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Il Catgiu afferrò Antonia e la trascinò per nove metri,
tirandola per i capelli, fino ad alcuni cespugli dove tentò di
strapparle i vestiti e di violentarla. La resistenza di Antonia
impedì la violenza sessuale, ma scatenò ulteriormente la furia
dell'assassino, che con altri violenti colpi di pietra sul capo
la uccise. In quel punto venne ritrovata una seconda pozza di
sangue. Catgiu nascose il cadavere tra i cespugli e si
allontanò, solo dopo averle schiacciato la testa con una grossa
pietra. Quando venne ritrovato, il cadavere era in condizioni
orrende: Antonia Mesina venne ingiuriata con settantaquattro
ferite. Il viso sfigurato era irriconoscibile. L'autopsia non
rivelò tracce di violenza carnale consumata, e Antonia Mesina
venne uccisa, come da implicita confessione dell'assassino, poi
giustiziato, "per non aver potuto dare sfogo alla sua libidine".
Testimoni.
Fu Armida Barelli, il 5 ottobre 1935 a raccontare a papa Pio XI
la vicenda del "primo fiore reciso della Gioventù Femminile
dell'A.C.I., il primo giglio reciso dal martirio, la sedicenne
Antonia Mesina di Orgosolo, educata alla scuola di Maria Goretti".
Furono migliaia le lettere che perorarono la richiesta di
beatificazione di Antonia Mesina, ed il 22 settembre 1978 papa
Giovanni Paolo I ratificò il processo del martirio, delle virtù
specifiche e dei segni di santità. Fu papa Giovanni Paolo II a
beatificare la martire orgolese il 4 ottobre 1987.
Tra i testimoni diretti dei fatti legati al martirio
di Antonia Mesina si deve annoverare il Procuratore generale
della Repubblica a Genova, Francesco Coco. Il giudice,
assassinato l'8 giugno 1976 dalle Brigate Rosse a Genova, con
l'agente di scorta Giovanni Saponara e l'autista, l'appuntato
Antioco Deiana, nel maggio del 1935 era giudice istruttore del
tribunale di Nuoro e presenziò all'autopsia di Antonia Mesina.
Del fatto lasciò una commossa testimonianza.
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La vita.
Antonia Mesina nacque ad Orgosolo (Nu), il 21 giugno 1919, da
Agostino Mesina e Grazia Rubanu, seconda di dieci figli. Era una
bambina gracile, ma, superate diverse malattie, crebbe sana e
robusta. A sedici anni viene descritta come una bella ragazza,
alta 1m e 54 cm. Dal 1929 al 1931 fece parte dell'Azione
cattolica come "beniamina". Divenne "effettiva" dal 1934
all'anno della morte, il 1935. Dopo le prime classi delle
elementari si dovette fermare per aiutare la mamma in casa.
Anche la sua frequenza nell'Azione cattolica era limitata dalle
necessità della famiglia.
Le cronache raccontano della sua partecipazione attiva
alla "Crociata della purezza", propagandata da Armida Barelli,
che giunta ad Orgosolo trovò nel parroco Cabras un valido
assistente. Antonia Mesina non aveva la cultura per comprendere
il significato di "purezza", ma fece tesoro della testimonianza
del martirio di Maria Goretti: tanto che il fratello Giulio
rivelò che la beata orgolese possedeva un libro della vita della
santa pontina e la conosceva bene. Testimoni del processo di
beatificazione affermano che più volte, riferendosi al
sacrificio di Maria Goretti, Antonia Mesina avesse detto che,
trovandosi nella stessa situazione si sarebbe fatta uccidere. I
testimoni raccontano di una progressiva manifestazione della
"purezza" in lei, che abbinava un incredibile pudore alla
preghiera del rosario, alla partecipazione alle attività mariane
ed alla frequenza dell'eucaristia.
Il martirio.
Il 17 maggio 1935, Antonia Mesina partecipò presto alla messa
del mese mariano, e quindi si recò nella vicina campagna per
raccogliere legna per fare il pane. Lungo la strada, verso i
boschi di proprietà comune degli abitanti di Orgosolo incontrò
una sua amica vicina di casa, che diverrà anche la più
importante testimone dei fatti, sia al processo penale sia in
quello di beatificazione, Annedda Castangia. Furono sorpassate
da un giovanotto che però persero di vista. Giunte le due
ragazze in un posto con molta legna secca si misero riunirla in
fascine. Le due ragazze erano distanti poche decine di metri
quando Annedda udì Antonia gridare disperata "Babbo! Babbo!
Annedda! Annedda!".
La ragazza si voltò e vide Antonia
assalita dallo stesso giovane di prima. La morte di Antonia
Mesina giunse rapidamente nel paese e lo sconvolse. Le cronache
e gli atti del processo istituito presso la Corte d'Assise di
Sassari permisero di ricostruire le fasi dell'assassinio di
Antonia Mesina, che si rivelarono agghiaccianti. La ragazza era
forte e riuscì inizialmente a fuggire. Inseguita dall'assassino,
Ignazio Giovanni Catgiu, venne raggiunta e sottoposta a
terribili colpi con una sasso che la fecero cadere una prima
volta. La ragazza cadde raggomitolata sui gomiti prima di cadere
bocconi. In quel punto venne trovata una prima pozza di sangue. |