SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 

Le letture bibliche di questa Domenica ci invitano a meditare su un tema affascinante, che si può riassumere in due parole: “libertà” e “sequela” di Cristo. Nella sua totale obbedienza alla volontà del Padre Gesù realizza la propria libertà offrendo se stesso per amore. Egli ha vissuto la sua libertà come servizio, dando così il giusto senso a questo concetto che altrimenti sarebbe rimasto vuoto: possibilità di fare o di non fare qualcosa.
Anche nella nostra vita la libertà trae senso dall’amore, si è tanto più liberi quando più ci si spende nel servizio, questo è quello che riempie la nostra vita, donando l’amore che abbiamo ricevuto. Dunque la libertà cristiana è sequela di Cristo nel dono di sé, nel farsi servo dei fratelli fino al sacrificio della Croce. Può sembrare un paradosso, ma il culmine della sua libertà il Signore l’ha vissuto sulla croce, come vertice dell’amore.
La prima lettura racconta la chiamata di Eliseo. Elia getta su Eliseo il suo mantello, simbolo del carisma profetico, della sua personalità, della sua missione e dei suoi poteri; gli trasmette così il suo spirito profetico gettandolo sulle spalle dell’eletto come una specie di investitura. Eliseo sa ciò che è avvenuto in lui, sarà il successore di Elia e, ubbidendo alla voce divina, lascia tutto e segue il profeta. Ma ad Eliseo è lasciato un arco di tempo, la sua richiesta di salutare il padre e la madre viene accolta da Elia, il quale però sottolinea con la frase “Và e torna, perché sai bene cosa ho fatto per te, l’impegno di servizio al Signore cui Eliseo è chiamato.
Questo abbandono e questa rottura con il passato sono simboleggiati bene dal sacrificio della coppia di buoi, cucinati sul fuoco prodotto dall’aratro, cioè si congeda dai parenti con un banchetto in cui significativamente si consumano gli attrezzi del suo lavoro. Distruggendo l’aratro e uccidendo due buoi, Eliseo sottolinea la rinunzia al suo primo stato.
Nel brano della lettera ai Galati, Paolo fa un pressante invito a restare liberi dalle osservanze giudaiche. “Cristo ci ha liberati per la libertà”, cioè Cristo, con la sua passione e morte, ci ha liberati dalla schiavitù dell’osservanza dei riti e delle formali pratiche giudaiche. Questa nuova libertà è la vocazione del cristiano che dà la capacità di portare a compimento la legge distruggendo il proprio egoismo e facendolo aprire all’amore verso gli altri, a quell’amore reciproco che permette di mettersi al servizio del prossimo. L’essere giustificati dalla legge (e quindi di esserne schiavi), è un’illusione, un tentativo di eliminare lo scandalo della Croce, annullare cioè la grazia della salvezza. La libertà così concepita permette al cristiano di vivere secondo lo Spirito e di contrastare efficacemente i desideri della carne. L’espressione “carne” in Paolo, ha un significato esistenziale: l’uomo - carne è l’uomo abbandonato alle sue forze, è l’uomo senza Cristo, chiuso in se stesso, irrimediabilmente prigioniero del proprio egoismo; mentre l’uomo - spirito è l’uomo che, interpellato da Dio, gli risponde con la fede e cammina in coerenza del proprio “sì” alla sua parola. “Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Chi segue Cristo è veramente un uomo libero dalla schiavitù del potere, del denaro, del sesso, dei beni, delle cose, libero dalla sua materialità, libero da se stesso.
Il vangelo ci presenta Gesù che decide di salire a Gerusalemme dove si compirà il suo mistero. I samaritani rifiutavano il passaggio ai pellegrini giudei che andavano al tempio di Gerusalemme poiché essi non riconoscevano questo santuario. Questo rifiuto offre a Gesù il motivo per un insegnamento sulla pazienza, fa capire ai suoi discepoli che Egli rifiuta ogni intolleranza. I discepoli accettando con pazienza il rigetto dei samaritani (nemici religiosi), che non li vogliono accogliere, camminano sulla via di Gesù pur senza comprenderla. Le loro menti sono piene dell’immagine dell’apocalittica popolare e vendicativa e vogliono usare il potere di Dio per il proprio vantaggio: chiedono il fuoco dal cielo sui samaritani. Questo atteggiamento persiste ancora in molti di noi quando affrontiamo il male del mondo, quando ci sentiamo oppressi dalle ingiustizie, leviamo la nostra voce ed esigiamo fuoco dal cielo dimenticando però che la via di Gesù è diversa.
La seconda parte del brano dice che la predicazione del Regno è la prima urgenza. Per essa si deve rinunciare ad ogni possesso e liberarsi dai legami umani. È necessario l’abbandono del passato, la rinunzia al proprio primo stato. Questo però, non va inteso in maniera così radicale, infatti, il distacco dalle cose e dagli affetti non significa che non possiamo vivere da uomini, né tantomeno fare la vita dei barboni, Gesù ci chiede di essere liberi, non possiamo essere schiavi delle cose che possediamo e dei nostri legami. Essere discepoli suppone tagliare con il passato e occuparsi di una vita nuova in totale adesione alla persona di Cristo. In questa prospettiva, il “lascia che i morti seppelliscano i loro morti” ci trasmette una verità consolante. Il regno è superiore alla famiglia: l’amore di Dio sorpassa tutti gli strati dell’amore per i fratelli e per i genitori. Perciò, di fronte alle esigenze di Gesù, è necessario superare tutti i piani della vita dell’uomo nel mondo
 

 

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