SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

La liturgia di questa domenica denuncia la regola dell’arrivismo e dell’interesse e parla di virtù sconosciute: l’umiltà che sceglie l’ultimo posto, l’amore gratuito che sceglie gli ultimi.

Nella prima lettura l’autore esprime in termini molto concreti la condanna di ogni forma di orgoglio ed esalta l’umiltà, argomento centrale di questa lettura. La vera grandezza si rivela nell’umiltà dell’uomo che umilmente si apre alla sapienza. Infatti, quando l’uomo comincia a riconoscere i propri limiti, l’incertezza e l’insicurezza delle proprie convinzioni, l’insuccesso delle proprie fatiche, allora è disposto a ricevere la sapienza che Dio vuole rivelargli. Chi è umile sa apprezzare anche gli altri, chi invece si stima autosufficiente resta chiuso in se stesso e non si trova bene con nessuno. Solo l’umile arriva ad avere un’idea, anche se molto imperfetta, della distanza che passa tra la sua piccolezza umana e la grandezza di Dio. A differenza dell’orgoglioso che coltiva sentimenti di alterigia, di superbia e di autosufficienza, l’umile si mostra aperto e desideroso di acquistare la vera sapienza. L’atteggiamento dell’umile, che sa di porsi al livello di tutti gli uomini, non è solo una virtù umana, è anche una dote autenticamente religiosa: “troverai grazia davanti al Signore”.

Nel ricordo di Israele l’alleanza del Sinai è incorniciata in uno spettacolo affascinante ed insieme anche a tal punto terrificante che, chi ne avesse fatta l’esperienza, sperava che per lui non si ripetesse. L’antico popolo di Dio si trovava su un monte terreno, tangibile e palpabile, sebbene gli fosse proibito di toccarlo. In quel momento avvenivano le manifestazioni terribili e spaventose della natura: il fuoco, il turbine, l’oscurità e la tempesta. Al centro di questo scenario terrificante, la voce della tromba, la voce di Dio. Quella antica esperienza di Dio fu dominata dal terrore. Come poteva l’uomo trovarsi a suo agio di fronte a questa esperienza opprimente di Dio? La risposta giudaica fu: Dio aveva dato la legge sul Sinai; osservala e non temerai il giudizio di Dio. Ma la paura rimaneva.
In luogo della risposta giudaica l’autore presenta come ideale la risposta cristiana: noi non siamo sul monte santo, il Sinai, ma sul monte Sion, la città del Dio vivente, la Gerusalemme celeste, uniti a Dio, alle miriadi di angeli, all’assemblea dei primogeniti, agli spiriti di questi perfetti. Il monte sul quale si trovano i cristiani non è un monte inospitale, ma il monte Sion, il luogo della salvezza, non è un monte terrificante, ma perfettamente abitabile, la città di Gerusalemme, costruita dal Dio vivo.
Fra gli abitanti del cielo figurano tutti coloro che, pur vivendo ancora sulla terra, sono iscritti nel libro dei giusti, tutti i membri della comunità cristiana che, grazie al Figlio, hanno raggiunto la dignità di figli primogeniti di Dio. Sono presenti anche “gli spiriti dei giusti perfetti” cioè tutti i giusti dell’Antico Testamento, i personaggi esemplari per la loro fede. Il cristiano può giungere fino a questo luogo meraviglioso perché ha Gesù, il mediatore della nuova alleanza. Il Sinai sul quale fu data la legge è stato superato e sostituito.

Nel brano di Luca di oggi Gesù dà lezioni di umiltà e di carità. Egli accetta un invito a pranzo nel giorno di sabato presso uno dei capi dei farisei. Gli invitati sono persone convinte di avere diritto ai posti d’onore e Gesù racconta loro una parabola che va a colpire con grande forza la vanità di chi vuole primeggiare, e lo fa perché sa che Dio non si comporta in quel modo. Gesù raccomanda di accogliere gli ultimi e non i primi, perché è così che Dio desidera; ed anche perché gli ultimi, i bisognosi, quelli che non hanno nulla da offrire, possono solo ricevere e Dio si offre a loro, ad essi si rivolge per servirli. Nella parabola dell’invito al banchetto, per tutti, a qualunque grado della gerarchia sociale si trovino, scegliere l’ultimo posto significa usare il proprio posto per il servizio degli ultimi e non per il proprio dominio su di loro.
 

 

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