SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Le letture bibliche di questa domenica ci aiutano a prende coscienza della nostra appartenenza a questa umanità ferita, abbandonata mezzo morta sul ciglio della strada, che il Cristo è venuto a salvare. Amare è mettersi al servizio degli altri nella misura dei loro bisogni e proprio lì dove oggi l’uomo è in molti ambienti depredato, messo a morte, dimenticato e trascurato.

 

Per Israele l’unica via di salvezza è la fedeltà all’alleanza: Dio salverà gratuitamente coloro che osservano fedelmente la sua legge. Però la lettura del Deuteronomio mette in risalto come il popolo ebraico abbia costantemente tradito la legge. Il nostro Dio “non è troppo alto né troppo lontano” da noi e la sua legge è molto vicina a noi. Si tratta allora di conoscere ed incarnare nella nostra vita la parola di Dio, che non è un’impresa ardua per l’uomo; Questa parola interiore, “molto vicina a te” è nella nostra bocca e nel nostro cuore e attende solo che si trasformi in opera, in scelta quotidiana: servire Dio, obbedendo ai suoi comandi, rispettando la sua volontà, non è un compito impossibile, superiore alle forze umane.

 

Colossi era una piccola città dell’Asia Minore a nord-est di Efeso dove si era formata una comunità cristiana. In questa comunità si erano infiltrate altre religioni. Per spiegare le leggi del mondo e della storia, si dà vita ad un sistema di spiriti intermediari fra Dio e la creazione, che presiedono alla vita del cosmo e si cerca di dominarli con culti e riti. Paolo vede il pericolo: si mette in dubbio l’autorità e la posizione suprema di Cristo ed  allora  ne contempla il posto nel destino del cosmo. Cristo domina tutto, egli è l’autore ed il capo dell’universo. Cristo è immagine di Dio perché riflette in una natura umana e visibile, l’immagine del Dio invisibile. Cristo è anteriore a tutto e al di sopra di tutto sia dell’universo che della storia della salvezza. Egli solo è la forza che fa vivere la Chiesa, suo Corpo: egli è il mediatore che riconcilia tutti gli esseri tra di loro e con Dio. L'universo non è guidato da fantasmi gnostici, ma da leggi create da Dio, leggi fisiche e morali.

 

La parabola evangelica ha un sapore profondamente cristologico. Il samaritano è Gesù. Nel suo amore si rivela e si realizza il grande amore di Dio per gli uomini. In questo modo l’amore al prossimo, che qui è raccomandato, deve essere interpretato come una continuazione dell’amore che Dio ci ha offerto.

Un sacerdote ed un levita, ossessionati da un comandamento che proibiva di rendersi impuri con il contatto del sangue prima di un sacrificio, dimenticano l’impegno fondamentale della carità e si allontanano dall’uomo picchiato dai briganti. Un samaritano, un uomo che i Giudei consideravano “senza legge”, nonostante l’antagonismo regionale e religioso, aiuta il proprio avversario perché riprenda forza e viva.

L’uomo della parabola di oggi è il simbolo di tutte le persone che soffrono. Gesù dice che il buon prossimo non cerca ragioni o pretesti né domande: semplicemente constata che esiste una miseria ed offre il suo aiuto.

Il sacerdote ed il levita, rappresentanti ufficiali dell’amore di Dio nella struttura religiosa israelita, sono espressione di un culto arido, non innervato nell’esistenza. Il loro stesso atteggiamento dimostra che quell’amore di Dio che essi rappresentano è una menzogna e che tutta la loro esistenza religiosa è un inganno. Il samaritano “razza dannata”, è trasformato in modello di vita secondo la legge dell’amore. Per il giudaismo il termine “prossimo” era riservato solo ad un gruppo ristretto di individui, Gesù invece invita a “diventare prossimo” indistintamente di tutti. Il prossimo nella cultura veterotestamentaria è il connazionale, il compagno di fede, il familiare, l’amico; invece, secondo il messaggio evangelico, il prossimo è anche lo straniero, l’uomo di fede diversa e di altra razza, persino il nemico.

Chiedersi chi sia il prossimo è in definitiva un falso problema: il prossimo è vicino a noi, visibile, bisogna essere capaci di vederlo; ma il vero problema è che “io” devo farmi prossimo a chiunque. Io devo andare incontro per primo con l’amore. Gesù, quindi, capovolge la domanda e il dottore della legge, che aveva una curiosità teologica da soddisfare, si è visto invitato a convertire se stesso. Il samaritano non si è chiesto chi era il ferito, si è fatto suo prossimo. Il samaritano è Gesù che si fa prossimo a noi sempre, in ogni caso e in ogni momento, sia quando ci rivolgiamo a lui in stato di necessità, sia quando ci allontaniamo da lui, quando diventiamo “eretici” nei suoi confronti. Il samaritano è un idolatra, ma proprio lui, un lontano da Dio, ha un gesto che esprime l’amore di Dio con tutto se stesso.

 

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