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Rubrica di approfondimento
Liturgico
La Settimana Santa |
Come la domenica, Pasqua settimanale, rappresenta l’inizio e il culmine della
settimana, così il cuore di tutto l’anno liturgico è il sacro Triduo pasquale
della Passione e Risurrezione del Signore, preparato nella quaresima e
prolungato nella gioia dei cinquanta giorni del tempo pasquale. Il passaggio dal
tempo quaresimale al triduo pasquale avviene il giovedì santo, con la messa
vespertina «nella cena del Signore», esso continua quindi il venerdì santo
«nella passione del Signore» e nel sabato santo, e ha il suo centro nella veglia
pasquale.
Nel Triduo si radicano i significati che danno senso al nostro celebrare lungo
l’anno liturgico: il mistero pasquale, l’Eucaristia come culmine della vita
cristiana, la preghiera di invocazione, la storia della salvezza raccontata
nelle Scritture… Contro la fretta e l’agitazione che a volte invadono anche
le nostre celebrazioni, il Triduo pasquale ci invita a sostare, a prendere il
tempo necessario per entrare nel mistero, a dare ai gesti, alle parole, al
silenzio tutto il loro spazio evocativo, a lasciar parlare i segni…
L’esperienza del Triduo – e successivamente del tempo pasquale - può così
“rivitalizzare” e ridare entusiasmo a tutti i tempi dell’anno liturgico.
La Chiesa celebra ogni anno i grandi misteri dell’umana redenzione dalla
messa vespertina del giovedì nella cena del Signore, fino ai vespri della
domenica di risurrezione. Questo spazio di tempo è chiamato il «triduo del
crocifisso, del sepolto e del risorto» (S. Agostino); ed anche «triduo pasquale»
perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il mistero della
pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al Padre. Con la
celebrazione di questo mistero la Chiesa, attraverso i segni liturgici e
sacramentali, si associa in intima comunione con Cristo suo sposo.
(Preparazione e celebrazione delle feste pasquali n. 38, Congregazione
per il culto divino, 1988)
Ogni volta che si celebra l’Eucaristia si fa memoria del mistero pasquale, cioè
del Cristo morto e risorto, in obbedienza al comando del Signore: «Fate questo
in memoria di me». La risurrezione del Signore è al centro di ogni celebrazione
domenicale. Per quanto riguarda la festa di Pasqua, questa memoria si è
arricchita ed articolata con il tempo, fino a comprendere gli elementi che oggi
conosciamo.
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Sin dalle origini, i cristiani
fanno memoria della
morte e risurrezione del Signore la domenica, primo giorno della settimana,
giorno del Signore. Nei vangeli l’espressione ricorrente “otto giorni dopo”
scandisce le apparizioni del risorto e le colloca nel giorno in cui la
comunità si raduna per celebrare l’Eucaristia, memoriale dell’evento
pasquale.
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Dal II secolo, si cominciò ad
aggiungere al memoriale settimanale il memoriale annuale
della Pasqua, in concomitanza con la Pasqua giudaica: la celebrazione della
Pasqua non era centrata esclusivamente sulla domenica di Pasqua, giorno
della risurrezione di Gesù, ma considerava l’evento globale della passione,
morte e risurrezione con due giorni di digiuno (non caratterizzati per il
resto da celebrazioni particolari) che precedevano la grande veglia pasquale
e un prolungamento di cinquanta giorni, fino a Pentecoste (il tempo di
Pasqua).
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Nei giorni precedenti la notte
santa, la celebrazione
della morte e risurrezione di Cristo viene poi articolata in diverse
celebrazioni (il Triduo), per evocare in maggior dettaglio gli avvenimenti
storici della passione e morte di Gesù, dall’ultima cena alla sepoltura.
Questa consuetudine era particolarmente sentita dalla comunità di
Gerusalemme, nei luoghi in cui Gesù aveva sofferto ed era morto, e si
diffuse poi nelle altre chiese.
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Nel IV secolo la pellegrina
Egeria testimonia che
a Gerusalemme durante gli otto giorni della settimana santa si celebrano i
misteri della salvezza portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni
della sua vita, a cominciare dal suo ingresso messianico in Gerusalemme,
fino alla risurrezione.
Durante la settimana santa il triduo pasquale vero e proprio è preceduto da due
celebrazioni significative:
• La Domenica
delle palme della passione del Signore,
che mette insieme il trionfo regale di Cristo e l’annunzio della passione.
Fin dall’antichità si
commemora l’ingresso del Signore in Gerusalemme con la solenne processione, con
cui i cristiani celebrano questo evento, imitando le acclamazioni e i gesti dei
fanciulli ebrei, andati incontro al Signore al canto dell’«Osanna»
Il colore liturgico è il rosso.
Il concilio Vaticano II,
principalmente nella costituzione sulla sacra liturgia, ha messo in luce più
volte, secondo la tradizione, la centralità del mistero pasquale di Cristo,
ricordando come da esso derivi la forza di tutti i sacramenti e dei
sacramentali. Come la settimana ha il suo inizio e il suo punto culminante nella
celebrazione della domenica, contrassegnata dalla caratteristica pasquale, così
il culmine di tutto l’anno liturgico rifulge nella celebrazione del sacro triduo
pasquale della passione e risurrezione del Signore, preparata nella quaresima ed
estesa gioiosamente per tutto il ciclo dei seguenti cinquanta giorni. Nella
settimana santa la chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento
da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso
messianico in Gerusalemme.
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La messa del crisma
(celebrata, in genere, la mattina del giovedì santo) in cui il vescovo, in
comunione con i presbiteri della diocesi, consacra il sacro crisma e
benedice gli oli, che verranno adoperati nella notte della veglia pasquale e
lungo tutto l’anno per la celebrazione dei sacramenti.
Note sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali tratte dal documento
“Paschalis
sollemnitatis”.
La processione sia una soltanto e
fatta sempre prima della messa con maggiore concorso di popolo, anche nelle ore
vespertine, sia del sabato che della domenica. Per compierla si raccolgano i
fedeli in qualche chiesa minore o in altro luogo adatto fuori della chiesa,
verso la quale la processione è diretta. I fedeli partecipano a questa
processione portando rami di palma o di altri alberi. Il sacerdote e i ministri
precedono il popolo portando anch’essi le palme. La benedizione delle palme o
dei rami si fa per portarli in processione. Conservate nelle case, le palme
richiamano alla mente dei fedeli la vittoria di Cristo celebrata con la stessa
processione. Il Messale romano, per celebrare la commemorazione dell’ingresso
del Signore in Gerusalemme, oltre la processione solenne sopra descritta,
presenta altre due forme, non per indulgere alla comodità e alla facilità, ma
tenuto conto delle difficoltà che possono impedire la processione. La seconda
forma di commemorazione è l’ingresso solenne, quando non può farsi la
processione fuori della chiesa. La terza forma è l’ingresso semplice che si fa
in tutte le messe della domenica, in cui non si svolge l’ingresso solenne.
Quando non si può celebrare la messa, è bene che si svolga una celebrazione
della parola di Dio per l’ingresso messianico e la passione del Signore, o nelle
ore vespertine del sabato o in ora più opportuna della domenica. Nella
processione si eseguono dalla «schola» e dal popolo i canti proposti dal Messale
romano, come i salmi 23 e 46 ed altri canti adatti in onore di Cristo re. La
storia della passione riveste particolare solennità. Si provveda affinché sia
cantata o letta secondo il modo tradizionale, cioè da tre persone che rivestono
la parte di Cristo, dello storico e del popolo. La passione viene cantata o
letta dai diaconi o dai sacerdoti o, in loro mancanza, dai lettori; nel qual
caso la parte di Cristo deve essere riservata al sacerdote. La proclamazione
della passione si fa senza candelieri, senza incenso, senza il saluto del popolo
e senza segnare il libro; solo i diaconi domandano la benedizione del sacerdote,
come le altre volte prima del Vangelo. Per il bene spirituale dei fedeli è
opportuno che la storia della passione sia letta integralmente e non vengano
omesse le letture che la precedono.
Per inventare nuovi spazi
dove i corpi si rialzeranno,
egli ha steso le braccia:
l’uomo è liberato, il muro è crollato
su cui avevan scritto che Dio è morto.
Perché siete tristi ancora?
Dal quel giorno del sangue versato
sapete ormai che tutto è grazia.
Per trarvi fuori dalla stretta
e guidarvi in luoghi deserti,
egli ha steso le braccia:
il mare si è alzato, il popolo ha traversato
lo splendido sentiero ch’egli ha riaperto.
Perché non passare il mare?
Dal quel giorno del sangue versato
sapete ormai che tutto è grazia.
Per trattenervi accanto a lui
trasfigurati dallo Spirito,
egli ha steso le braccia:
il velo è strappato e il libro dissigillato
che teneva nascosto il dio vivente.
Perché non correre a lui?
Dal quel giorno del sangue versato
sapete ormai che tutto è
grazia.
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