riguarda il primo punto Gesù dona la salvezza e per di più come realtà immediata, non solo promessa. Gesù è l’ “oggi” della salvezza dei peccatori e lo stesso avverrà per il buon ladrone sulla croce. Per quanto riguarda le ricchezze Gesù dimostra che ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio e anche il ricco Zaccheo entra nell’orbita del perdono e della salvezza di Cristo. Zaccheo, infatti, sentendosi amato da Gesù, entra in un nuovo orizzonte di amore: la parola di Gesù non rimane senza effetto.
Zaccheo scopre che accettare Gesù comporta un cambiamento di atteggiamento e di condotta, egli ha saputo ascoltare la parola che Gesù gli ha portato e si trasforma. Con questo gesto Zaccheo cambia dentro, è un gesto di giustizia che si ripercuote sulla sua famiglia. Dobbiamo però supporre che i suoi figli abbiano perduto qualche vantaggio economico, ma dobbiamo ammettere che Zaccheo ha lasciato loro la migliore delle eredità, per questo possiamo dire che, in quella casa, (in quella famiglia), è “entrata la salvezza” di Dio e Gesù stesso si trova in essa.
Il gesto esteriore del dare, come ogni gesto umano, è di per sé ambiguo. Il dono di un uomo chiuso in se stesso, tutto proteso alla affermazione di sé è egoismo camuffato è un dono “di facciata” fatto per interesse personale. La beneficenza molte volte può essere la copertura dello sfruttamento, anzi il mezzo per continuarlo. Il gesto di Zaccheo invece nasce da una “conversione” interiore, da un cambiamento di rotta, avvenuto nell’incontro con Gesù.
 

 

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