SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Le letture bibliche di questa Domenica ci ricordano che la Chiesa è missionaria. Ogni cristiano, in virtù del suo battesimo, è un inviato ad annunciare con la propria vita la presenza del Regno di Dio che si è fatto vicino.

 

La prima lettura è del profeta Isaia, il quale tenta di riaccendere la fiducia e la speranza nel popolo ebraico. I giudei avevano sognato una restaurazione gloriosa. L’esilio è passato, ma la sognata restaurazione della città non è ancora giunta. C’è delusione e l’entusiasmo della liberazione si spegne presto, regna un totale scetticismo, anche nei confronti di Dio. Ecco dunque l’annuncio di salvezza che ha come conseguenza un’esplosione di gioia.

Gerusalemme è presentata come madre che nutre al proprio petto le sue creature. È l’amore di Dio che, come una madre ricolma di “consolazioni” il proprio figlio (il popolo eletto) con il dono di se stesso. La pace e la gioia appena annunciate sono però riservate esclusivamente ai “servi” del Signore.

 

La seconda lettura di oggi conclude la lettera di san Paolo ai Galati che ci ha accompagnato in queste domeniche. Paolo ricapitola il proprio vangelo: non è la circoncisione né l’incirconcisione che contano, ma la nuova creazione, che ha avuto inizio con la morte di Gesù sulla croce. Qui non si tratta di non farsi circoncidere; il problema è più profondo, e consiste nel fatto che i Galati non vogliono capire che sono entrati a far parte della nuova creazione che assume le distanze sia dalla circoncisione che dalla incirconcisione. Egli ha rinunciato a tutte le pratiche giudaiche mediante le quali, prima della conversione, sperava di garantirsi la salvezza e ora è entrato in una nuova esistenza, quella dello Spirito di Cristo, ha fatto sua la croce di Cristo e solo di questa si gloria. Paolo sa bene che non c’è altra via di salvezza al di fuori della croce, lui che porta anche nel proprio corpo i segni delle sofferenze ricevuti nell’esercizio della sua attività apostolica nel quale ha accettato di soffrire per Cristo, è come uno schiavo di Cristo che porta sul suo corpo il tatuaggio del suo Signore. Nessuno, dunque, osi toccarlo, per non esporsi alla vendetta del suo padrone.

 

Oggi il vangelo secondo Luca ci dice che la missione non è riservata ai dodici, ma richiede la partecipazione di tutti. Il numero degli inviati non ha alcun riferimento, vuole solo intendere l’universalità della missione, cioè “di tutti”. Gesù invia tutti i discepoli ad annunciare il suo messaggio di pace, di fraternità, di salvezza. Essi lavoreranno in spirito di comunità, confideranno nell’aiuto di Dio e saranno “come agnelli in mezzo a lupi”: non c’è missione senza persecuzione, senza sofferenza, senza croce. Essi saranno portatori di pace ed annunzieranno il “Regno di Dio”. L’annuncio del Regno è anche minaccia di giudizio per coloro che si chiudono con ostinazione e l’esempio di Sodoma. Non devono infine lasciarsi travolgere da un facile entusiasmo di fronte al successo,  Cristo chiama per mandare. L’essere discepolo di Gesù non è un privilegio per sé, ma un servizio per il regno di Dio. Ciò che conta più di tutto è essere stati scelti dal Padre, essere membri del Regno: felicità, questa, che supera ogni riuscita missionaria.

L’annuncio è per tutti, ma non tutti lo accolgono; la verità non ha alcuna relazione con la quantità di persone che la accetta, non si misura con il suo successo. La verità non è sempre accettata, troppo spesso è scomoda, difficile e capovolge equilibri, situazioni o traguardi faticosamente raggiunti; non per questo va comunque taciuta. La libertà dell’uomo va però sempre rispettata, l’annuncio resta un dovere per il cristiano, non un obbligo per chi lo riceve.

 

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