SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

SANTA FAMIGLIA DI GESU', MARIA E GIUSEPPE

 

 

La festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe ha una propensione pastorale: fare della famiglia di Nazaret il modello delle famiglie cristiane. Purtroppo, nella famiglia non sempre vige la pace e la serenità, essa passa attraverso la sofferenza e le difficoltà: le crisi per il lavoro, la separazione, l’emigrazione, ecc..

In ogni famiglia vi sono gioie e sofferenze, in essa maturano avvenimenti lieti e tristi per ciascuno dei suoi membri e la Chiesa partecipa a questi avvenimenti della vita familiare: conforta ed incoraggia le famiglie che consapevolmente si impegnano a vivere secondo il Vangelo, perché essa è la prima cellula della società e della Chiesa, Dio l’ha creata a sua immagine e ha affidato all’uomo il compito di crescere, di moltiplicarsi, di riempire la terra e di sottometterla.

 

Nell’Antico testamento, le caratteristiche della famiglia erano: la pace, l’abbondanza di beni materiali, la concordia e la discendenza numerosa: segni della benedizione del Signore. La legge fondamentale era l’obbedienza, segno e garanzia di benedizione e prosperità per i figli e il modo per onorare Dio nei genitori.

In questa prima lettura, troviamo un’altra santa famiglia biblica, quella di Anna e Elkanà, che dopo aver ottenuto la grazia di un figlio, Samuele, lo conduce al tempio di Silo (il tempio di  Gerusalemme non esisteva ancora) per cederlo al Signore. C’è un legame tra questa lettura dell’Antico Testamento e il vangelo, che consiste nel tema del pellegrinaggio familiare al tempio. In entrambi i testi, il bambino trova nel tempio un luogo d’appartenenza più forte della casa dei genitori, ma mentre Anna cede Samuele al Signore “per tutti i giorni della sua vita”, nel vangelo è Gesù a prendere l’iniziativa di staccarsi dai genitori per rimanere, temporaneamente, nel tempio.

 

Nella seconda lettura Giovanni annuncia, con un grido di entusiasmo, la figliolanza divina che il Padre ci ha donato, conseguenza del rapporto di figliolanza tra Dio Padre e il Figlio Gesù: in Cristo anche noi siamo figli di Dio, “e lo siamo realmente!”. Da questa verità centrale della vita cristiana discende un nuovo modo di dimorare in Dio: non si tratta più di salire al tempio, ma di osservare il comandamento dell’amore, allora il nostro stesso corpo diventa dimora dello Spirito.

 

La scena del vangelo odierno ci propone Gesù che dopo aver celebrato con i suoi genitori i giorni della festa, a loro insaputa, rimane nel tempio. Dopo tre giorni di angosciosa ricerca Maria e Giuseppe lo ritrovano mentre interroga e discute con i dottori della legge. È significativo che la liturgia per parlare della santa Famiglia come modello di tutte le famiglie, proponga il racconto di un momento critico della vita familiare, una situazione in cui il figlio prende per la prima volta autonomia rispetto ai genitori, provocando in questi sconcerto e ansia. Questo è quello che di fatto avviene in tutte le famiglie: è naturale che crescendo ogni figlio tenda ad allontanarsi dal vincolo dei propri genitori, ed è altrettanto naturale che i genitori siano preoccupati e ne soffrano, infatti, il testo esprime con forza sia lo strappo fatto da Gesù alla tutela dei genitori, sia il turbamento e l’incomprensione di Maria e Giuseppe.

Gesù ha mostrato che il suo rapporto con Dio è unico e non paragonabile a nessun altro e, stando per tre giorni a insegnare nel tempio di Gerusalemme, ha dato segni profetici della missione a cui il Padre lo ha inviato. Ma affermare che deve obbedire al Padre più che ai genitori terreni, non significa che non debba stare loro sottomesso. Gesù adolescente che sta sottomesso a Maria e Giuseppe nell’ordinarietà della vita dà il primo esempio di quell’umiltà nel servizio che egli praticherà e predicherà per tutta la vita.

 

 

 

 

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