SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Con la liturgia odierna, dopo una lunga interruzione riprende il Tempo Ordinario. Questo è un tempo favorevole per prendere coscienza del nostro impegno cristiano, è il tempo in cui la vita nello Spirito è destinata ad approfondirsi e concretizzarsi allo scopo di condurci ad una matura e consapevole scelta di Dio. La liturgia della parola ci invita a riflettere sulla nostra situazione di vita e a chiedere al Signore di donarci un cuore nuovo, un cuore capace di chiedere perdono per ricevere l’amore del Padre.
Nel brano della prima lettura, il re Davide commette dapprima adulterio con Betsabea, moglie di Uria ed in aggiunta, non riuscendo ad ingannare quest’ultimo nel tentativo di farlo credere il padre del bambino che dovrà nascere, lo fa uccidere. Natan, il portavoce di Dio, gli annuncia il meritato castigo. A questo punto però Davide, non si appella al suo potere regale, anzi si spoglia dalle difese dell’arroganza del potere e confessa umilmente la sua colpa e si pente: “Ho peccato contro il Signore”. Allora Natan, pronuncia a nome del Signore la sua assoluzione: “Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai”. Natan ci annuncia che Dio non pensa al castigo, anche se meritato, ma che il peccatore ottiene il perdono, quando con umiltà si rivolge a Dio. In questo caso, Davide non ha disprezzato solo la Parola del Signore, ma tutto quello che il Signore ha fatto per lui, i suoi ricchi doni, per esaudire il capriccio di un solo istante. Il Signore perdona, ma non ignora che è anche necessaria l’espiazione: il figlio nato dalla relazione morirà.
Nella seconda lettura, Paolo enuncia la base del suo vangelo: la “giustificazione” per fede, non per le opere della Legge. Per i giudei la Legge serve all’uomo per garantirsi, tramite l’obbedienza ad essa e la sua scrupolosa osservanza, il diritto alla ricompensa. Paolo dice che è falso, perché altrimenti Cristo sarebbe morto invano. Cristo, che è stato condannato in base alla legge, con la sua morte ci ha liberati dalla legge. La legge infatti aveva ormai assolto il suo compito di preparare la venuta di Cristo. Il cristiano deve essere un tutt’uno con Cristo e Paolo infatti dice: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Questo è il fondamento della dottrina di Paolo. Nel linguaggio usato da Paolo, la “giustificazione” non si ottiene matematicamente con la pratica dei comandamenti, anche se essi sono di origine divina. La legge continua ad avere il suo valore ma non può essere rivale di Dio come era il caso pratico di tanti giudei, per i quali la “Toràh” era quasi una incarnazione divina. Se la presenza di Dio nell’uomo fosse il risultato di uno sforzo puramente umano, sarebbe annullata la grazia di Dio. La fede invece è un dono gratuito e solo attraverso la fede che può venire la nostra liberazione. Ed ecco allora nascere la nuova vita operata da Cristo. All’uomo liberato dal suo peccato subentra il perdono, alle opere della legge (che non salvano), la fede che giustifica.
Nel vangelo di oggi Luca pone l’accento sulla misericordia ed il perdono di Dio. Il contesto della scena è un banchetto dove Gesù è invitato a pranzo da un fariseo e lì giunge, ad onorare Gesù, anche una prostituta pentita. Luca mette a confronto il comportamento della peccatrice e quello del fariseo nei riguardi di Gesù. La prima è mossa da un sentimento di amore e di fede per la quale troverà il perdono; il fariseo no, perché fedele alle sue norme di moralità ristretta, condanna la donna, e giudica Gesù che si lascia trattare in quel modo. Egli è il tipo di uomo che si crede giusto, ha una buona reputazione, mentre noi siamo tutti peccatori; ma la sua giustizia, la sua buona reputazione gli fanno disprezzare gli altri. Gesù invece interpreta l’atteggiamento della donna come un effetto del suo amore, come espressione di gratitudine per essere stata compresa e perdonata, infatti Gesù dice: “sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”. Gesù sta dicendo che talvolta si compiono molti peccati, ma quello che conta è saperli espiare con l’amore. Il perdono è in proporzione del pentimento mosso dall’amore. Un peccatore che ama è più vicino al perdono di un falso “giusto” che rinunzia orgogliosamente ad ogni gesto di amore. |
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