La
poetica del fanciullino
Dalle nostre reminiscenze scolastiche emergono
sicuramente alcune poesie di Giovanni Pascoli. Chi di noi non
ricorda “L’aquilone”, o “La cavallina storna”? Nella nostra memoria
queste poesie imparate alle scuole elementari sono rimaste impresse
forse più di liriche come “Il gelsomino notturno”, studiate al
liceo, in anni più recenti. Per molti anni, Pascoli è stato
giudicato un autore da antologia di scuola elementare, adatto ad
essere letto dai bambini, perché le sue poesie affrontano tematiche
comuni a tutti: gli affetti familiari, la campagna e la natura in
generale. Non a caso, lui stesso ha definito la sua poetica come la
poetica del fanciullino. Guardare la realtà con gli occhi di un
bambino, scoprire la meraviglia dei colori di un fiore, o di un
raggio di sole.
Quante volte ho trattato quest’argomento con i miei alunni, senza
comprendere pienamente il significato dell’espressione “guardare la
realtà con gli occhi di un bambino”. Perché non mi ero soffermata
abbastanza ad osservare come un bambino guarda il mondo. Lo scopro
adesso, osservando mio figlio. L’ho scoperto, ad esempio, la prima
volta che lo abbiamo portato al mare. Non l’aveva mai visto, eppure
tanta immensità non lo ha turbato, proprio lui, che ha il terrore
dell’acqua della doccia. È nato in una città nella quale d’inverno
il termometro segna meno venti, eppure non conosceva lo spettacolo
delle montagne innevate. Ben altra cosa, rispetto a mezzo metro di
neve nel cortile dell’istituto dove viveva…
Guardo come cerca la luna nel cielo infinito, con quanto stupore
osserva un insetto, con quanta insistenza mi chiama a partecipare
della sua meraviglia. E con lui, anch’io ho una splendida occasione
di riscoprire la realtà quotidiana. Forse queste considerazioni
appariranno scontate a chi vive o lavora da anni con i bambini. Ma
sono sicura che non mancherà anche chi vorrà immedesimarsi, e
condividere le mie emozioni ed il mio entusiasmo di apprendista
genitrice.
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