SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Il brano della prima lettura di oggi, dal libro della Sapienza, vuol fare capire agli ebrei, tentati dalla cultura greca, che la vera Sapienza viene da Dio. Nella mentalità greca la sapienza è il risultato dello sforzo della ragione umana, nella concezione giudaica invece questa è il frutto di un dono di Dio dato a chi si apre a lui,  infatti la Sapienza è troppo alta perché l’uomo possa conquistarla da solo con il suo sforzo. I piani di Dio non si possono conoscere se lui stesso non li rivela; l’uomo può conoscere la volontà di Dio, solo nel senso che può sapere quale essa è: non può conoscerla nel senso di possederla in modo definitivo e completo. Dunque la meta da raggiungere è la Sapienza, cioè la piena realizzazione dell’uomo in tutte le sue dimensioni e capacità.

 

La seconda lettura  ci racconta di Paolo che è in prigione e incontra Onesimo, uno schiavo fuggito dalla casa del suo padrone, Filemone appunto, un cristiano di Colossi. Paolo converte lo schiavo e questo diventa un fratello che collabora al suo apostolato: lo chiama infatti “figlio mio, che ho generato nelle catene”. Paolo lo rimanda al suo proprietario, ma scrive a quest’ultimo insistendo sul nuovo rapporto che deve ormai esistere tra padrone e schiavo. Giunge fino a suggerire la liberazione del fratello da parte del fratello. Il nuovo rapporto che Paolo annuncia fra gli uomini è basato sulla scoperta che Dio ama tutti in uguale misura. Senza combattere direttamente le strutture sociali, Paolo propone, in un caso concreto, un nuovo atteggiamento per il cristiano. Lo schiavo non è più considerato come una cosa, è una persona, di più: è un fratello nel Signore.

 

I primi uditori della predicazione di Gesù forse credettero che la sua buona novella potesse essere facilmente accolta, ma non era così, infatti Gesù sottolinea il carattere paradossale del suo vangelo. Per seguire Gesù bisogna rinunciare a tutto, anche ai valori ed ai legami più legittimi. In realtà, Luca ci vuole solo dire che l’amore dovuto a Dio non deve essere inferiore a quello che ci lega al proprio padre o ai familiari più intimi. Il cristianesimo è una scelta e di fronte a Cristo tutto il resto diventa relativo e di scarsa importanza. Seguire Cristo è una impresa dura e costosa che esige il distacco dall’amore della famiglia che si chiude nel suo egoismo e la rinuncia ad ogni vero dominio del denaro. Rinunziare agli averi non vuole dire disinteressarsi del mondo. Rinunziare vuol dire mettere tutto nella direzione del regno, usare le cose per il bene degli altri in un campo di amore aperto a chiunque sia bisognoso. La proprietà privata è cristiana nella misura in cui si mette al servizio della comunità umana.

Luca ripropone la sua teologia della povertà come radicale sequela di Gesù, che non è solo il gesto di un momento di generosità, è un impegno quotidiano e continuo. “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”. È con questo spirito che il cristiano autentico si incammina sulla difficile strada che Gesù per primo percorre.

 

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