XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Le letture bibliche di questa Domenica ci invitano a meditare su un
tema affascinante, che si può riassumere in due parole: “libertà” e
“sequela” di Cristo. Nella sua totale obbedienza alla volontà del
Padre Gesù realizza la propria libertà offrendo se stesso per amore.
Egli ha vissuto la sua libertà come servizio, dando così il giusto
senso a questo concetto che altrimenti sarebbe rimasto vuoto:
possibilità di fare o di non fare qualcosa.
Anche nella nostra vita la libertà trae senso dall’amore, si è tanto
più liberi quando più ci si spende nel servizio, questo è quello che
riempie la nostra vita, donando l’amore che abbiamo ricevuto. Dunque
la libertà cristiana è sequela di Cristo nel dono di sé, nel farsi
servo dei fratelli fino al sacrificio della Croce. Può sembrare un
paradosso, ma il culmine della sua libertà il Signore l’ha vissuto
sulla croce, come vertice dell’amore.
La prima lettura racconta la chiamata di Eliseo. Elia getta su
Eliseo il suo mantello, simbolo del carisma profetico, della sua
personalità, della sua missione e dei suoi poteri; gli trasmette
così il suo spirito profetico gettandolo sulle spalle dell’eletto
come una specie di investitura. Eliseo sa ciò che è avvenuto in lui,
sarà il successore di Elia e, ubbidendo alla voce divina, lascia
tutto e segue il profeta. Ma ad Eliseo è lasciato un arco di tempo,
la sua richiesta di salutare il padre e la madre viene accolta da
Elia, il quale però sottolinea con la frase “Và e torna, perché sai
bene cosa ho fatto per te, l’impegno di servizio al Signore cui
Eliseo è chiamato.
Questo abbandono e questa rottura con il passato sono simboleggiati
bene dal sacrificio della coppia di buoi, cucinati sul fuoco
prodotto dall’aratro, cioè si congeda dai parenti con un banchetto
in cui significativamente si consumano gli attrezzi del suo lavoro.
Distruggendo l’aratro e uccidendo due buoi, Eliseo sottolinea la
rinunzia al suo primo stato.
Nel brano della lettera ai Galati, Paolo fa un pressante invito a
restare liberi dalle osservanze giudaiche. “Cristo ci ha liberati
per la libertà”, cioè Cristo, con la sua passione e morte, ci ha
liberati dalla schiavitù dell’osservanza dei riti e delle formali
pratiche giudaiche. Questa nuova libertà è la vocazione del
cristiano che dà la capacità di portare a compimento la legge
distruggendo il proprio egoismo e facendolo aprire all’amore verso
gli altri, a quell’amore reciproco che permette di mettersi al
servizio del prossimo. L’essere giustificati dalla legge (e quindi
di esserne schiavi), è un’illusione, un tentativo di eliminare lo
scandalo della Croce, annullare cioè la grazia della salvezza. La
libertà così concepita permette al cristiano di vivere secondo lo
Spirito e di contrastare efficacemente i desideri della carne.
L’espressione “carne” in Paolo, ha un significato esistenziale:
l’uomo - carne è l’uomo abbandonato alle sue forze, è l’uomo senza
Cristo, chiuso in se stesso, irrimediabilmente prigioniero del
proprio egoismo; mentre l’uomo - spirito è l’uomo che, interpellato
da Dio, gli risponde con la fede e cammina in coerenza del proprio
“sì” alla sua parola. “Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza
in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Chi
segue Cristo è veramente un uomo libero dalla schiavitù del potere,
del denaro, del sesso, dei beni, delle cose, libero dalla sua
materialità, libero da se stesso.
Il vangelo ci presenta Gesù che decide di salire a Gerusalemme dove
si compirà il suo mistero. I samaritani rifiutavano il passaggio ai
pellegrini giudei che andavano al tempio di Gerusalemme poiché essi
non riconoscevano questo santuario. Questo rifiuto offre a Gesù il
motivo per un insegnamento sulla pazienza, fa capire ai suoi
discepoli che Egli rifiuta ogni intolleranza. I discepoli accettando
con pazienza il rigetto dei samaritani (nemici religiosi), che non
li vogliono accogliere, camminano sulla via di Gesù pur senza
comprenderla. Le loro menti sono piene dell’immagine
dell’apocalittica popolare e vendicativa e vogliono usare il potere
di Dio per il proprio vantaggio: chiedono il fuoco dal cielo sui
samaritani. Questo atteggiamento persiste ancora in molti di noi
quando affrontiamo il male del mondo, quando ci sentiamo oppressi
dalle ingiustizie, leviamo la nostra voce ed esigiamo fuoco dal
cielo dimenticando però che la via di Gesù è diversa.
La seconda parte del brano dice che la predicazione del Regno è la
prima urgenza. Per essa si deve rinunciare ad ogni possesso e
liberarsi dai legami umani. È necessario l’abbandono del passato, la
rinunzia al proprio primo stato. Questo però, non va inteso in
maniera così radicale, infatti, il distacco dalle cose e dagli
affetti non significa che non possiamo vivere da uomini, né
tantomeno fare la vita dei barboni, Gesù ci chiede di essere liberi,
non possiamo essere schiavi delle cose che possediamo e dei nostri
legami. Essere discepoli suppone tagliare con il passato e occuparsi
di una vita nuova in totale adesione alla persona di Cristo. In
questa prospettiva, il “lascia che i morti seppelliscano i loro
morti” ci trasmette una verità consolante. Il regno è superiore alla
famiglia: l’amore di Dio sorpassa tutti gli strati dell’amore per i
fratelli e per i genitori. Perciò, di fronte alle esigenze di Gesù,
è necessario superare tutti i piani della vita dell’uomo nel mondo
|