SCHEDE DI LITURGIA A CURA DI ANTONIO RAIA |
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III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
La Parola di Dio che la Chiesa proclama si è fatta carne in Cristo, Figlio di Dio, maestro e redentore di tutti gli uomini. La Chiesa è sempre in religioso ascolto della Parola di Dio, in essa risuona tutta la verità ed è in essa che la Chiesa oggi come sempre ritrova la sua identità.
La prima lettura ci manifesta il rapporto fra la Parola di Dio e la comunità. Neemìa ci dice che il popolo di Dio per ricostruirsi dopo lo sfacelo dell’esilio ricerca la sua più profonda identità e unità nella parola di Dio, infatti, dal racconto di Neemìa, si evince che si sta celebrando una liturgia della Parola. L’assemblea è costituita dal popolo radunato, uomini, donne e bambini. Questo significa che la Parola di Dio è per tutti e assume un valore pieno quando è proclamata davanti a tutti. Il motivo di questo raduno è che intorno alla sua Parola il Signore vuole costituire il suo popolo, animarlo con le sue promesse, unirlo con la sua legge per ridargli un’identità. È da sottolineare il contesto di questa liturgia entro cui si colloca la proclamazione della Parola di Dio. Quando la Parola è annunciata l’uomo non sta davanti a un libro, ma davanti a Dio; non si tratta di accogliere delle parole ma di accogliere il Dio vivente nelle sue parole.
La seconda lettura ci parla di Cristo capo della Chiesa, il quale unifica la molteplicità e diversità delle membra in un solo corpo, è lui che unendo con la sua parola viva le menti e i cuori crea l’unità della fede. La ragione della molta diversità che si nota nella natura dei doni, come nella loro distribuzione sta nel fatto che i credenti formano nella loro pluralità un Corpo solo, le cui molte membra, come quelle del corpo umano, hanno tutte una funzione da compiere per il bene comune. Paolo da questo insegnamento sui carismi perché vede che c’è un’esagerata ammirazione dei Corinzi per alcuni di questi doni più brillanti, come il poco conto in cui tenevano quelli meno brillanti. L’Apostolo li richiama alla mutua stima che deve regnare fra i membri diversamente dotati della Chiesa di Cristo. Ma Paolo mira in particolar modo a coloro che non erano contenti del loro dono e guardavano con invidia ai loro fratelli dotati di carismi più brillanti. Nessun membro deve sentirsi disprezzato o negletto perché non ha uno dei doni più in vista, così come coloro che hanno carismi più brillanti non devono montare in superbia. Le diverse membra devono essere animate di una medesima sollecitudine, le une per il bene delle altre.
L’evangelista Luca iniziando il suo vangelo si preoccupa di segnalarci che ha deciso di scrivere un racconto ordinato risalendo fino agli inizi, perché il suo lettore, Teofilo, colui che ama Dio, possa rendersi conto della fondatezza degli insegnamenti che ha ricevuto, quindi delle solide ragioni della nostra fede. Ma se uno ama Dio, questo vangelo è stato scritto anche per lui. All’inizio ci sono stati degli avvenimenti; questi sono sperimentati e conosciuti da alcune persone, i testimoni oculari, che sono divenuti ministri della Parola, in quanto prima hanno visto, poi hanno annunciato. Hanno poi steso un racconto degli avvenimenti; Luca ora prende questo materiale della tradizione e ne costruisce un racconto ordinato. Gesù inizia il suo ministero in Galilea, una regione di nessuna importanza che era stata pagana fino a 150 anni prima di Cristo, poi si era reintrodotta nella vita religiosa di Israele, ma aveva conservato alcune infiltrazioni di paganesimo; a Gerusalemme era considerata con un pò di disprezzo. In questi versetti Luca c’introduce nel ministero di Cristo in Galilea, “Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere”. È questa una prova della pia educazione che Gesù aveva ricevuto, la frequentazione della sinagoga dove aveva partecipato alle celebrazioni durante trenta anni, fu senza dubbio un mezzo importantissimo per il suo sviluppo religioso ed intellettuale. “Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa”. Questo testo parla dei poveri, dei prigionieri, dei ciechi e degli oppressi, rispecchia la situazione della gente di Galilea. Gesù, con le parole di Isaia, espone il suo programma profetico: annunciare la Buona Notizia ai poveri, proclamare la libertà ai prigionieri, restituire la vista ai ciechi e la libertà agli oppressi. Proclama un anno di grazia del Signore, un anno di giubileo. Terminata la lettura, Gesù attualizza il testo allacciandolo alla vita della gente dicendo: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. L’ “oggi” sta ad indicare che gli ultimi tempi sono iniziati, che la storia degli uomini sta attraversando un momento eccezionale di grazia. Ma alcuni rimasero stupiti ed ammirati, altri rimasero scandalizzati e non volevano saperne più di lui. Gli abitanti di Nàzaret non vedono che un aspetto di Gesù: il figlio di Giuseppe. A partire da questo episodio, sappiamo che il titolo di “profeta” per Gesù significa il rifiuto e la passione, infatti Gesù prosegue per la sua strada che lo porterà a Gerusalemme.
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