SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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NATALE DEL SIGNORE
Il mistero grande della natività di Gesù in mezzo a noi, della sua “venuta”, è celebrato dalla chiesa con tre messe distinte. La prima, quella della notte, ha come tema la generazione eterna del verbo; la seconda, quella dell’aurora, il suo farsi luce per noi; infine, nella messa del giorno, quella su cui riflettiamo, il suo venire ad abitare in mezzo a noi.
Nella prima lettura, leggiamo le parole di consolazione che declinano il lieto annuncio. Esso afferma la signoria di Dio, il suo ritorno. L’azione potente di Dio è dinanzi ai popoli, dinanzi alle nazioni.
La lettera agli Ebrei riconosce esplicitamente il privilegio concesso da Dio ad Israele, col costituirlo depositario delle sue rivelazioni. Ma il fatto stesso che quelle annunziavano una rivelazione definitiva, dimostrava il loro carattere preparatorio ed imperfetto. La parola divina venne comunicata, “molte volte e in diversi modi”, cioè un poco per volta ed in molte volte, per mezzo di molti uomini, nel corso di molti secoli, in attesa di Colui che la doveva compiere in modo perfetto. L’autore oppone passato e presente per indicare il compiersi del tempo, il compiersi della salvezza nell’avvento del Figlio, impronta della sua sostanza. Ad ammaestrare e condurre il popolo d’Israele, Dio aveva scelto i profeti cominciando da Mosè e gli angeli stessi erano stati adoperati nella proclamazione della Legge e nell’alta direzione del popolo. Nella economia definitiva uno solo è il Rivelatore della Verità ed il Conduttore del popolo di Dio, ma esso è infinitamente superiore ai profeti, agli angeli ed a Mosè, poiché egli è il Figlio stesso di Dio. Infatti, trattandosi di Rivelazione, l’autore polemizza contro l’angeologia giudaica e l’esplicita volontà di affermare la superiorità ed eccellenza di Cristo rispetto a ogni creatura celeste: “Lo adorino tutti gli angeli di Dio”. Cristo è il Profeta per eccellenza, il Rivelatore ultimo e definitivo della verità divina e lo è in virtù della sua natura stessa, anche prima di venire nel mondo con l’incarnazione, il Figlio è il rivelatore del Padre.
Il testo evangelico ci propone il prologo di Giovanni perché questo brano ci aiuta a capire che cosa significa il Natale, ci aiuta a comprendere che il Natale è l’incarnazione del Verbo. Questo testo ci rivela che quel bambino venuto al mondo è la Parola stessa di Dio, è il Figlio vivente in Dio dall’eternità, come confessiamo nella nostra professione di fede: “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero…”. Il prologo è come una dossologia, una parola di sintesi e di gloria sul Natale, poiché in esso vi è un chiaro movimento finalizzato a narrarci chi è la Parola, il Logos di Dio. Gesù Cristo è il Verbo di Dio fatto carne, e cioè la parola di Dio che ha preso una forma umana, e ha vissuto un’esistenza come la nostra. La rivelazione di Dio è un avvenimento dentro la storia, che contiene l’amore di Dio. Gesù rivela l’amore di Dio donando l’amore, amando, servendo, dando vita agli uomini. Quindi la verità non è una questione di parole, ma è tutta la vita di Gesù che è verità, perché in quello che Gesù ha detto e ha fatto noi abbiamo toccato l’amore di Dio per noi. La verità in Giovanni ha un’importanza fondamentale ed è la rivelazione del mistero di Dio come mistero di amore, è una rivelazione di autenticità, qualche cosa che riconosciuta dall’uomo trasforma la sua vita perché gli permette di vedere le cose, la vita e gli altri in una prospettiva nuova. Dunque, la verità è la rivelazione di Dio, che ci è resa possibile attraverso la carne di Gesù che è la nostra carne, Egli porta la nostra carne, noi siamo il suo corpo, chiamati a diventare Dio. Dunque la liturgia oggi annuncia una grande gioia: “E’ nato il nostro Salvatore”, Cristo Signore, questa è la nostra certezza, questo è il messaggio nuovo carico di speranza in questo mondo che rischia di non sperare più, una luce per questa società che sembra sprofondare nelle tenebre.
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