SCHEDE DI LITURGIA

A CURA DI ANTONIO RAIA

 

II DOMENICA DI QUARESIMA

 

Quando Dio irrompe nella vita di un uomo la cambia radicalmente sconvolgendo tutti i suoi piani e chiede fiducia nelle sue proposte. A coloro che accettano con fiducia il suo piano, Dio si lega con un solenne vincolo di alleanza.

 

Nella prima lettura vediamo come Dio stringe un’alleanza con Abramo confermandoci la sua fedeltà; se noi veniamo meno egli non viene meno: si è impegnato di persona nel suo Figlio dato per noi. Dio promette ad Abramo una discendenza e una terra. Abramo non ebbe figli e difficilmente ne avrebbe potuto avere uno e questa esigenza diventò un problema così grande da portargli via ogni conforto. Così anche Abramo riceve da Dio un segno di speranza: Dio gli indica il numero sterminato delle stelle per rivelar­gli l’immensità della sua futura discendenza. Abramo si prepara all’incontro, la sua scelta è quella di  rischiare sulla parola di Dio: “Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia”. Questo versetto sottolinea la fede di Abramo che credette alla promessa del Signore.

Abramo divide le bestie nel mezzo secondo un cerimoniale già consolidato nell’Antico Oriente, secondo cui, quando si stipulava un pat­to o un’alleanza fra due parti, si compiva anche un rito simbolico. Tale rito consisteva nel tagliare in due parti uno o più animali; in mezzo agli animali squartati e posti su due file, passavano i contraenti del patto. Il significato era che il trasgressore del patto avrebbe fatto la stessa fine di quegli animali.

Gli uccelli rapaci che calavano sui cadaveri, sono simbolo dei pericoli che minacceranno l’alleanza; essi però sono scacciati dalla fede di Abramo. Ma, sopraggiunta la notte, un sonno profondo cade su Abramo e il Signore passa in mezzo agli animali divisi, sotto il simbolo del fuoco (forno e fiaccola) . E’ lui solo ad impegnarsi solennemente nei confronti di Abramo, e questo è affermato per ricordarci che l’alleanza è soprattutto dono che nasce dalla libera e gratui­ta iniziativa divina e che comprende, la promessa della terra e della discendenza.

 

Nella seconda lettura, Paolo scrive ai Filippesi, i quali rappresentano la gioia e l’onore dell’apostolo, in quanto stanno fermi nella fede. Paolo è stato lo strumento della loro conversione ed essi erano la sua corona d’onore. Questa lettera oggi è indirizzata a noi, l’apostolo vuole rassicurarci: “La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”. La fede e la fiducia nelle promesse di Dio sono condizione indispensabile per arrivare alla meta della trasfigurazione pasquale che anticipa e prefigura la trasfigurazione di tutto l’uomo nella gloria finale. Chi invece ripone fiducia solo nei propri mezzi e nella propria potenza non ha né futuro, né speranza e conoscerà il giudizio negativo di Dio, ossia il proprio fallimento.

 

Il Vangelo ci parla della Trasfigurazione del Signore che è manifestazione anticipatrice della gloria del Risorto. Mosè ed Elia parlano con lui del prossimo “esodo” che dovrà sostenere a Gerusalemme. La scelta di questi due uomini, i più grandi ed i più gloriosi servi di Dio, fu accuratamente fatta dalla saggezza divina: Mosè incarna la Legge ed Elia rappresenta i profeti. “La legge ed i profeti” preparano e annunciano così, per mezzo dei loro rappresentanti, l’Unto del Signore la cui venuta essi l’avevano già predetta attraverso i secoli, e ciò in presenza dei discepoli Pietro, Giovanni e Giacomo, i quali rappresentano la Chiesa del Nuovo Testamento, che doveva venire poi edificata su Gesù. In queste persone vediamo la Legge, i Profeti e gli Apostoli, i rappresentanti dell’Antico e Nuovo Testamento, unirsi per rendere omaggio al Profeta di Nazaret, come al loro Signore, e per tributargli gloria in cielo e sulla terra.

Luca ci dice che Mosè ed Elia parlano con Gesù della sua dipartita, della morte che lo aspettava in Gerusalemme, ma anche della sua risurrezione. Morte e risurrezione non sono casuali, ma sono annunciate e profetizzate da tutto l’Antico Testamento.

A questo punto, tutto ad un tratto: una nube avvolse Cristo, Mosè ed Elia, ed essi sparirono interamente dalla vista degli Apostoli. Fu dalla nube, secondo la testimonianza di tutti i Sinottici, che la voce di Dio giunse ai discepoli: “Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo”. È la rivelazione dell’identità di Gesù fatta da Dio stesso, il riconoscimento di un legame unico che lega Gesù di Nazaret, a Dio, è colui nel quale Dio, come Padre, si riconosce. Questa proclamazione è accompagnata da un imperativo: “Ascoltatelo”. Poi Gesù restò solo, cioè senza la presenza di quella consolazione che Mosè e Elia gli portavano.

Gesù inizia il suo cammino verso Gerusalemme rafforzato dalle consolazioni del Padre; e tuttavia lo farà da solo, col peso della croce dove la sofferenza è ben presente e sperimentabile, la gloria invece è futura e affidata unicamente alla fedeltà di Dio.

 

 

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