BELLE DENTRO E FUORI

A CURA DI  IRIS E LUCIA

A che serve l'Achillea

Il nome del genere fu fissato da Linneo e deriva dalla credenza che Achille avesse usato queste piante durante l’assedio di Troia (così ci racconta Plinio) per curare le ferite dei suoi soldati avendo appreso da Chirone le virtù medicinali delle stesse.
Questo genere comunque doveva essere ben noto ai botanici prima di Linneo. Infatti lo troviamo nell’erbario di Jerome Bock (1498 – 1554) un ministro luterano noto anche col nome di Hieronymus Tragus; anche Robert Morison (1620 Aberdeen -1683) nel suo “Plantarum Historiae Universalis Oxoniens” (1680-1699) chiama alcune specie di questo genere “Achillea montana purpurea”. Mentre a metà del 1700 si registravano già una ventina di specie in coltivazione nei giardini inglesi.
I francesi nominano queste piante “Achillées”, mentre gli inglesi le chiamano “Yarrow” oppure “Milfoil”.

Queste piante sono proprie delle regioni temperate dell’emisfero boreale. E’ facile quindi trovarle in Europa e nelle zone temperate dell’Asia. Alcune specie crescono anche in America del Nord.
In Italia sono state individuate 24 specie spontanee e sono distribuite su tutta la penisola sia su suoli pesanti e umidi, che nei fossi e margini stradali. A volte si spingono fino al limite delle nevi eterne. Altitudine: dal piano fino a 3000 m s.l.m. e oltre.

 

Tra i composti di queste piante è presente l’achilleina un glicoside già usato in farmaceutica, ora solo in liquoreria.
 

Si utilizzano per infusi le parti fiorite fatte essiccare in luogo ombroso.

Anticamente (ancora al tempo di Linneo) le specie di Achillea erano molto considerate per le loro proprietà medicinali: astringente e vulneraria. I succhi di queste piante erano usati dai montanari contro le ragadi, le ferite, le ulcerazioni delle varici e le emorroidi. Gli infusi sono indicati anche per i disturbi genitali femminili (mestruazioni irregolari, ansia da menopausa), nei disturbi digestivi.

L'infuso dei suoi fiori secchi è indicato in caso di diarrea e coliche intestinali.

Frizioni effettuate con l'olio di semi di Achillea, combattono i dolori reumatici.

La tisana di fiori secchi stimola la sudorazione ed è raccomandata per abbassare la febbre..

I tamponi con l'infuso di foglie arrestano le emorragie nasali e quelle di ferite superficiali.

 

In tisaneria

Per l'infuso mettete a bollire l'acqua e versatela sui fiori secchi (2 cucchiaini per una tazza), lasciando riposare per otto minuti (ricordate di coprire la tazza se non avete una teiera),dolcificate con del miele o zucchero di canna.

 

 

 

In liquoreria:

La Grappa aromatizzata ai fiori di Achillea

Ingredienti necessari: 800 ml di grappa, 200 ml di acqua, 100 g di zucchero, 40 g di fiori secchi d'achillea, 5 g di foglie fresche di menta piperita, 5 g di semi d'angelica, 30 g di scorza di limone e 2-3 bacche di fiori di ginepro.

Mettete i di fiori secchi d'achillea, le foglie di menta piperita, i semi d'angelica, la scorza di limone e le bacche di ginepro in un vaso e versatevi la grappa e l'acqua nella quale avrete sciolto lo zucchero, chiudete e fate macerare al buio per sette giorni, rimestando quattro volte al giorno con un cucchiaio di legno. Trascorso questo tempo filtrate e imbottigliate, chiudendo poi con ceralacca. Dopo circa tre mesi potrete consumare la grappa come gradevole digestivo dopo i pasti.

 

 

 

 

...parlavamo dei monaci tibetani... Sono abituati a trascorrere molte ore assorti in meditazione, spesso sopportando un clima rigido. Bevono il loro particolare tè per conservare lucidità e mantenere costante la temperatura corporea. Si tratta di una bevanda corroborante, ma che ha tutte le caratteristiche di un alimento vero e proprio.

Vediamo di che si tratta.

I tibetani importano dalla Cina il tè nero pressato in piccole mattonelle che vengono sbriciolate nell'acqua calda e fatte bollire per molte ore, fio a che l'infuso non assume un colore scurissimo. Talvolta, vengono aggiunte delle spezie, quali la cannella e il cardamomo, e perfino la cipolla. Quindi l'infuso viene posto in una specie di zangola (strumento per fare il burro) e vi si aggiungono del sale e un panetto di burro rancido di latte di yak. Dopo aver agitato bene il tè si serve in piccole tazze di legno.

Proviamo anche noi:

1. Ponete in un mortaio 4 cucchiai di burro fresco (sarà difficile recuperare il burro rancido di yak), 1 cucchiano di sale, 1 cucchiaino di panna fresca.

2. Mettete una pentola piena d'acqua sul fuoco.

3. Aggiungete 3 cucchiai di tè nero e 1 cucchiaino di cardamomo.

4. Alcune famiglie tibetane aggiungono 1 cipolla o un porro affettato e 1 cucchiaino di cannella.

5. Portate ad ebollizione il tè e lasciate sul fuoco per alcuni minuti.

6. Travasate, filtrando, il tè in una teiera di terracotta.

7. Aggiungete nella teiera la metà del burro salato e 2 cucchiaini di latte, ponetela sul fuoco e fate bollire  per 2-3 minuti.

8. Servite il tè in tazze basse e in ciascuna di esse aggiungete 1 cucchiaino del burro salato rimasto.

 

Sapevate che le popolazioni birmane usano amalgamare il loro tè con del burro di bufala?

...continueremo a parlarne...

 

 

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