SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

III DOMENICA DI QUARESIMA

 

Nella prima lettura, vediamo il manifestarsi della divina misericordia attraverso l’esperienza di Mosè, il suo incontro con Dio al roveto ardente, la rivelazione qui avuta del suo Nome. Infatti, se la rivelazione del Nome è comunicazione di Dio, della sua identità ineffabile, va altrettanto sottolineato come colui che si dà a conoscere è il Dio che agisce nella storia. La sua è un’azione compassionevole e misericordiosa. La rivelazione del Nome ha come ragione profonda la condivisione viscerale della vicenda del popolo che egli si è scelto. Ne ha veduto la miseria, ne ha udito il grido, ne conosce la sofferenza; ed ecco, in risposta, Dio si manifesta, si rivela per soccorrerlo e salvarlo: “Io sono colui che sono…Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe”. Dio manda Mosè a liberare il suo popolo dalla mano dell’Egitto e farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso. Un popolo liberato è un popolo in conversione.

 

Anche la seconda lettura rievoca Mosè e l’antico esodo, l’antica liberazione collegandola a Cristo, autentica sorgente di cibo e di bevanda spirituale. La vita del popolo nel deserto al tempo di Mosè, l’impossibilità per quella generazione di entrare nella terra promessa, ammonisce Paolo, è scritta a nostra correzione. Occorre, infatti, agire in maniera diversa da come agirono gli israeliti, tenersi lontani dalla loro mormorazione. Come al popolo d’Israele non fu sufficiente passare il mar rosso, cibarsi della manna e dissetarsi all’acqua della roccia per essere fedele a Dio (insorsero infatti contro di lui e furono castigati), così al nuovo popolo di Dio, a noi, non basta essere battezzati e aver partecipato alla mensa del corpo e sangue di Cristo per entrare nel regno della promessa, ma l’iniziativa misericordiosa e salvifica di Dio, che allora come ora ci conduce e ci parla nel deserto, chiede in risposta un’autentica conversione.

 

La lettura evangelica di questa domenica, propone una parabola della misericordia. Nella prima parte, Gesù risponde su due fatti di cronaca: alcuni Galilei, pellegrini a Gerusalemme per adorare Dio, vengono fatti uccidere da Pilato mentre offrivano i loro sacrifici; poi l’improvviso cedere della torre di Siloe che seppellisce diciotto cittadini. Sono quelle domande che anche oggi noi seguitiamo a farci in occasione di eventi drammatici o catastrofici: perché accadono certe cose? Perché muoiono tante persone? Che colpe hanno? Gesù rifiuta di giudicare quelli che sono stati colpiti dalla disgrazia e risponde che non c’è un accanimento punitivo quasi che alcuni siano più peccatori di altri. Piuttosto occorre che tutti si convertano. Troviamo quindi la parabola del fico sterile che è preceduta da questo forte appello alla conversione la quale, implica un cambio di direzione, la rottura di una mentalità orientata verso il peccato.

Nella parabola il padrone del campo chiede che il fico sia tagliato. Colui che lo coltiva, il vignaiolo, chiede di lasciarlo ancora un anno, cioè costui si fa carico della sterilità del fico. Nella richiesta, e nella cura promessa  sta la metafora della misericordia. Il vignaiolo, nel tentativo di salvare il fico dalla scure, s’impegna a lavorare perché il fico porti frutto: lo zappa tutt’attorno e gli mette il concime. A fronte di questo continuo rimandare la conversione, c’è sempre il Signore che si fa carico della nostra sterilità.

Viene dunque concessa un’ultima possibilità, il tempo si prolunga e questo è un segno di misericordia, non assenza di giudizio e quindi c’è ancora un anno, l’ultimo anno. Il tempo si prolunga perché c’è uno che intercede, Cristo, ultimo mediatore tra Dio e gli uomini, il quale ci provvede del tempo necessario, ci da un’opportunità aggiuntiva di ravvedimento e conversione.

Il digiuno, la preghiera, la carità di questo tempo quaresimale sono l’acqua per le radici e la cura con cui si sollecita questa pianta sterile a produrre frutti abbondanti. Il digiuno, la preghiera e le opere di carità sono il percorso che ci consente di acquisire la consapevolezza del nostro peccato. Tutto ciò non per abbatterci, ma per accrescere la fiducia nella misericordia del Signore.

 

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