SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

 

La prima lettura di oggi sta ad indicare il valore e l’essenzialità della preghiera continua ed insistente e l’indispensabilità dell’aiuto di Dio. Per gli ebrei, l’annientamento degli Amaleciti è la risposta del Signore al loro appello fiducioso, per loro che escono da una condizione di schiavitù, l’unica giustizia pensabile è la distruzione di quelli che si oppongono al loro cammino verso la terra promessa. Se Dio nutre il suo popolo quando ha fame e lo disseta quando ha sete, lo assiste pure quando la sua esistenza è minacciata.
Questo brano ci dice che ciò che conta è la fede, non sono le cose che abbiamo che ci rendono più forti o più importanti o vincenti rispetto agli altri, ma è il nostro rapporto di fiducia, di buona relazione, di amore con Dio; è questa la differenza del cristiano rispetto agli altri. È questo il significato di Mosè che alza le mani al cielo.
L’esperienza del rapporto con Dio talvolta può risultare faticoso, perché Dio non lo vediamo, non sentiamo la sua voce; a volte, sembra contraddire le nostre richieste o essere sordo alla nostra voce è per questo che la preghiera, pur nella profondità della fede, può risultare faticosa. È una stanchezza che spegne la speranza ma è bella l’immagine che presenta questa lettura dove è la presenza dell’altro, in questo caso Aronne e Cur, che aiutano Mosè stanco di pregare.

Nella seconda lettura Paolo invita Timoteo a rimanere fedele all’insegnamento che ha ricevuto, fedele alla parola di Dio contenuta nelle Sacre Scritture: in esse è sicuro di trovare l’alimento della sua fede e la forza del suo ministero. La precisa conoscenza di queste sarà per lui un’arma efficace per combattere l’eresia, istruire e formare alla giustizia. Infine c’è un esplicito invito a non tralasciare alcuna occasione per insegnare a conformarsi alla parola di Dio.
L’avvertenza che Paolo fa è che bisogna esercitare una doppia vigilanza non parlando a vanvera, ma uniformando il proprio modo di insegnare alla natura di quello che si insegna “con ogni magnanimità e dottrina” e, d’altra parte, non lasciandosi sfuggire l’occasione favorevole e predicando “in ogni occasione opportuna e non opportuna”. Dunque Paolo non raccomanda a Timoteo di insegnare “secondo l’opportunità”, al contrario, l’apostolo avverte solennemente che Gesù Cristo è il Signore del tempo, che verrà alla fine dei tempi per giudicare l’operato dei suoi ministri e che, quindi, non tocca a loro fissare il tempo, il momento in cui la parola deve essere proclamata, insegnata e proposta agli uomini. Questo vuol dire l’apostolo con l’espressione “in ogni occasione opportuna e non opportuna”. Il pastore è perciò definito come uomo della Parola, annunciatore instancabile del messaggio divino.

Attraverso la parabola del Vangelo si impara che, se persino l’uomo più iniquo cede di fronte ad una supplica incessante, tanto più Dio, che è buono, ascolterà e salverà chi lo invoca giorno e notte. Dunque la preghiera ci propone due aspetti: la perseveranza e la certezza dell’ascolto.
La qualità fondamentale della vedova è la sua inarrestabile costanza che non conosce l’oscurità del cuore del giudice, la sua indifferenza e la durezza della sua ostilità.
L’altra dimensione, più propriamente teologica, è la certezza dell’ascolto. L’immagine del giudice che fa giustizia semplicemente perché seccato, ci aiuta a comprendere la situazione di Dio che, tutti i giorni, ascolta i gemiti dei giusti che lo supplicano. Se un giudice corrotto e ingiusto è pronto a cedere di fronte alla costanza di una vedova indifesa, quanto più lo farà il Giudice giusto e perfetto che è Dio.
Quanto al senso della drammatica ed inquietante domanda finale del brano, è che Gesù, vedendo la storia dell’indifferenza umana, delle freddezze, dell’incubo delle cose materiali, ci lancia sconsolato questo amaro interrogativo: “Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora fede sulla terra?”. Forse le voci che salgono dalla terra a Dio stanno diventando sempre più flebili, forse si stanno spegnendo. Il grande interrogativo è sapere si vi sarà fede sulla terra, fede perché gli uomini seguano la via di Gesù, fede perché superino le divisioni e gli antagonismi di classi sociali, fede perché la sofferenza diventi trasformante e il potere dei grandi diventi servizio in favore dei piccoli, fede per fare sì che gli uomini siano sempre aperti all’amore del Padre. Attraverso la fede, attraverso questa fiducia, la storia intera si può trasformare.
 

 

www.parrocchiasantifilippoegiacomo.it