Chiesa di S.
Marcello – Martedì 13.03.2007
LectioDivina
Vangelo della IV domenica di quaresima: Lc 15, 1-3.11-32
Mons. Elpidio Lillo
Martedì 13.03.2007, la chiesa di San Marcello ha ospitato
un altro incontro dedicato alla Lectio Divina del vangelo
della IV
domenica di quaresima. Ospite di questa settimana è stato Don Elpidio Lillo, il
quale con piglio concreto e personale ha dato lettura del passo di Luca (Lc 15,
1-3.11-32), proponendo di codesto una risonanza nella quotidianeità.
La Lectio
di Don Elpidio ha preso le mosse dal riconoscimento di tutti noi quali
peccatori, dimensione fondamentale per rivivere l’incarnazione di Gesù.
Gesù cerca
persone nelle quali incarnarsi, ma questo è possibile solo se si entra nella
dimensione di peccatori. Oggi, il riconoscersi peccatori è divenuto un atto di
umiltà del tutto inconcepibile e impedito dal principio di “autodeterminazione”
secondo il quale l’uomo, il proprio Io, è il Dio della vita. Riconoscersi
profondamente peccatori è in assoluta antitesi con l’Autodeterminazione poiché
vede spostarsi al di fuori di Sé il polo dell’esistenza. L’essere peccatori,
essere consapevoli di questa condizione è possibile solo se riconosciamo un Dio,
soprattutto un Dio che è Padre.
Nella
parabola Gesù racconta di un figlio, secondogenito, il quale volendo lasciare la
sua casa chiede al padre “quello che gli spetta”. Spiega Don Elpidio, è la
condizione normale di un ragazzo che vuole in qualche modo affermarsi, un
genitore normale lo avrebbe ostacolato e gli avrebbe senz’altro negato il
dovuto. Tuttavia, il Padre della parabola è un padre particolare poiché
accontenta il suo figlio e lo lascia libero nella scelta.
La
parabola parla di un padre buono e misericordioso, di un figlio esaudito nei
suoi desideri che finisce per vivere tra i porci, ossia in una dimensione di
peccato. Il figlio si illude di poter gestire la sua vita senza Dio, finisce
così ripiegato su sé stesso. Questa situazione, che potrebbe risolversi nella
fine del ragazzo, trova, però, la soluzione in un memoriale al quale proprio il
ragazzo dà voce: l’amore di suo padre che tutti accoglie, anche i servi. Gesù ci
racconta un Dio-Padre misericordioso e del memoriale di un figlio. Ma, cosa è
per noi quel memoriale? Semplicemente, fare esperienza dell’amore accogliente di
Dio al quale ritornare con un forte sentimento di umiltà riconoscendosi
peccatori. Questa dimensione è necessaria per convertirsi ed evangelizzare.
Dio come
il padre della parabola accoglie senza fare attenzione al peccato dei figli, è
subito pronto a restituire la dignità di figli, di uomini. Il racconto di Gesù,
però, non termina con il tema dell’accoglienza del padre, anzi, proprio questo
diviene elemento generatore di una forte richiesta di giustizia da parte del
fratello. E’ questa una richiesta tutta umana, priva di amore, dove il padre-Dio
manca. In questo passaggio potremmo incontrare delle difficoltà nel comprendere
e continuare a chiederci come si esprime l’amore di Dio. La risposta è in un
fatto concreto: il figlio di Dio sulla croce. Proprio quella croce rende l’amore
di Dio non una categoria astratta, bensì un amore concreto e più che umano,
reale, non soggetto a libere interpretazioni: Gesù muore per me! Gesù resuscita
per me!
Dio,
allora, si rivela nell’amore senza condizioni, Lui ci ama per quello che siamo,
Lui non giudica.

E’ un invito a
riscoprire in questo, nella bontà di Dio che è padre, la vera gioia dell’essere
cristiani. La Chiesa come Dio non è contro i peccatori, né contro l’uomo, ma è
contro satana. Anche noi come quel figlio viviamo in un porcile e rischiamo di
farne parte se non richiamiamo la nostra nostalgia di essere cristiani che
desiderano tornare dal padre, che chiedono di essere restituiti alla vita. La
realtà in cui viviamo, vorrebbe relegarci a vita in quel porcile: oggi ci
vietano, ci impediscono di essere cristiani; tuttavia, non dobbiamo
scoraggiarci, l’essere cristiano non è un’utopia, ma un fatto come la Croce e la
Resurrezione. Dio è mio Padre ed io Gli sono caro: il Suo amore che mi chiama è
ciò che dà senso alla mia vita, è Lui Padre che mi dà identità di figlio e mi
fortifica di fronte a tutto quel che mi circonda e che mi vuole senza senso e
privo di identità e dignità.
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