XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
La prima lettura di oggi tratta dal libro della Sapienza descrive
l’amore di Dio per tutte le creature. La prima immagine che ci offre
è quella del mondo intero paragonato, di fronte a Dio, ad una goccia
di rugiada pronta ad evaporare, ed alla polvere finissima che si
posa sui piatti della bilancia senza farla oscillare perché di peso
nullo e che si elimina con un soffio.
Ecco quindi rivelata la grandezza di Dio: l’onnipotente che si
dimostra tanto paziente verso i peccatori, che ha compassione di
tutti e ama tutti perché tutto è stato creato da lui, tutto è frutto
del suo amore. Egli non dà importanza al peccato affinché l’uomo
abbia tempo di pentirsi e si trattiene dal castigo appena nota un
piccolo segno di pentimento. Dio è presente in tutti gli esseri e li
corregge quando sbagliano perché possano ricredersi e camminare
sulla retta via.
Il motivo di questa lettera di Paolo ai Tessalonicesi sta nel fatto
che l’apostolo vuole correggere l’errore di coloro che sono persuasi
dell’imminenza della venuta del Signore: la parusia. I
tessalonicesi, infatti, presi dalla febbre dell’attesa, si
disimpegnano dalle realtà terrene e si dispensano dai loro compiti,
il risultato è il disordine nella Chiesa.
Questa lettera è una lezione di realismo per i cristiani in una
giovane Chiesa in crisi; i cristiani, pur essendo tesi verso
l’avvenire, devono vivere e impegnarsi nel presente. Il brano di
oggi indica come il cristiano deve concepire la venuta del Signore:
una riunione con lui. Ciò che più interessa però è preparare quel
giorno, per questo Paolo prega Dio affinché non venga mai meno nei
fedeli la volontà del bene e l’efficienza della fede, non vengano
sviati dalla giusta interpretazione delle sue parole e possano
partecipare alla glorificazione del Signore.
Nella comunità di Tessalonica destava grande preoccupazione il
problema dell’imminenza della “parusia” di Cristo. Lo stesso Paolo
ha riconosciuto che essa non ha una data sicura; egli stesso è come
qualsiasi altro cristiano, uno che attende sempre quel momento
culminante dell’itinerario che conduce al regno di Dio, ma egli
vuole avvertire che la fissazione delle date non è una questione
importante e cruciale nel messaggio evangelico che egli ha
trasmesso, quello che è importante è vivere l’attesa in maniera
sempre costante e vigile.
Il Vangelo di Luca narra l’episodio di Zaccheo, pubblicano e
peccatore, traditore del popolo, visto che lavorava per il potere
occupante. Il danaro di un pubblicano era ritenuto contaminato
dall’ingiustizia tanto da non poter entrare nella cassa dei poveri o
nelle elemosine del tempio; questi gabellieri non avevano accesso ai
pubblici uffici e non potevano fungere da testimoni in un processo.
Da ciò si può capire quanto radicale fosse la condanna del
comportamento di Gesù che fece entrare nella cerchia dei primi
discepoli il pubblicano Matteo, che annunciò la sua dottrina a
pubblicani e peccatori e condivise con essi la mensa, simbolo di
condivisione, di compartecipazione, anzi di comunione. Condividendo
la mensa Gesù mostrava, quindi, di non ritenersi contaminato,
addirittura di sentirsi in comunione con quei peccatori.
Nell’episodio di Zaccheo il comportamento di Gesù fa crollare due
barriere: quella per la quale i “giusti” escludevano per i peccatori
la possibilità di ricevere la misericordia di Dio ritenendoli
immeritevoli del perdono e quindi esclusi dalla possibilità di
salvezza e quella per la quale la ricchezza non è ostacolo assoluto
ad entrare nel regno di Dio.
Per quanto riguarda il primo punto Gesù dona la salvezza e per di
più come realtà immediata, non solo promessa. Gesù è l’ “oggi” della
salvezza dei peccatori e lo stesso avverrà per il buon ladrone sulla
croce. Per quanto riguarda le ricchezze Gesù dimostra che ciò che è
impossibile agli uomini è possibile a Dio e anche il ricco Zaccheo
entra nell’orbita del perdono e della salvezza di Cristo. Zaccheo,
infatti, sentendosi amato da Gesù, entra in un nuovo orizzonte di
amore: la parola di Gesù non rimane senza effetto.
Zaccheo scopre che accettare Gesù comporta un cambiamento di
atteggiamento e di condotta, egli ha saputo ascoltare la parola che
Gesù gli ha portato e si trasforma. Con questo gesto Zaccheo cambia
dentro, è un gesto di giustizia che si ripercuote sulla sua
famiglia. Dobbiamo però supporre che i suoi figli abbiano perduto
qualche vantaggio economico, ma dobbiamo ammettere che Zaccheo ha
lasciato loro la migliore delle eredità, per questo possiamo dire
che, in quella casa, (in quella famiglia), è “entrata la salvezza”
di Dio e Gesù stesso si trova in essa.
Il gesto esteriore del dare, come ogni gesto umano, è di per sé
ambiguo. Il dono di un uomo chiuso in se stesso, tutto proteso alla
affermazione di sé è egoismo camuffato è un dono “di facciata” fatto
per interesse personale. La beneficenza molte volte può essere la
copertura dello sfruttamento, anzi il mezzo per continuarlo. Il
gesto di Zaccheo invece nasce da una “conversione” interiore, da un
cambiamento di rotta, avvenuto nell’incontro con Gesù.
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