LA DONNA NEL TEMPO

A CURA DI  IRIS E LUCIA

Le donne raccontate dall'apostolo Paolo: Febe

«Vi raccomando Febe, nostra sorella, diacono della Chiesa di Cencre, una delle due località portuali presso Corinto, situata nella parte orientale dell’istmo (sul lato occidentale c’era l’altro porto, quello di Lecheo): ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti, e assistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch’essa infatti ha protetto (protettrice) molti, e anche me stesso» (Rm 16,1-2).

 

Il fatto che sia la prima a ricevere l’indirizzo di saluto dell’Apostolo attesta certamente la rilevanza del suo ruolo nella comunità cristiana. Il suo nome significa «luminosa, splendente», e sarà lei quasi certamente colei che porterà personalmente a Roma la lettera di Paolo.

Viene chiamata «nostra sorella», un termine comunemente utilizzato per le donne cristiane ed indica familiarità di rapporto all’interno della cerchia cristiana e, nel contesto, è segno anche di una grande autorevolezza.

L’Apostolo, con toni caldi e fraterni, si premura affinché la comunità l’accolga nel modo più ragguardevole, secondo lo stile dell’ospitalità cristiana – «nel Signore» – e aggiunge: «Assistetela in qualunque cosa possa aver bisogno di voi; anch’essa infatti è stata protettrice di molti e anche di me» (Rm 16,2).

La parola «protettrice» (prostátis) ricorre solo qui nel Nuovo Testamento. Paolo non si vergogna di confessare che ha beneficiato dell’aiuto di una generosa patrona, anzi le riserva profonda gratitudine. Nel contesto delle difficoltà incontrate dall’Apostolo durante sua permanenza a Corinto (più di un anno e mezzo), Febe si è rivelata una vera amica, degna del nome che porta: luminos, splendente.

L’Apostolo le attribuisce inoltre il titolo di «diacono» della Chiesa di Cencre (diakonos) che tanto fa discutere, se pensiamo che con il medesimo termine Paolo designa anche il proprio ministero a servizio del Vangelo.

Febe è dunque una donna piuttosto ricca, a capo di una comunità che si riuniva nella sua casa, una donna di responsabilità e impegno in una comunità complessa e multietnica quale era Cencre, il porto orientale di Corinto.

Il fatto che Paolo inizi la sezione finale della lettera ai Romani raccomandando Febe a quella comunità,  fa ritenere che fosse lei l’incaricata di recapitare la lettera stessa. In realtà non conosciamo il motivo del suo viaggio a Roma; alcuni commentatori suppongono che abbia avuto da sistemare alcuni affari legati al suo lavoro.

 Febe è un diacono della chiesa di Cencre. Questo secondo titolo è stato oggetto di molte discussioni. Innanzitutto si tratta di un sostantivo che serve invariato sia al maschile che al femminile (perciò non è pienamente corretto tradurlo con “diaconessa”, come fanno alcune Bibbie); inoltre occorre evitare l’anacronismo di attribuire a questo termine il significato che “diaconessa” assumerà nei secoli successivi. Nel nostro caso non è nemmeno sufficiente pensare ad un generico “servizio” (si sarebbe probabilmente usato il verbo “diakone,w”, come in Rm 15,25; o le si sarebbe attribuita una generica “diakoni,a”, come in 1Cor 16,15), invece bisogna tener presente che con questo termine Paolo solitamente designa se stesso o i suoi collaboratori nell’esercizio del ministero apostolico (cf. ad es.: 1Cor 3,5; 2Cor 3,1-11; Fil 1,1; cf. Rm 15,8: Cristo diacono dei circoncisi); e come per quelle ricorrenze si traduce nella maggior parte dei casi con “ministro”- a cui è legato un ruolo di responsabilità e autorità nella chiesa - anche qui coerentemente andrebbe tradotto e compreso allo stesso modo. Naturalmente occorre tener presente che a quel tempo il ruolo e i compiti di tipo ministeriale-gerarchico abbinati ai singoli titoli sono in piena evoluzione e non hanno ancora raggiunto una sufficiente comune comprensione (una prima istituzionalizzazione la si fa normalmente risalire al tempo delle lettere pastorali; cf. 1Tm 3,1s; Tt 1,5s); quindi anche la portata di quel ministero designato attraverso la connotazione di diacono, in ogni caso dipendeva dai contesti locali e dalle necessità delle singole chiese.

Comunque sia, Febe rimane la prima donna diacono di cui si viene a conoscenza nella storia del cristianesimo.

 L’ultimo titolo è un hapax del NT: prosta,tij, che al transitivo significa “porre come patrono, capo”; all’intransitivo, “porsi davanti (come difensore)”; nelle due ricorrenze paoline il verbo al participio (proi?sta,menoj) indica senz’altro il ruolo di guida e presidenza (cf. Rm 12,8; 1Ts 5,12). Ma vediamo più in particolare:l’equivalente maschile è prosta,thj, ben attestato nella letteratura ellenistica, per il ruolo di persona benestante e influente, protettore legale, patrono e leader di gruppi religiosi. Per il femminile, le meno numerose attestazioni in papiri e iscrizioni (del secondo e terzo secolo), lasciano intendere lo stesso significato del maschile. Nel nostro caso bisogna intendere dunque il senso di “donna posta sopra altri”, e normalmente andrebbe tradotto con “protettrice, patrona” o, in traduzione più moderna, “presidente”.

 Occorre inoltre tener presente che, al contrario di quando si riteneva nel passato, il ritrovamento e lo studio recente di papiri e iscrizioni, fa registrare una discreta presenza di donne che detenevano ruoli da leader anche in gruppi religiosi.

 Ora il fatto che Paolo affermi che Febe è stata patrona di molti e anche di lui stesso, lascia supporre che ella fosse benestante e altolocata socialmente. Probabilmente la sua casa era adatta ad ospitare la comunità cristiana di Cencre, della quale in quanto diacono era anche una leader. Inoltre, nella sua generosità non mancava di offrire ospitalità e protezione ai missionari itineranti, come Paolo e collaboratori. Ciò che Paolo chiede dunque ai romani in termini di accoglienza e assistenza nei riguardi di Febe  “che l’accogliate nel Signore in maniera degna dei santi e l’assistiate nelle cose di cui può aver bisogno”. Questo in qualche modo deve riflettere ciò che anche lei ha fatto nei confronti di fratelli e sorelle in Cristo, sia quelli appartenenti a quella comunità locale, che quelli di fuori che si trovavano a passare nella sua casa.

Insomma, i romani, nel ricevere e leggere la lettera di Paolo a loro destinata, si trovavano in presenza di una donna (probabilmente latrice dello scritto) di grande prestigio umano e cristiano, sorella nella fede, ministro della sua comunità di Cencre, benefattrice generosa e patrona per chiunque dei fratelli si fosse trovato a passare nella sua casa.

 

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