SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
||
IV DOMENICA DI AVVENTO
Alle soglie del Natale è la figura di Maria, Madre del Signore, che ci viene incontro con le parole del suo cantico, il Magnificat. Maria rende grazie e magnifica Dio per quello che ha compiuto in lei: Ella, per grazia di Dio, è diventata madre, una maternità verginale.
Nella prima lettura ascoltiamo la profezia di Michea sulla nascita di Gesù. Egli precisa il luogo da cui uscirà il Salvatore: da Betlemme, la “feconda”, questo il significato etimologico di Efrata. Betlemme è la più piccola fra le città di Giuda, definita dalla tradizione ebraica la troppo piccola per essere messa in conto tra le città di Giuda, in particolar modo con Gerusalemme, famosa e forte. Questo piccolissimo villaggio avrà l’onore di dare i natali al Messia promesso dai profeti, a colui che estenderà il suo regno di pace fino “agli estremi confini della terra”.
La seconda lettura tratta dalla lettera agli Ebrei, afferma che è in forza della sua obbedienza che Gesù Cristo ha meritato a noi il perdono dei peccati e ci ha salvati. La corporeità del Figlio di Dio che ha assunto la nostra natura, sovverte la logica del sacrificio e dell’offerta così come la legge mosaica l’ha elaborata. Per l’incontro degli uomini con Dio, occorreva nel disegno di Dio un uomo che fosse “pienamente e totalmente uomo, ad eccezione del peccato”. Il Concilio di Calcedonia (451) ha proclamato l’unità di Cristo nelle due nature, sottolineando la vera umanità di Gesù. Tale definizione sarà difesa dalla Chiesa, nel corso dei secoli, contro coloro che attribuivano a Cristo soltanto le apparenze umane. È importante capire che il figlio di Maria è veramente uomo, uomo che nasce a Betlemme, che sarà bambino, avrà fame e sete, lavorerà, avrà compassione, proverà gioia. Cristo, figlio di Maria e figlio di Dio, è entrato nella nostra storia così piena di lotte, prove, speranze, e vi rimane: egli è il “Dio con noi”.
Il vangelo ci presenta l’incontro tra Maria ed Elisabetta. La missione di Maria è la maternità messianica, maternità che avviene attraverso la sua verginità. La verginità, per l’Antico Testamento, è una condizione di umiliazione, perché la realizzazione di una donna è nella maternità. La verginità è una forma di debolezza, di impotenza, di non possibilità di realizzazione di un’esistenza. Ora, questa verginità, che dal punto di vista biologico esprime una impossibilità alla maternità, paradossalmente diventa la condizione della maternità di Maria. Ora, per il fatto che Maria è figura e modello della chiesa, la sua missione diventa la missione della chiesa. Maria riceve il dono di Dio e ne diventa portatrice, nella casa di Zaccaria entra il dono di Dio, la gioia, l’esultanza e la salvezza che vengono da Dio. Maria, entrando in casa di Elisabetta suscita gioia, la gioia messianica. La chiesa porta Cristo e portando Cristo, suscita la gioia, la gioia messianica che viene dal Signore. Anche Giovanni Battista compie nel seno di sua madre una specie di danza, un movimento gioioso, Elisabetta riferisce: “il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo”. È significativo il fatto che Giovanni, che sta vivendo il primo incontro con Gesù, come gli rende testimonianza, cioè con gioia, Giovanni rende testimonianza a Gesù esultando per Lui. Con il Magnificat, Maria riconosce che a lei appartiene solo l’umiltà, mentre la grandezza appartiene a Dio. Quando Maria dice: “ha guardato l’umiltà della sua serva”, non vuole dire ha visto che io sono umile e quindi mi ha premiata, ma significa: “ha visto la mia povertà”. E il Signore ha guardato l’umiltà, la debolezza, la povertà, la condizione socialmente irrilevante di Maria e, come fa usualmente, ha innalzato quello che era piccolo e ha dato forza a quello che era debole.
|
||
www.parrocchiasantifilippoegiacomo.it |